Anche se sembra una novità di questi giorni, era noto già almeno dal luglio scorso, dalle dichiarazioni dei responsabili del programma delle Nazioni Unite per combattere la denutrizione in Africa e altre regioni del mondo (Programma WFP), che la situazione della scarsità di cereali per il consumo umano era un problema estremamente urgente.
Dichiarano i responsabili del NEIC, il Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione: «La domanda sempre crescente di cereali non può essere attribuita alla sola produzione di biocarburanti, come qualcuno si ostina ingenuamente a credere (o a voler far credere) che è ancora marginale, ma all'enorme consumo - che nei paesi in via di sviluppo continua ad aumentare - di carne e altri alimenti di origine animale, che esiste da qualche decennio».
L'unico modo di soddisfare questa domanda è attraverso l'allevamento intensivo con mangimi a base di cereali. Le coltivazioni nei paesi in via di sviluppo stanno passando rapidamente dalla produzione di cibo per il consumo umano alla produzione di mangimi per animali: nel 1983 in media venivano usate 128 milioni di tonnellate per nutrire gli animali, nel 1993 il totale è salito a 194 milioni di tonnellate, e continua ad aumentare.
La trasformazione vegetale-animale è un non-senso che non ci possiamo più permettere: gli animali d'allevamento sono “fabbriche di proteine alla rovescia”, basti pensare che per produrre un kg di carne bovina, per esempio, servono mediamente 15 kg di vegetali. Fino a che solo pochi paesi ricchi hanno contribuito a questo spreco enorme, la situazione poteva essere a malapena “sostenibile”, ma ora che anche i molto più numerosi abitanti dei paesi in via di sviluppo vogliono salire qualche gradino della “scala alimentare” è ovvio che la sostenibilità non può più esistere. E che quella di prima esisteva solo perché pochi predavano le risorse di tutti.
L'Irri (Istituto internazionale per la ricerca sul riso) stesso ammette che tra le cause vi sono: la riduzione della terra coltivabile e dell'acqua per l'irrigazione, la domanda in crescita di carne e formaggio da parte delle classi medie urbane dell'Asia (che porta alla riduzione delle coltivazioni di riso). Ma la terra coltivabile è scarsa proprio perché ne viene sprecata una quantità immensa per coltivare mangimi per animali. Se i vegetali (cereali, legumi, ecc.) venissero usati per il consumo diretto umano, si risparmierebbe fino al 90% del raccolto, dell'acqua utilizzata, delle sostanze chimiche, dell'energia... Bisogna invertire la tendenza e tornare, tutti, a consumare meno carne. Il fatto che si mangi più carne non è affatto “un miglioramento della dieta”, come qualcuno ha dichiarato sui giornali.
Nei paesi in via di sviluppo, la maggior parte delle persone che riescono a nutrirsi in maniera adeguata - come quantità di cibo - consumano pochissimi (o per nulla) prodotti animali, eppure la loro dieta - formata per lo più da cereali, legumi, verdura e frutta - soddisfa tutti i requisiti nutrizionali. Molte più persone potrebbero nutrirsi adeguatamente con questo tipo di dieta, consumando le stesse risorse, rispetto al numero di persone che si può nutrire con una dieta a più alto contenuto di alimenti animali.
I paesi sviluppati detengono comunque la maggiore responsabilità in questo spreco di risorse, come maggiori consumatori di cibo animale. Se i paesi ricchi riducessero del 10% il loro consumo di prodotti animali ricavati da bestiame nutrito a cereali, potrebbero “liberare” 64 milioni di tonnellate di grano per il diretto consumo umano. Questo coprirebbe il fabbisogno derivante dall'aumento di popolazione per altri 26 mesi. Una diminuzione del 20% coprirebbe il fabbisogno per più di quattro anni. E i benefici per la salute farebbero diminuire di molto i costi delle cure sanitarie.
Oltretutto, se si vuole parlare del problema dei combustibili, è proprio la trasformazione vegetale-animale a causare un enorme spreco di energia: la quantità media di combustibile fossile necessaria a produrre 1 kcal di proteine dalla carne è di 25 kcal, vale a dire 11 volte tanto rispetto a quello necessario per la produzione di grano, che ammonta a 2,2 kcal circa. Il rapporto è di 57:1 per la carne di agnello, 40:1 per quella di manzo, 39:1 per le uova, 14:1 per il latte e la carne di maiale, 10:1 per il tacchino, 4:1 per il pollo.
Conclude il NEIC: «L'unica soluzione razionale, e a questo punto ormai obbligata, è una diminuzione dei consumi di carne. Questo porterebbe a molti effetti collaterali positivi: una dieta più sana, migliore qualità dell'aria, maggiore disponibilità di acqua, una razionalizzazione dell'uso dell'energia e della produzione di cibo».
NEIC - Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione
www.nutritionecology.org – info@nutritionecology.org
LEAL Sezione di Sondrio
(da 'l Gazetin, maggio 2008)