Si nasce fallati e la vita è l’aggiusto
Partendo da uno dei versi più significativi di questo libro, si nasce fallati e la vita è l’aggiusto, si può percorrere un itinerario di lettura che proprio nell’aggiusto trova elemento guida.
La possibilità di seguire un itinerario è offerta dall’impianto stesso dell’opera di Fianco, che allestisce una vera e propria toponomastica surreale, in cui vie e numeri civici non appartengono all’urbanistica, ma sono da ricondurre ad “occasioni” della scrittura (così i numeri sono egocentrici, paternalistici etc.) che spesso, cedendo ancora a richiami montaliani, scaturiscono dallo spettro di una figura femminile, silenziosa compagna di questa irreale promenade. Non c’è alcuna pretesa di mappatura, piuttosto si tratta di un girovagare/variare (immediato l’accostamento al jazz, genere assiduamente frequentato da Michele Fianco e suo altro linguaggio elettivo) attorno ad uno stesso tema: la perdita.
Ecco la necessità di aggiusto, che di volta in volta assume la chiave del gioco, della dissacrazione, della consolazione, insomma di tutto il repertorio di emozioni che esercita il clown nell’agire la propria maschera.
Ricorrendo agli strumenti consueti della poesia (rime, chiasmi, paranomasie), e in una presenza del ritmo che di nuovo rimanda al sincopato jazzistico, Fianco porta un “io” antilirico nel terreno del burlesque, dove il comico è solo il tono finale di una voce maturata sulle corde dei tòpoi della tragedia. Il dialogo non presuppone un’alterità presente, o quantomeno non sembra definirne un carattere. Il tu/lei sembra moltiplicarsi, piuttosto, come pubblico che, a luci spente, assiste ad una prova aperta. La teatralità della scrittura di Fianco, che non sfugge ad alcuna possibilità del gioco, produce un artificio tanto più dichiarato quanto più amara viene sottesa la nota a margine di vita reale (quasi sempre posta come chiusa al testo).
Così il distacco, la mancata paternità, la soglia dei quarant’anni sono abiti indossati per “mostrarsi” e rimanere sullo schermo a illudere lo spettatore che Charlot non ha età, dunque non cresce e di conseguenza non perde e non subisce il distacco. Nel consapevole fallimento dell’intenzione sta la forza pungente di questi versi.
Merita un’ultima notazione l’edizione, di particolare cura, con rilegatura a filo e in numero limitato di 300 esemplari.
Giulio Marzaioli
Michele Fianco
Versi in via di liberazione (e un numero civico)
Le impronte degli uccelli
€ 8,00
per una migliore reperibilità del libro:
vilmadaleo@libero.it
Michele Fianco (Roma, 1968) si occupa di comunicazione istituzionale e culturale. Negli anni Novanta pubblica in diverse antologie e riviste come autore e come critico. Redattore della rivista di letteratura Dàrsena (Minimum Fax, 1994-1996), è presente nelle antologie Tutti Frutti (Le impronte degli uccelli, 1999) e La poesia di ricerca in Italia del Cirps, a cura di F. Muzzioli (2001). È tra gli autori dell’Almanacco Odradek 2003 e 2007. Nell’ottobre 2007 vince il premio “Mestre Poesia”. Nel 2008 è presente nell’antologia Poesia a comizio (a cura di M. Carlino e F. Muzzioli). Nel 2008 pubblica la raccolta Versi in via di liberazione (e un numero civico) per Le impronte degli uccelli. Sta proponendo i suoi versi in un concerto jazz&poetry dal titolo Solo in versi.