In piedi, da sin:
Filippo Zimet, padre di Regina
don Luigi Del Nero (1890-1974), parroco di Campovico
Giovanni Della Nave (1890-1978), il padre
Accosciati, sempre da sin:
Giovanni Della Nave, il figlio (ancora vivente)
un ragazzino della famiglia
Lodovico Della Nave
(foto degli anni Sessanta, a Cermeledo)
Regina Zimet-Levy
Al di là del ponte
Comune di Morbegno, 2000
È la mattina di una tiepida giornata di settembre del 1989, quando un piccolo gruppo di persone, cinque o sei in tutto, entra nella grande sala della biblioteca di Morbegno e si avvicina al banco delle informazioni e dei prestiti. Tra di loro una signora bionda, di mezza età, che si rivolge al bibliotecario, presentandogli e offrendogli un libro. Un’illustrazione dai colori vivi campeggia sulla copertina grigio argento. Quelli che, a intuito, appaiono essere il titolo e l’autore hanno un aspetto misterioso: infatti sono in caratteri ebraici. Ma, se il significato di questi segni rimane oscuro, chiarissima è – invece – l’immagine. Un piccolo disegno naif del ponte di Ganda di Morbegno, tracciato con colori pastello.
È la signora bionda che svela subito l’arcano. Dice di chiamarsi Regina e di voler far conoscere, attraverso la testimonianza raccolta nel volumetto, un periodo drammatico della sua vita. Inoltre, nel libro, ha lasciato un prezioso foglietto dattiloscritto: Questo mio libro, scritto da bambina ingenua, lo vorrei dedicare al popolo italiano. Per dire grazie, grazie che non smetterò mai di dire per l’umanità del pensiero, per la bontà del cuore e la gentilezza del comportamento durante gli anni tristi della seconda guerra mondiale. In particolare lo vorrei esprimere ai Valtellinesi e ai Bergamaschi; agli abitanti del piccolo paesino di San Bello – Campovico, vicino a Morbegno; e agli abitanti di San Giovanni Bianco e di Serina. Grazie a tutti per ogni sorriso e per ogni parola buona dataci, e per aver diviso con noi il poco cibo che avevano per la propria famiglia. Grazie per averci salvato la vita. Questo il testo esatto.
Prima di accomiatarsi, la signora Regina apre il volumetto e, in una delle prime pagine, scrive velocemente una dedica: «7.9.1989: Un ricordo del passato al Comune di Morbegno». L’incontro termina qui.
Resta in biblioteca questo libro di 137 pagine, scritto in ebraico, con il disegno del ponte di Ganda in copertina. Nei giorni successivi, il bibliotecario, incuriosito, si arrabatta per capirci qualcosa; ma non è così facile. Ore di paziente lavoro di decifrazione permettono soltanto di scoprire che è stato pubblicato a Gerusalemme nel 1987 e che si intitola “Al di là del ponte”. Il desiderio di conoscere il contenuto dell’intera narrazione diventa ancora più acuto quando, tra le immagini a corredo del libro, il bibliotecario individua una fotografia di don Angelo Milani, un sacerdote conosciuto negli anni Sessanta, quand’era parroco di Andalo, un amico semplice e di grande umanità, un vero e indimenticabile maestro di vita. Purtroppo, l’ostacolo rappresentato dalla lingua sembra insormontabile. Si tenta, perfino, di chiedere aiuto all’ambasciata di Israele a Roma, sperando che l’invio delle fotocopie di alcune pagine possa mettere in moto qualcuno o qualcosa. Invano. Così, passano dieci anni. Il volume è collocato nel fondo riservato alla sezione locale della biblioteca. Un settore, diciamolo subito, che rappresenta in ogni caso un luogo privilegiato, dove i libri e i documenti ricevono attenzioni e cure particolari. Di tanto in tanto viene presentato a qualche studioso o esposto al pubblico in occasione della ricorrenza del 25 aprile, come una curiosità. Resta pur sempre l’unico libro in lingua ebraica posseduto dalla biblioteca di Morbegno. Niente di più. Ma finalmente…
