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Valter Vecellio. E il Vaticano batte cassa
(foto la Repubblica.it)
(foto la Repubblica.it) 
15 Giugno 2008
 

Non è che uno vuole essere anticlericale a tutti i costi; è il Vaticano, piuttosto, a non perdere occasione… La straordinaria rapidità con la quale Benedetto XVI ha concesso – ad appena ventotto giorni dal giuramento del nuovo governo – udienza a Silvio Berlusconi la dice lunga. Romano Prodi prima di essere ricevuto ha dovuto attendere ben cinque mesi. Al di là delle veline ufficiali, si può immaginare di cosa hanno discusso Ratzinger e l’inquilino di palazzo Chigi; e di quel che – senza bisogno d’esser detto – si dà per acquisito: particolare attenzione ai cosiddetti temi della “difesa della vita”: le linee guida per l’applicazione della legge 40 varate “in zona Cesarini” dal ministro Livia Turco sono viste in Vaticano come fumo negli occhi; e prontamente un nutrito gruppo di parlamentari del centro-destra ha indossato la divisa degli zuavi pontifici, sollecitando il Governo ad intervenire perché il vulnus sia sanato. In parallelo il sottosegretario alla famiglia Carlo Giovanardi si è reso garante che a partire dalla prossima finanziaria sarà adottato un provvedimento molto caro alle gerarchie: un sistema di deduzioni dal reddito pari al costo di mantenimento di ciascun figlio o soggetto a carico, e potranno crescere nei prossimi anni.

Soprattutto il Vaticano presenta un conto. Letterale: sotto forma di sostegno economico alle scuole cattoliche non statali. Un sostegno che Benedetto XVI in prima persona ha chiesto con forza in occasione dell’ultima assemblea della CEI. Il Vaticano ha voraci appetiti: vorrebbe che lo Stato si faccia carico degli stipendi degli insegnanti degli istituti non statali, perché, si sostiene oltretevere, scuole pubbliche e scuole private fanno parte ormai «del sistema scolastico integrato».

 

Scuole private, ma non solo. L’occasione è stata il convegno sul “No profit” nell’assistenza ospedaliera in Italia. In quella sede la CEI ha chiesto, l’altro giorno, un maggiore riconoscimento «anche finanziario» del contributo dato al paese «dalle strutture ospedaliere cattoliche». È sceso in campo lo stesso segretario generale della CEI Giuseppe Betori: «Le strutture cattoliche», ha detto, «godono nella grande maggioranza dei casi di fiducia e apprezzamento da parte dei cittadini per la qualità delle prestazioni erogate, ma questo non si traduce nel pieno riconoscimento della loro funzione pubblica e delle conseguenti indennità da parte delle Regioni».

Betori l’ha presa alla lontana: «La plurisecolare storia di servizio della Chiesa accanto all’umanità sofferente ha dato un contributo assai rilevante, sia culturale, sia operativo, all’affermazione del diritto alla salute per tutti, che poi la Costituzione repubblicana ha sancito». E ancora: «…Il mondo della sanità cattolica, con ospedali, centri di riabilitazione, lungodegente, strutture di eccellenza non è un mondo a sé, realtà privata, ma va inteso come complesso di istituzioni che seppur nate dal cuore della chiesa si pongono nell’ottica del servizio pubblico, della destinazione a tutti…».

Un lungo discorso, che tradotto significa: fuori i soldi. Per Betori «il contributo delle strutture sanitarie cattoliche apre spazi che la società e le istituzioni in particolare devono saper riconoscere anche adeguando il sistema finanziario». Questo perché si svolge «un servizio pubblico anche se nasce dalla comunità ecclesiale. Inoltre si deve considerare che dal punto di vista ospedaliero noi abbiamo grandi valori da portare, in particolare quello del rispetto della persona e della sua dignità e la riaffermazione della strada della sussidiarietà…».

 

Gratta gratta, alla fine sempre la roba viene fuori, questa famelica voracità vaticana che forse un tempo chiedeva denaro per finanziare quello che faceva; mentre oggi fa quello che fa per attingere denaro…

 

Valter Vecellio

(da Notizie radicali, 14 giugno 2008)


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