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Maria Viteritti: Il piatto perfetto. (Racconto inedito)
Maria Viteritti
Maria Viteritti 
28 Maggio 2008
 

Micheal ha quarant’anni, un bel ristorante e un sogno ricorrente.

Il piatto perfetto. Quello che cucina ogni notte e che ogni volta lo consacra chef migliore del mondo. Fino a quando non si sveglia. Un piatto prelibato, una ricetta segreta da fare invidia a chiunque. E’ sempre stato il suo sogno, da quando ha deciso di passare il resto della vita dietro ai fornelli. Ma in fondo non importa, dice lui. In fondo, l’importate è il ristorante. Ciò che di me resterà. Ci ha messo una vita, Micheal, per tirare su quel locale, mattone dopo mattone. Quante ore passate ad arredare, firmare pratiche, parlare con le banche, indebitarsi, comprare prodotti, firmare pratiche, scegliere l’insegna, assumere camerieri, firmare pratica. Ma ne è valsa la pena. Quando entra nella cucina della Baia Imperiale, ogni sera, l’aroma delle pietanze appena cotte si rincorre nell’aria come una sinfonia composta da una miriade di note. Fuori, la fila non manca mai. Lo dice anche il Gambero Rosso, alla Baia Imperiale non si può non andare. E allora poco importa se da sveglio non ha le capacità per ripetere quella ricetta.

Micheal si toglie il soprabito, entra al ristorante dall’ingresso principale, passando in mezzo alla sala gremita come sempre. Qualcuno lo saluta, qualcuno fa i complimenti allo chef. Micheal ringrazia, prosegue, entra in cucina. Non nota nemmeno il ragazzo grassoccio intento a mangiare la sua amatriciana in disparte, in un angolo della sala.

 

Quella domenica, il titolo cubitale della rubrica gastronomica del Corriere gli rimane indigesto come uno dei pranzi che preparava quando ancora era un pivellino intento a sperimentale tra i banchi dell’istituto alberghiero.  Baita imperiale: la trattoria-bene che dovrebbe invidiare MacDonald’s. Così recita il titolo dell’articolo firmato da un certo Marco, un critico mai sentito nominare.

Ancora incredulo, Micheal posa il suo cappuccino sul bancone del bar. Continua a leggere: un declino tanto rapido quanto inaspettato, piatti alla buona che non giustificano i lunghi tempi d’attesa. E’ troppo. Micheal chiude il giornale: “Tutto bene?” Gli domanda il barista.

Lui lo guarda senza rispondere. Lascia cinque euro sul bancone ed esce di corsa, diretto alla sede del Corriere.

Quello stupido, lo querelo! Macché, querelo tutto il giornale! Li farò chiudere, quei…

Mentre i progetti di vendetta si inseguono rapidi nella sua testa, il taxi di Micheal arriva a destinazione. L’edificio mastodontico del Corriere lo ingloba al suo interno, facendolo sentire così piccolo, lui con il suo ristorante.

Ecco che le scale finiscono, che le porte si aprono. “Sto cercando il direttore” dice alla segretaria che lo accoglie. “No, non ho un appuntamento”, precisa. La donna lo scorta fino all’ufficio del direttore, un uomo che avrà sì o no la stessa età di Micheal, intento a sfogliare l’edizione giornaliera del Corriere alla scrivania. “Buongiorno - gli dice cortesemente – posso aiutarla?”

Micheal è a un passo dall’avventarsi su quella copia vergognosa del quotidiano, dall’urlargli contro tutta la sua rabbia. Ma resta immobile.

“Vorrei parlare con Marco. Il vostro critico gastronomico”.

“Ah, la nostra giovane promessa!” Esclama compiaciuto il direttore.

“Sì, voglio complimentarmi per una sua recensione”.

“Quale, se posso…?”

“Quella di oggi, sulla Baia Imperiale”.

“Oh, sì. Un posto banale. Io non ho mangiato mai bene lì. E lei?”

Micheal si sente avvampare, ma abbozza un sorriso.

“Comunque – continua l’uomo - non è in redazione, collabora come freelance”.

“Mi lascerebbe il suo indirizzo? Le assicuro che è molto importante”.

“Beh, perché no, del resto lo troverebbe sull’elenco.”

L’uomo glielo scrive su un post-it, lo stacca e lo porge a Micheal. Lui sorride e lo ringrazia, prima di andare via.

 

Quella sera, le persone sono meno del solito al ristorante. Una coincidenza, pensa Micheal. Ma il giorno dopo sono ancora di meno, e quello dopo ancora sono la metà. Micheal non pensa più che sia solo una coincidenza. Certamente non lo pensa quando, una mattina, esce di casa in macchina, diretto all’indirizzo scritto sul post-it in fondo alla tasca. Quando arriva, rimane in macchina per ore, finché non lo vede uscire di casa. Porta gli occhiali, è vestito sportivo, grassoccio, avrà vent’anni. Così giovane.

