Sconcertante. È l'unico termine con cui si può riassumere una vicenda che non è spiegabile altrimenti. Esistono delle cellule staminali nel cordone ombelicale che dal 1992 si trapiantano per curare malattie del sangue molto gravi come leucemia, anemia, talassemia e altre patologie. La loro raccolta deve essere fatta in sala parto, altrimenti finiscono tra i rifiuti biologici. Se alle mamme fosse posta la semplice domanda “preferisce buttarle o donarle?” non avremmo dubbi sulla risposta. Purtroppo così non accade, anzi quelle che chiedono di donare si sentono rispondere che non è possibile. Neppure il 10% dei punti nascita è infatti attrezzato per fare la raccolta: qualche minuto di lavoro di un'ostetrica perché quel sangue venga messo in una sacca, etichettato e inviato ad una biobanca per stoccaggio, tipizzazione e conservazione sotto azoto. È così che sui 570 mila parti del 2007 sono state fatte 2.500 donazioni, un dato numericamente inesistente.
A fronte dell'impossibilità alla donazione, la situazione peggiora con una ordinanza rinnovata annualmente dal 2001 ad oggi, vietando la possibilità di conservare a proprie spese quel cordone e quelle preziose cellule. Ma c'è una scappatoia. Attraverso una burocratica pratica si può mandarle all'estero in biobanche private che hanno sede fuori dall'Italia ma che nel nostro Paese operano promuovendo i loro servizi. È così che oltre 5 mila cordoni sempre nel 2007 hanno avuto dal ministero l'autorizzazione all'espatrio. Il doppio di quelli donati.
E tutti gli altri cordoni? Nella spazzatura della sala parto!
A febbraio 2008 la legge introduce una novita': «per incrementare la disponibilità delle staminali cordonali ai fini di trapianto è autorizzata la raccolta autologa, la conservazione e lo stoccaggio del cordone ombelicale da parte di strutture pubbliche e private autorizzate dalle regioni o dalle provincia autonome, sentiti il CNT e il CNS. La raccolta avviene senza oneri per il SSN e previo consenso alla donazione per uso allogenico in caso di necessità per paziente compatibile».
Maggioranza, opposizione e Governo sono favorevoli, entro il 30 giugno deve essere semplicemente fatto il decreto ministeriale. Centro Nazionale del Sangue e Centro Nazionale Trapianti lavorano alla stesura del testo tecnico, ci sono le elezioni, cambia il ministro e si decide di rimandare di un anno e di non dare seguito alla legge.
Perché? Nel comunicato del ministero si dice che c'è bisogno di tempo per fare il decreto per la creazione della rete di banche pubbliche e private. Peccato che la rete esista già da tempo, la istituiva la legge 219 sul sangue del 2005, ma anche in questo caso il decreto che doveva essere emanato a luglio 2006 non aveva mai visto la luce.
Il giorno stesso della decisione tutta politica di rimandare, prorogare, decidere di non decidere, la spiegazione la si legge su Avvenire (il quotidiano della Cei) dove Daniela Verlicchi scrive come la conservazione autologa del cordone ombelicale è «un colpo mortale alla cultura della donazione», e quindi l'appello al sottosegretario al Welfare sui temi etici Eugenia Roccella: «se qualcosa si può fare contro lo sfruttamento economico delle cellule del cordone lo si deve fare nei prossimi dieci giorni». Cioè non emanare il decreto previsto da una legge votata all'unanimità dal Parlamento.
Complimenti. La cultura della donazione esiste, ciò che manca in Italia è la possibilità pratica per le mamme di donare il cordone, ma su questo nessun appello alle ostetriche, ai ginecologi, ai direttori ospedalieri, nessuno scandalo se le cliniche come il San Raffaele si convenzionano con le biobanche svizzere.
Il colpo mortale alla donazione sarebbe invece inferto da chi è disponibile a pagare e a mettere a disposizione quel cordone anche per futuri trapianti autologhi piuttosto che buttarlo nella spazzatura? Della serie quando l'etica viene strattonata per nascondere ben altri interessi!
Donatella Poretti