Il primo è il titolo che avevo in mente per questo articolo, nel quale avrei voluto esporre argomenti per una volta non catastrofisti e pieni di speranza (lo lascerò al suo posto, comunque, e gli darò qualche riferimento nella seconda parte). Il secondo titolo è per onorare l’emergenza pressante dell’evento (sì ‘catastrofico’) verificatosi in Cina. Non posso e non so ignorare il terremoto (di magnitudo 7’8) che ha colpito la Cina.
Le ragioni di disappunto nei confronti del singolo o delle collettività passano in second’ordine, di fronte alla morte e di fronte alle tragedie immani: in quest’ora grave la classe politica che governa la Cina è colpita profondamente, come il resto della popolazione. Sento il dovere di esprimere (anche a nome di Tellusfolio) le condoglianze alle famiglie colpite e la vicinanza alle zone disastrate. Colpita gravemente è la provincia del Sichuan; nella contea autonoma del Beichuan Qiang l’80% dei palazzi è crollato; a Shifang centinaia di persone sono rimaste intrappolate nella macerie di scuole-fabbriche-dormitori. La scossa più forte è avvenuta alle 8.28 italiane di lunedì, a 10 km di profondità; ha trovato il suo epicentro nella contea di Wenchuan, nel Sichuan;è stata avvertita in tutta la Cina e fino a Bangkok, in Tailandia; ha colpito in orario scolastico e ha sotterrato vivi centinaia di studenti, insieme ai loro professori. A Dujiangyan 900 studenti sono rimasti sepolti nella loro scuola. Decine di loro sono stati liberati. Le gru scavano ancora, tra le preghiere, i sospiri, le lacrime dei genitori. È crollato anche l’ospedale della stessa città… Altre sette scuole sono crollate. Nella municipalità di Chongqing, al confine del Sichuan, sono morti 5 bambini, sono rimasti feriti 120 tra studenti e professori, sono rimaste sepolte 19 persone. Nella provincia di Chengdu sono morte 45 persone e ne sono rimaste ferite 600. Gli effetti si sono sentiti fino nel Gansu (il mio amato Gansu). Persino lì ci sono stati 10 morti e 14 feriti.
Un terremoto così terribile non si verificava dal 1976, quando, a Tangshan, una catastrofe immane uccise 300.000 persone.
Questa volta si parla di 8.500 morti e 10.000 feriti, ma, come sempre, i numeri, a mio avviso, sono da prendere con il beneficio del dubbio, purtroppo. Le strade sono impraticabili e le telecomunicazioni sono interrotte. La Cina è, temporaneamente, un pianeta semi-isolato e in difficoltà, ma i suoi vertici si sono mobilitati (il premier Wen Jiabao si è recato nella zona disastrata / il presidente Hu Jintao ha predisposto un sistema di soccorso dalle vaste dimensioni) e il mondo ha già aperto il suo cuore alla gara di solidarietà che rende il pianeta terra degno di essere abitato.
A Pechino e a Shangai, l’ansia di sopravvivenza ha riversato la gente per le strade. Intatte sono, pare, le strutture destinate ai tanto discussi ‘Giochi Olimpici’ 2008, ma sento come prematuro (se non fuori luogo) ogni accenno a valutazioni relative al futuro delle Olimpiadi e/o ad eventuali cause geomorfologiche del terremoto medesimo (o, peggio, alle eventuali responsabilità umane connesse a disastri ambientali- che si ventilano da più parti). ‘Ogni cosa a suo tempo’ e questo è il tempo della solidarietà e del dispiacere…
Le gocce della speranza mi sono state suggerite da una notizia: Lin Haffield Dodds (australiana) ha annunciato la sua intenzione di ritirarsi dalla staffetta della fiaccola olimpica, per prendere posizione sui diritti umani. Una semplice notizia può, a volte, regalare ‘occhiali’ positivi e aiutare a vedere anche altre cose ‘rosa’ che i tempi recenti stanno schiudendo al mondo (vedi l’esistenza delle alternative pulite e ‘senza emissioni’ per l’incenerimento dei rifiuti / le alternative pulite ‘non nucleari’ per il fabbisogno energetico - benché la necessità di indirizzare le scelte nazionali e internazionali in tali direzioni sia tema-altro, per altre sedi).
Lin Haffield Dodds non ce l’ha fatta, forse, a sopportare il pensiero di dover reggere tra le mani la fiaccola ‘in manette’.
Vola, nei sogni, la fiaccola accesa e, lì, è ancora la torcia antica che, ardendo, spande attorno un alone calamitante, invita gli eserciti a deporre scudi-elmi-corazze, trasforma i guerrieri in atleti.; è ancora la luce nel buio delle discordie, la tregua nelle tensioni tra confini, il richiamo ad elevarsi e a creare i ponti della solidarietà (seppure temporanea); è ancora la fiaccola che spande chiarore senza insidie e fa eccellere le menti agili nei corpi agili.
La fiaccola dei sogni torna ad essere ‘quella’ fiaccola; torna ad illuminare il mitico mondo lontano e ad annunciare ai popoli l’assenza dei venti crudeli e del ‘fragore’ degli eserciti in armi che al loro passaggio ‘facevano tremare la terra’.
Vola il tedoforo nelle praterie dei sogni. I suoi passi lunghi-elastici-leggeri sfiorano appena il suolo. La sua mano si leva, alta, e sembra voler toccare il cielo con la fiamma ondeggiante e bella.
La durata di quella corsa-volo è come l’incontro tra l’attimo e l’eterno, la sublimazione dei valori-bellezza chiusi dietro le labbra silenti e gli occhi assorti delle genti di tutti i tempi.
La fiaccola blindata del 2008 è divenuta una ferita al petto/una randellata alle immagini belle dei sogni/un dolore simile ad ultrasuono/una dissonanza-stridore.
Vedere la fiaccola inseguita-scortata-difesa anche con la violenza è come imbavagliare i sogni, ma noi sappiamo che gli atleti continueranno a sognare di fare il tedoforo e speriamo che i fanciulli di domani non smettano di immaginare (daydreaming) di sollevare la fiaccola più in alto del vento, più in alto della pioggia, più in alto anche del sole…
Molte sono le tragedie e molti i drammi di questo nostro tempo, ma molti sono anche i ‘segni’ di buon auspicio (cui aggrapparsi come a fili di cielo).
Le cose di cui prendere coscienza non sono soltanto quelle di natura drammatica: anche se esse richiedono attenzione immediata e preferenziale, non devono essere disgiunte dalla presa d’atto delle forze positive-propositive-generose e incondizionate che le controbilanciano.
“Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”, purtroppo, ma “la foresta che cresce” c’è e, nel silenzio proficuo e buono, con l’aiuto di Dio (e la buona volontà degli umili ‘ignoti’) diverrà poderosa.
Bruna Spagnuolo