Leonardo Padura Fuentes
La nebbia del passato
Marco Tropea, pagg. 350, € 16,90
Leonardo Padura Fuentes torna alla novela negra che tanto va di moda in tutto il mondo, rispolvera il tenente Conde, poliziotto in pensione ancora attratto dai misteri e a mio parere compie un passo indietro rispetto a un capolavoro come Il romanzo della mia vita.
I due romanzi non si possono neppure paragonare. Il romanzo della mia vita raccontava le vicissitudini del poeta Heredia, il suo esilio e la lotta contro il potere per tracciare una massima attuale: «Nessuna poesia rovescerà mai un tiranno. Ma gli lascia un segno, a volte indelebile». La nebbia del passato è la storia di un ex poliziotto che si è dato alla compravendita di libri usati e finisce per impelagarsi nel mistero della morte della cantante di bolero Violeta del Rio.
La trama non è molto importante, perché Padura Fuentes dà il meglio di sé quando parla di letteratura, di musica e della sua Cuba in preda alla disillusione rivoluzionaria. «Ci hanno fatto credere che eravamo tutti uguali e che avremmo avuto un mondo migliore…» dice un personaggio. «Se la gente non fa affari e qualche imbroglio, come riesce a campare?» risponde un altro. In due battute ecco il dramma di una terra che voleva costruire un futuro stupendo e si è trovata in mano un cumulo di macerie. Leonardo Padura Fuentes sostiene che a Cuba la letteratura è più libera del giornalismo, in parte ha ragione, perché pure lui lancia diverse frecciate al regime. Resta la curiosità di verificare la versione del romanzo che circola a Cuba perché la censura non può aver tollerato alcune pagine scomode.
Padura Fuentes racconta di «vecchi militanti ormai privi di militanza ma decisi a vedere con i propri occhi l’ultima roccaforte del socialismo più reale», di giornali che si comprano solo per pulirsi il culo e lo lasciano più sporco di prima, di cubani che vivono alla giornata e se hanno un po’ di dollari se li bevono e organizzano banchetti, tanto domani è un altro giorno… Il romanzo procede anche per intuizioni poetiche, a ritmo di un languido bolero come Vete de mí di Virgilio e Homero Expósito, canzone preferita di Violeta del Rio, si ferma in riflessioni intense che parlano di uomini che subiscono la disgrazia di sopravvivere a tutti i loro amici. A mio parere delude nella parte poliziesca, nel plot narrativo che dovrebbe appassionare l’italico lettore di gialli. Ma forse è un problema soltanto mio…
Gordiano Lupi