Sono trascorsi dieci anni e siamo giunti al 1999. Il geometra Salvatore Barella, assessore del comune di Morbegno, stabilisce un primo contatto con una famiglia di Brescia – Oscar e Gabriella Ianovitz – legata profondamente a Regina e alla sua famiglia. È a questo punto che Gianfranco Peyronel, assessore alla cultura, insiste perché si trovi una strada – veloce, se possibile – che possa condurre alla realizzazione di un’edizione italiana del libro di Regina. E incarica il bibliotecario di prendere i necessari contatti con la famiglia Ianovitz. Da quel momento le diverse tessere scomposte di un mosaico, che sembrava un puzzle irrisolvibile, cominciano a rivelare un’immagine sempre più definita. Già il primo incontro con Oscar Ianovitz, il 10 dicembre 1999, al binario 10 della stazione centrale di Milano, si rivela di fondamentale importanza. Non solo scopriamo che nel 1997 è uscita in Germania, a Hildesheim, un’edizione in lingua tedesca (Jenseits der Brücke), ma – bellissima e insperata sorpresa – veniamo a sapere che, del volume, esiste un testo dattiloscritto e inedito in lingua italiana, scritto proprio da Regina. Oscar Ianovitz, fiducioso, consegna al bibliotecario di Morbegno il libro in tedesco – che, purtroppo, si rivelerà tradotto in modo sciatto e ricco di errori di stampa – e un floppy disc con il testo in lingua italiana. Ma ciò che conta, alla fine, è che a dieci anni da quella giornata di settembre del 1989, possiamo leggere in modo completo, e con sempre più viva emozione, la testimonianza di Regina.
E scopriamo che la piccola Regina Zimet – nata a Lipsia nel 1931, ebrea tedesca – aveva vissuto una vera e propria odissea. In pochi anni la sua fuga l’aveva portata a Milano a Bengasi a Napoli, al campo di concentramento “Ferramonti” di Tarsia in Calabria, a San Giovanni Bianco e a Serina – nella Bergamasca – e poi, sempre con il padre Filippo e la madre Rosalia, era capitata a San Bello nelle vicinanze di Morbegno. Proprio qui, a San Bello, – dopo essere stata aiutata da don Angelo Milani, allora parroco di Albaredo – grazie all’aiuto di un altro sacerdote, don Luigi Del Nero parroco a Campovico, la famigliola degli Zimet era stata ospitata da alcuni contadini che, pur poveri, avevano condiviso con loro tutto ciò che possedevano. Quando Regina fugge da Lipsia ha otto anni; a dodici, in Italia, comincia a tenere un diario. Molto più tardi – dopo quasi quarant’anni dagli avvenimenti –, in Israele, dal suo diario di allora trarrà l’ispirazione per un testo in cui rielaborare sistematicamente quei ricordi. I ricordi di una fuga durata sei lunghi anni.
La prima lettura (del libro tedesco e del contenuto nel floppy disc) si rivela subito avvincente. Il Comune di Morbegno decide, allora, di mettere tutto il proprio impegno per curare la pubblicazione di una prima edizione in lingua italiana. Va solo effettuato un lavoro di editing, rivedendo il testo di Regina, correggendone gli eventuali piccoli errori di lingua italiana, ma lasciandone immutato il contenuto. Una vera e propria edizione filologica. Si accollano questo incarico, delicatissimo ma fondamentale, Fausta Messa, direttrice dell’Istituto sondriese per la storia del movimento di liberazione, e Paola Rovagnati, docente nelle scuole medie superiori di Morbegno. Si decide, inoltre, di arricchire l’edizione italiana con una breve cronologia – dove, accanto alle vicissitudini di Regina vengono ricordati, anno dopo anno, gli avvenimenti della storia europea – e con tre cartine che permettano al lettore di seguire sempre in modo preciso il corso di questo lungo viaggio verso la salvezza.
