Denuncia – alegato
– confesión
Me advierten que sobre la mesa de alguna oficina descansa “mi caso”. Un expediente lleno de pruebas de infracciones cometidas, un abultado dossier de ilegalidades que he acumulado en estos años. Los vecinos me insinúan que me disfrace con gafas de sol y que desconecte el teléfono cuando quiera hablar algo privado. Poco, muy poco –me aclaran- puede hacerse ya para que no toquen a mi puerta una mañana bien temprano.
En espera de eso, quiero señalar que no guardo armas bajo la cama. Sin embargo, he cometido un delito sistemático y execrable: me he creído libre. Tampoco tengo un plan concreto para cambiar las cosas, pero en mí la queja ha sustituido al triunfalismo y eso es –definitivamente- punible. Jamás pude darle una bofetada a nadie, no obstante me negué a aceptar el sistemático manotazo a mi “yo cívico”. Esto último es condenable en grado sumo. Encima de eso, y a pesar de no haber hurtado nada ajeno, he querido “robar” –en repetidas ocasiones- lo que creía me pertenecía: una isla, sus sueños, sus legados.
Mas no se confíen; no soy del todo inocente. Llevo en mi haber un montón de fechorías: he comprado sistemáticamente en mercado negro, he comentado en voz baja –y en términos críticos- sobre quienes nos gobiernan, he puesto apodos a los políticos y comulgado ante el pesimismo. Para colmo, he cometido la abominable infracción de creer en un futuro sin “ellos” y en una versión de la historia diferente a la que me enseñaron. Repetí las consignas sin convicción, lavé los trapos sucios a la vista de todos y –magna transgresión- he unido frases y juntado palabras sin permiso.
Declaro –y asumo el castigo que me toque- que no he podido sobrevivir y cumplir con todas las leyes al mismo tiempo.
Yoani Sánchez
Denuncia - allegato – confessione
Mi avvisano che sul tavolo di qualche ufficio di polizia riposa “il mio caso”. Un fascicolo pieno di prove di infrazioni commesse, un voluminoso dossier di illegalità che ho accumulato in questi anni. I vicini mi consigliano che mi camuffi con occhiali da sole e che disconnetta il telefono quando voglio parlare di qualcosa di privato. Poco, molto poco - mi chiariscono – si può ancora fare perché una mattina molto presto non bussino alla mia porta.
Nell’attesa di questo, voglio segnalare che non tengo armi sotto il letto. Senza dubbio, ho commesso un delitto sistematico ed esecrabile: mi sono creduta libera. Neppure ho un piano concreto per cambiare le cose, però dentro di me la lamentela ha sostituito il trionfalismo e questo è - definitivamente - punibile. Mai ho potuto dare uno schiaffo a nessuno, nonostante abbia rifiutato di accettare il sistematico affronto al mio “io civico”. Questa ultima cosa è condannabile in sommo grado. Soprattutto e a parte di non aver rubato niente di altrui, ho voluto “rubare” - in ripetute occasioni - quello che credevo mi appartenesse: un’isola, i suoi sogni, le sue eredità.
Ma non vi fidate; non sono del tutto innocente. Porto nel mio essere un sacco di misfatti: ho comprato sistematicamente al mercato nero, ho commentato a voce bassa - e in termini critici - su chi ci governa, ho messo soprannomi ai politici e ho aderito al pessimismo. Come colmo, ho commesso la terribile infrazione di credere in un futuro senza di “loro” e in una versione della storia differente a quella che mi insegnarono. Ho ripetuto gli ordini senza convinzione, ho lavato i panni sporchi alla vista di tutti e – massima trasgressione – ho unito frasi e aggiunto parole senza permesso.
Dichiaro - e accetto il castigo che mi daranno - che non ho potuto sopravvivere e al tempo stesso rispettare tutte le leggi.
Traduzione di Gordiano Lupi