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15 Maggio 2008
 

A Parigi, in questi giorni, il cielo era pulito come una tovaglia azzurra stesa al vento.

L’altra sera sono uscito per una passeggiata ormai consueta e mi è venuta voglia di fotografare.

Uno dei luoghi che mi piacciono di più è la piazza interna del Louvre: ti separa della realtà, anche se solo per pochi istanti. Soprattutto la sera tardi, quando non ci sono più persone, è un tesoro di silenzio.

Un attimo prima, le macchine e il caos di Rue de Rivoli. Un istante dopo, la meraviglia di trovarti al centro del mondo. È come un’anticamera dolce, che ti guida verso i giardini delle Tuileries. E poi lungo la Senna.

Eppure, mano a mano che la passeggiata si svolgeva, il desiderio di fotografare andava scemando. O meglio, tornava indietro nel tempo.

Non sono attimi, questi, da buttare via con un telefonino o con una macchina digitale.

Sono frasi, piuttosto, da scrivere con l'inchiostro di un tempo lontano. Parigi è una città da vecchi rullini. La speranza racchiusa in 24 o 36 pose, da sudare con la fatica degli attimi indovinati. Felici che il cuore di un carciofo si possa raggiungere senza sprechi ed evitando sapientemente le spine.

Parigi non è rumore di serate sguaiate. Non è confusione di parole in eccesso. Parigi ti dà la gioia di qualcosa di essenziale e semplice.

Come, appunto, le vecchie fotografie di una volta. Improvvise o fortunate come un’intuizione. Scorci che, incomprensibilmente, ti dicono qualcosa.

E scatti senza sapere cosa ne verrà fuori.

Le fotografie di una volta sono quello che è la scrittura per me. Cominciare una frase quasi per caso, intuendo uno sviluppo che rivela la sua prospettiva solo dopo essersi affidati al tempo.

Ansioso che finisca la pellicola per vedere cosa ne è uscito. E ritrovarsi in un ricordo. O sorprendersi di qualcosa che non si pensava di avere visto o che non si vedeva di aver pensato.

Parigi è l’emozione di quello scatto al buio. Di una speranza che potrebbe realizzarsi così come rivelarsi vacua, ma non importa perché quel che conta è fidarsi per un attimo del mondo.

Magari ti viene in mente una rima e la fermi su un foglio. Magari ti verrà mossa oppure non metterai bene a fuoco il tuo cuore. Magari il sorriso ti si incepperà sul volto nell’accorgerti che hai perso l’attimo. La scrittura è sensibile e si impressiona facilmente. E Parigi è delicata come una camera oscura.

Ma nessuna delusione è troppo grande di fronte all’originalità un po’ bambina di chi riesce a creare. Scrivendo l'ultima di 36 frasi col rumore dei pensieri che si avvolgono e di un rullino-racconto da sviluppare.

 

Luciano Canova


 
 
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