Servono dieci mesi di un lavoro costante e impegnativo perché questa nuova edizione possa vedere finalmente la luce. E, venerdì 17 novembre 2000, il volume – voluto dal Comune di Morbegno – viene presentato al pubblico in una serata indimenticabile. L’aula magna del liceo scientifico è gremita di pubblico, nonostante un tempo da lupi. I protagonisti sono presenti, tutti. Purtroppo manca Regina, la piccola autrice delle memorie: è stata stroncata da un male incurabile il 19 ottobre del 1992 – a soli 61 anni – e ora riposa in un piccolo cimitero in Israele, nei pressi di Tel Aviv. Da Israele arriva il marito di Regina, Ephraim Levy; da Brescia la famiglia Ianovitz. Per il Comune di Morbegno, in questa occasione vero e proprio lungimirante editore, sono presenti il sindaco Giacomo Ciapponi e l’assessore alla cultura Gianfranco Peyronel. Non possono mancare i membri superstiti della famiglia Della Nave. Come dimenticare che la famigliola degli Zimet era stata accolta proprio dalla famiglia di Giovanni e Mariangela Della Nave a San Bello e qui era stata protetta per ben 16 mesi? Una serata memorabile, una serata per ricordare, per ringraziare, scevra da ogni retorica commemorativa. Il momento più emozionante, lo testimonia un pianto liberatorio, è segnato dalla consegna da parte del sindaco di Morbegno alla famiglia Della Nave di una medaglia d’oro che la Fondazione Pro Valtellina assegna ai valtellinesi benemeriti. Qui la commozione raggiunge il suo apice. Ecco il testo del riconoscimento: La Fondazione Pro Valtellina, su proposta del Comune di Morbegno, conferisce alla memoria dei coniugi Giovanni Della Nave (1890–1978) e Mariangela Rabbiosi (1896–1955) la Medaglia d’oro “Tellinis bene meritis” con la seguente motivazione: “aver offerto, con proprio gravissimo rischio, asilo clandestino nel periodo 1943–1945 agli ebrei tedeschi fuggiaschi dalla Germania di Hitler, perché destinati ai campi di sterminio nazisti, Filippo Zimet con la moglie Rosalia e la figlia Regina, affrontando i pericoli incombenti in una Valtellina governata dal regime fascista di Salò e occupata dalle forze militari tedesche in acuta tensione repressiva anche per l’attiva azione della Resistenza sostenuta dalla maggioranza dei valligiani”.
A partire da quella sera si cerca di far conoscere al maggior numero di persone possibile questo volume di memorie. Il Comune di Morbegno ha 1.500 copie a disposizione. Le vorrebbe distribuire alle famiglie locali e, in particolare, a tanti studenti delle scuole in provincia di Sondrio. In quel momento non si pensava affatto che il libro avrebbe potuto interessare un pubblico di lettori assai più vasto. Essere riusciti a pubblicare il racconto in lingua italiana sembrava già, e probabilmente lo era, un risultato eccezionale. Sul numero di novembre del 2000 di Morbegno: bollettino di informazione comunale appaiono alcuni articoli dedicati al libro di Regina. È soprattutto in questo modo che la sua storia entra in tutte le famiglie del capoluogo della Bassa Valle. Sabato 18 novembre 2000, Franco Monteforte riserva ad Al di là del ponte il paginone centrale del settimanale La provincia di Sondrio. Inoltre, tutta la stampa locale offre spazio all’iniziativa editoriale: il quotidiano La provincia di Sondrio, Il Settimanale della diocesi di Como, Le Vie del Bene.
Contemporaneamente ha inizio la distribuzione, gratuita e mirata, delle 1.500 copie del volume. Si comincia dalle famiglie della frazione di Campovico, località vicino a San Bello, e si continua con gli studenti delle scuole medie inferiori e superiori del territorio di Morbegno. Alcune copie vengono inviate a una decina di Biblioteche significative (è così che il volume si ritrova nell’OPAC, un mega catalogo in rete, consultabile da tutti): tra le altre, l’Angelo Mai di Bergamo, la Sormani di Milano, la Biblioteca nazionale centrale di Firenze e la Vittorio Emanuele II di Roma, quella del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano…
Le prime riposte dei lettori sono positive. Parecchi cittadini che hanno letto Al di là del ponte ringraziano commossi. Tutto sembrerebbe concludersi qui, con la viva soddisfazione di un buon lavoro portato a termine. E invece…
Renzo Fallati
(10 – segue)