Trovo singolare che, nel terzo millennio e con la Costituzione che ci ritroviamo, in Italia non si sia ancora trovato di meglio, per celebrare la principale festa nazionale (2 giugno, Festa della Repubblica), che le antiche quanto antiquate parate militari. Sequele di divise, mezzi corazzati, corpi i più disparati (dopo le crocerossine, ora ci hanno messo pure i “professionisti” del servizio civile). A vederla in televisione, con le autorità ritte e solenni sulle tribune, uno crede trattarsi della Piazza Rossa o del documentario su qualche regime dittatoriale d’altri tempi. Eppure, anche a vederla sfilare in alta uniforme, ma soprattutto nel suo fattuale dispiegarsi in ogni più sperduto anfratto del globo col suo pesante strascico di sangue, si tratta pur sempre di chincaglieria della storia!
Ecco perché l’esempio che viene da Morbegno, di questa piccola cerimonia con i diciottenni, la consegna della carta costituzionale e dello statuto comunale, la firma per un gesto di presenza attiva (Clementina Cantoni), fa sperare che qualcosa di nuovo, al passo coi tempi e le loro necessità, possa finalmente essere trovato. Si tratta di un esperimento, d’accordo, di un tentativo… e non so e nemmeno importa a chi vada attribuito il merito della sua ideazione, ma sono – non trovate anche voi? – sperimentazioni da incoraggiare, proseguire, allargare.
La Festa, poi, prende origine dalla vittoria del 2 giugno 1946 nel referendum monarchia/repubblica. Orbene, quali che saranno i risultati dell’odierna consultazione referendaria del 12-13 giugno, e a taluni che leggeranno queste righe saranno già noti, ritengo possa risultare evidente per tutti la necessità estrema e inderogabile di procedere a quella piccola riforma costituzionale per levare il quorum di votanti oggi necessario per rendere valido il responso popolare. Nella realtà presente, infatti, esso rende vana questa seconda scheda elettorale, questo secondo strumento di democrazia in mano al popolo. Francamente, visti gli atteggiamenti di Prodi o di Rutelli, non so come il centrosinistra possa pensare di vincere tranquillamente alle politiche del 2006, senza vincere questo referendum… E, per parte mia, quello dell’abrogazione del quorum è un punto da sicuramente inserire nel(i) programma(i) di governo della prossima legislatura. Sarebbe, anche questo, un piccolo esperimento di democrazia.
Enea Sansi