Cosa ne può sapere del duro lavoro, della fatica che gli è costato quel locale? Così giovane e gli sta rovinando la vita. Micheal stringe la mano sul volante.

 

Marco stringe la mano sulla ventiquattrore. Sta facendo tardi. Non che abbia un orario da rispettare in ufficio, ma deve correre se dopo avere finito l’articolo vuole avere tempo per la palestra. E poi forse vedrà Gina, una ragazza carina che ha conosciuto in discoteca qualche sera prima. Gli ha lasciato il suo numero su un pacchetto di Marlboro vuoto. Ma prima, l’articolo su quel sushi bar appena aperto e- la macchina.

Compare davanti all’improvviso, la macchina, senza lasciargli il tempo di pensare più a nulla. L’articolo, la palestra e Gina spariscono nel nulla, mentre le ruote lo travolgono, le tenebre lo avvolgono e una sagoma si avvicina. Nel buio.

 

“La prego di volermi dare una seconda chance, Ci tengo davvero”.

Sul biglietto che Marco stringe in mano c’è scritto così. Non sa neppure lui perché si è lasciato convincere, forse l’insistenza del proprietario, quel Micheal, che dopo la sua stroncatura gli ha scritto tutti i giorni.  Forse solo per quel “ci tengo davvero”. Sta di fatto che Marco è seduto di nuovo lì, nella grande sala della Baia imperiale, ora semideserta. E’ la prima volta che esce a cena, dopo l’incidente. E’ passato quasi un anno e ancora trema quando la novità della sua leggerezza si fa troppo pesante.

“Buona sera, signore”. Lo saluta un uomo, sulla quarantina. Dev’essere il famoso Micheal. Marco mette in tasca il biglietto, ricambia il saluto.

“Non so davvero come ringraziarla per avere accettato il mio invito” Dice l’uomo

Marco sorride. “Non c’è di che, ma devo avvisarla, sono un critico obiettivo”.

“E solerte. Vedo che non rinuncia al suo lavoro, nonostante…”

Gli occhi di Micheal cadono sulla gamba di Marco. O meglio, su quel vuoto che era stato la sua gamba, finita chissà dove dopo l’impatto. Nessuno l’ha più trovata.

“Scusi - Si affretta a dire Micheal – mi perdoni”.

“Non fa nulla. E’ stato un incidente, mesi fa. Ma sono venuto qui per cenare. Cosa mi consiglia?”

Il volto di Micheal s’illumina. “La sorprenderò questa volta. Ho una specialità fatta apposta per lei. Il piatto perfetto”.

Marco annuisce, è disposto a lasciarsi sorprendere. Micheal torna in cucina, apre il congelatore. Il grande giorno è arrivato. Dopo tanti anni passati a sognare. E’ il momento, il Piatto Perfetto sta per prendere forma.

 

Poco dopo, torna in sala con il suo piccolo miracolo sul vassoio. L’aroma della carne ben cotta fa venire l’acquolina agli altri commensali. Marco guarda ammirato l’arrosto che si adagia sul tavolo, davanti al suo naso. Ne sposta una fetta sul piatto, la taglia, la ingoia. Quel sapore, è così… Così indescrivibile. Marco mangia e annuisce. Mangia e annuisce.

E senza saperlo, torna in possesso della gamba che credeva di avere perso nell’incidente. Solo, che invece di tornare al suo posto, adesso gli riempie lo stomaco. Sé stesso, il piatto migliore che abbia  mai gustato. Micheal lo guarda estasiato e pensa che domani il Corriere tornerà a parlare bene di lui. Domani la sala sarà di nuovo piena. E, cosa più importante, ce l’ha fatta. Ha realizzato il Piatto Perfetto.

Micheal ha 40 anni, un bel ristorante e un sogno che non è più un sogno

 

                                                                    Maria Viteritti

 

 

NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA

Maria Viteritti nata a Faenza, dal 2004 è giornalista pubblicista. Nel 2006 ha pubblicato il libro, tratto dalla sua tesi di laurea, “La fabbrica dei sogni”, vincitore del premio Carver.

Bibliografia

 

Libri:

- Al di là del muro - Lupo editore, Salento, 2008

- La fabbrica dei sogni. L’immaginario infantile nel cinema di Tim Burton – Effatà, Cantalupa, Torino, 2006.

 

 

Racconti e scritti nelle antologie:

- Bio-scritture – Bohumil, 2006

- Fermenti, edizioni Arpanet - Bompiani, Milano, 2005.

- Il cielo in uno schermo, Edizioni Fernandel, Ravenna, 2004.

- Città di Mesagne, Italgrafica Edizioni Srl, Oria (Br), 2003.

- Rap Metropolitano, Edizioni Pendragon, Bologna, 2003.

- Parole Remote, Edizioni Pendragon, Bologna, 2002.

 

 


Foto allegate

Lupo Editore, Euro 13,00
 
 
 
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