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Ketty Tagliatti, Galleria Cilena
Rosa del mio giardino, 2005
Rosa del mio giardino, 2005 
15 Febbraio 2006
 

rosa rosae…”


Rosa

Contraddizione pura, piacere d’essere

Il sonno di nessuno sotto tante palpebre.

Rainer Maria Rilke


Presso lo spazio nuovo, studio Maria Cilena in via C. Farini 6 Milano, Ketty Tagliatti inaugura, il 2 marzo alle 18:30, la sua mostra personale.

rosa rosae… è il titolo dell’esposizione delle ultime opere dell’artista ferrarese: quadri di vario formato, su tela. Il soggetto di Ketty Tagliatti appartiene sempre al mondo della sua quotidianità. Abbandonato il soggetto della poltrona,unica grande protagonista del suo lavoro fino al 1996, da qualche anno trae forte ispirazione dalla natura e più precisamente dalle rose del suo giardino.

Il mutamento di questi anni, venuto dopo un lungo periodo di meditazione, si realizza per ogni nuova opera attraverso il riflesso del suo sentire che concorre a un rinnovamento estetico, mentre la lettura di questo vivere il giardino come suo personale spazio-natura trascende i significati del naturale–fantastico come i titoli dei suoi quadri suggeriscono: Costellazione, Ex-voto, Sola-mente-arte, Diastema. Quest’artista che ha sempre armonizzato ricerca ed elaborazione pittorica, esplora questo splendido fiore, la rosa, che lei ama così tanto da coltivarla e vederne la crescita, lo sviluppo, il diminuire di intensità e il declinare. Con un procedere lento e meditativo la disegna dal vero per poi cancellarla e ricamarla sulla tela: appena sbocciata, aperta o appassita. Il segno-disegno, da immagine diviene narrazione e poi anche matrice per un nuovo giardino di nuove rose, eseguito con straordinaria libertà e originalità di costruzione.

Come per la rosa antica ottenuta per mutazione o per ibridazione di rose selvatiche, Ketty ogni volta elabora la nascita della sua creatura e nel gesto di curarne la crescita, ferma il tempo di quel declino che inevitabilmente colpisce il fiore dalle spine ricurve.

L’evoluzione del percorso artistico di Ketty Tagliatti ha preso forza da volontà e costrizione, inquietudine, gioia e passione per raccontare attraverso questa modificazione del fiore l’essenza e l’esaltazione della vita. Il lavoro che l’artista compie nel riandare alle origini cercando un nuovo rapporto con lo spazio, la natura e i colori caldi o luminosi della terra, produce un nuovo originale risultato, nuovi moduli cromatici che partecipano a forme sempre diverse.

E nell’invenzione di questa creatura-fiore c’è il gesto di raccontare la sua esperienza come per un’offerta di comunicazione.


(…) Questi fiori diventano degl’intimi percorsi cronologici, assomigliano a territori ipotetici , a carte geografiche dell’anima, a intimi luoghi in cui potersi riscoprire.

Daniela Del Moro (alla rivista Segno, n. 190-2003)


Bisogna andare alla natura, prendere quello che si ama, e restituirlo sulla tela attraverso l’istinto e la fantasia, quello che ne nascerà sarà Naturale e Fantastico allo stesso tempo… (Tancredi)


Ketty Tagliatti è nata a Ferrara nel 1955, ha iniziato a lavorare tardi, intorno ai trent’anni nel 1989, mentre stava diplomandosi all’Accademia delle Belle Arti di Bologna frequentando il corso di pittura tenuto da Concetto Pozzati.

Le sue prime mostre itineranti in diverse Gallerie: Mascarella Bologna, La Roggia Pordenone, La Diade Bergamo, 420 W.B. Ravenna, nascono all’interno della ricerca accademica nel1990-1991 intitolate “Atelier 18x24”. Nello stesso anno è selezionata dall’Accademia di Bologna per il festival “l’Europe d’art d’art” di Niort in Francia, dove si presenta con un’installazione da esterno, di vetro inciso e ferri di recupero; che coinvolge la luce naturale funzionando come una meridiana.

Il lavoro di questi anni, che nasce da un’attenzione particolare per l’Informale degli anni ’50, si sviluppa nell’installazione naturale che teorizza il disegno come ultima traccia esistenziale del fare artistico. In questo periodo è di conseguenza interessata ai maggiori artisti che si sono occupati dello spazio: partendo da Giotto e Piero della Francesca per arrivare a Giacometti, Bacon, Fontana e tutti gli artisti dell’Arte Povera e della Land Art. Nello stesso anno partecipa al Corso di Francesco Somaini alla Fondazione Ratti di Como “Il disegno ritrovato”.

Nel 1992 prende parte alla mostra “Living Room” (uno Spazio Privato), nella Galleria Studio la Città di Verona, collettiva che vantava la presenza dell’artista Gianni Colombo. Con quest’evento inizia un rapporto di lavoro con questa galleria che durerà circa dieci anni e che influenzerà notevolmente la scelta di un cambiamento decisivo verso la pittura sempre più di superficie, pur rimanendo nell’ambito del figurativo.

Nel 1997 vince il secondo premio di scultura al concorso “Lascito Niccolini” di Ferrara e inaugura alla Galleria Tortora la sua terza personale che intitola “In Poltrona”. Questa mostra apre un ciclo che durerà ben otto anni e che sarà ossessivamente concentrato sullo studio dal vero di un unico soggetto, attraverso disegni e dipinti e nuove tecniche tipicamente femminili fra cui si cita il ricamo.

L’atteggiamento adottato dall’artista è come quello che potrebbe avere un fotografo privato dell’obbiettivo, suo unico mezzo per poter memorizzare la realtà, che cerca velocemente di cogliere l’essenza di ciò che vede trasformando così l’immagine in icona. Questa ricerca tende a resistere all’omologazione spersonalizzante della globalizzazione e a reagire all’abuso devastante dei media che trasformano la realtà solo in immagini.

Nel 1999 partecipa all’ultima della serie di mostre intitolate “Trilogia” alla Rocca Paolina di Perugia, curate da Giorgio Bonomi.

Nel 2000 si trasferisce in campagna, dove vive e lavora in un nuovo studio immerso nella natura e questo le fa cambiare sia il soggetto del suo lavoro che l’atteggiamento stesso. La terra e il prendersi cura di questa, coltivandola e dividendola in spazi da attraversare quotidianamente nell’isolamento di una vita appartata, costituisce il nuovo materiale che suggerisce tematiche diverse all’artista, pur rimanendo coerentemente legata al disegno dal vero e al suo originario senso esistenziale.

Nel 2001 è selezionata per la mostra “Figure del Novecento 2 Oltre l’Accademia di Belle Arti” di Bologna e nel 2003 inaugura la personale “Alma Mater” alla galleria G7 della medesima città; questa è la prima mostra del nuovo ciclo dedicato alla terra con carattere diaristico che ha l’intento di accentuare e rallentare il tempo del fare arte, diventando questo la nuova ossessione del lavoro di Ketty Tagliatti.


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