“Errare humanum est, perseverare est diabolicum”, dice un antico detto mai tanto vero come in questa occasione. Una delle ragioni principali del fallimento della Costituzione europea, affondata nel 2005 dagli elettori francesi ed olandesi, furono le 380 pagine di burocratese stretto presentate al voto popolare. Con il “Trattato di Lisbona”, che del testo originale voleva essere una sorta di edizione minore, si sono sfoltiti i paragrafi, ma è rimasta l'impossibilità di spiegare in parole semplici cosa vi era contenuto e perché.
Da ministro per le politiche europee del governo Prodi, e da radicale, come si ricorderà non feci salti di gioia per il compromesso raggiunto nel giugno scorso dai capi di stato e di governo europei per annacquare il testo originale e giungere ad un Trattato light. Molto, troppo per noi radicali, era stato sacrificato sull'altare della realpolitik finendo per trasformare il “progetto europeo” in un guazzabuglio di pesi e contrappesi per loro natura lontani mille miglia dal scaldare le folle ed appassionarle ad una visione ed un progetto condiviso.
Anche il metodo del negoziato al chiuso di ovattate stanze diplomatiche fa si che magari si raggiungono raffinatissimi equilibri che non scontentano nessuno dei 27 stati membri, ma che poi hanno il difetto di non essere digeribili per l'opinione pubblica, semplicemente perché incomprensibili all'uomo comune.
C'è evidentemente insofferenza di un Europa delle istituzioni senza una vera Europa politica. Occorre ad esempio che i partiti politici “europei” lo diventino veramente, europei e transnazionali, e non siano come oggi mere giustapposizioni di realtà nazionali; occorre che alle prossime elezioni europee ci si candidi in nome di un progetto per l'Europa, di qualsiasi segno, e non per contare le proprie forze a livello nazionale.
Il voto dei cittadini va sempre rispettato. Ma adesso non ci serve una nuova “pausa di riflessione”. L'Europa è rimasta l'unica a riflettere in cui tutti fanno i fatti e, in definitiva, decidono anche per noi.
Oggi riavviare il percorso europeo è più difficile. Esso resta il più valido intrapreso dal dopoguerra. Occorre coraggio e visione, quelli che avevano Spinelli e gli altri autori del Manifesto di Ventotene. Occorre cambiare metodo di negoziato e modalità di ratifica.
Il progetto europeo, gli Stati Uniti d'Europa si possono e si devono fare con chi ci sta. Non puntarci, chiuderci in noi stessi, quella sarebbe davvero una follia.
Emma Bonino
Fonte: Radicali.it, 13/06/2008