Un tempo era Campania felix con i suoi suoni, profumi e colori, prescelta dalla natura affinchè tutto avesse, per mantenersi prospera e felice, ma una volontà subdola, negli anni, ha lavorato affinchè tutto perdesse della sua meravigliosa immagine, del suo posto in prima fila in termini di identità, di economia, di cultura, una retrocessione che tutto ha tolto ai giovani perché andassero altrove.
La Campania con i suoi -doc-, fiore all’occhiello di un’economia in crescita, e con le sue bellezze impareggiabili, paga con Napoli il prezzo di un’incuria che ne ha annientato l’entità.
È inutile elencare dal punto di vista storico-letterario (basta sfogliare un testo) i successi di un territorio oggi vilipeso, oltraggiato e umiliato, che tutto ha perduto sotto secoli di spazzatura, metaforicamente parlando, accumulati dalle mani sulla città, da una cultura non sempre attenta a un’educazione volta al rispetto del singolo e della collettività, da Istituzioni, di qualsiasi colore, che si trascinano dietro con inerzia problemi creati e poi utilizzati con obiettivi precisi; si impoverisce un territorio per utilizzarlo meglio, si dà l’impressione di intervenire a livello territoriale, ma perché tutto resti uguale per poter essere meglio strumentalizzato.
Questo è quanto coglie chi, suo malgrado partì un giorno dal suo paese, per cercare lavoro ed ebbe la fortuna di scoprire un mondo diverso: regole rispettate da tutti, territori tutelati da leggi, una cultura diffusa, impegni economici finalizzati al bene della collettività, e che incrociando le traiettorie Nord-Sud, vide che l’arretratezza del suo territorio era dovuta alla mancanza di tutto ciò, individuandone la matrice in chi, potendo, non aveva agito tempestivamente o non aveva voluto agire; in chi, perso in contrasti e chiuso nella propria individualità, non aveva saputo tutelare ciò che la storia gli aveva consegnato in eredità a livello ideologico, perché le generazioni potessero sapere e orientarsi in scelte ideologiche consapevoli.
Tutto è cambiato nel giro di qualche anno, la spazzatura si è ulteriormente accumulata e i suoi miasmi invadono il territorio circostante che non ha difesa; le cattedrali nel deserto incombono, il fiume Sarno inquinato ai massimi livelli, la frana ha cambiato la geografia del territorio, la caccia alle streghe è in atto, la delinquenza minorile dilaga in barba all’obbligo scolastico, l’economia in ginocchio, di tutto e di più…si attende che San Gennaro, possa fare il miracolo, ma la Campania, e Napoli in primis, non hanno bisogno di miracoli ma di essere orientati a convivere col proprio territorio e a rispettarlo; al di là di ogni strumentalizzazione gli abitanti vogliono essere aiutati a riprendersi il proprio ruolo perché sanno di poterlo fare come e più degli altri se solo chi ha il compito di sovrintendere a ciò, a ogni livello istituzionale, gli restituisca ciò che gli appartiene: orgoglio, fiducia, credibilità; i Napoletani sono di spirito forte e volitivo e, se guidati adeguatamente e formati fin da piccoli da chi ha tale obbligo, usciranno da questa situazione funesta che gli è capitata e ritroveranno il coraggio di interagire perché nutriti di spirito di intraprendenza.
Napoli, ha avuto un momento di disorientamento; per riprendersi non ha bisogno di chi ha lavorato e lavora sulla sua indigenza; si potrà, forse, togliere, qualche strato di spazzatura ma non quello che c’è al di sotto, che -puzza- e che si ritorce contro chi l’ha accumulato.
Dopo lo sbandamento ogni pecora ritorna al suo ovile e a consorziarsi contro il male comune, azione non semplice nell’immediato ma possibile e San Gennaro, per chi crede ai miracoli, aiuterà i Napoletani, perché egli, interpretandone lo spirito, non ama le interferenze esterne e i profittatori, vuole soltanto equità di diritti, vuole che Napoli ritorni a risplendere sotto il cielo di Posillipo e Mergellina, all’ombra del Chiostro di Santa Chiara, tra le meraviglie di Capodimonte e tra le mura del Cristo velato; questa è la Napoli di Scarpetta, di Eduardo, di Totò, la Napoli che la musica vuole che ritorni sua nei ritmi ancestrali con profumi e colori; Napoli non si è mai prostrata anche affamata e col colera; Napoli, è una “signora” dai mille volti, che ha bisogno di tutti, senza discrimine, per indossare di nuovo abiti da regina quale è, ed essenzialmente dei napoletani stessi; ha bisogno di essere tutelata per fuoriuscire dai problemi che l’attanagliano e non è nel suo spirito chiedere che qualcuno si scomodi dal di fuori per farlo, chiede solo ciò che le spetta di diritto e di dovere da parte di chi oggi è preposto a farlo.
Stiano attenti a manipolazioni… i napoletani si affidano a San Gennaro che mai come ora è attento a risvegliare le coscienze alla maniera di Masaniello, pronto a dire agli intrusi: “ca nisciun è fess” è stato solo un momento di appannamento! Sia chiaro e non potrebbe essere altrimenti.
Anna lanzetta