Ho auspicato, nell’articolo precedente, la nascita (o la ‘rinascita’) di politici ‘illuminati’. Speriamo che tali siano, soprattutto, quelli che ‘decidono’ della vita e della morte dei cittadini. La polemica infuria, in Italia, sui bruciatori (denominati impropriamente ‘termovalorizzatori’) e lo sconcerto che invade la gente non accenna a diminuire… Perché, for God’s sake, perché i politici sono così determinati a proseguire nella direzione sbagliata? Quali misteri nascosti impediscono ‘la schiusa’ di un minimo di lungimiranza…? L’immondizia c’è, è tanta, va gestita bene e in fretta, per non trasformare le città in tante Napoli invase dalla lordura, Ok! Occorrono questi famosi bruciatori, Ok! Si facciano, ma… se esistono già quelli ‘sicuri’ (come in San Francisco e altrove), perché intestardirsi a non prenderne atto? Perché non installare ‘quelli’? Perché installare ‘a tutti i costi’ quelli che trattengono (alla luce degli ultimi improvement) il 66% dei veleni cancerogeni? Non capisco, non capisco proprio: se la tipologia sicura della soluzione del problema offre ‘zero emissioni’ e prezzi più contenuti di installazione (e, in più, offre anche un numero maggiore di posti di lavoro), perché non la si prende in considerazione? A chi torna scomoda tale direzione? Quali segreti interessi-tornaconto si nascondono dietro lo smaltimento dei rifiuti per ‘combustione’? Ci sono barlumi di speranza, però, devo dire (ma speriamo che essi possano allargarsi alle scelte sul nucleare e che non debbano richiedere dei ‘Savonarola’). Ho sentito Di Pietro dire che, poiché l’emissione non è zero, accetta a malincuore i ‘termovalorizzatori’ come il male minore (rispetto all’invasione dell’immondizia) e come soluzione temporanea, in attesa di una ottimizzazione della raccolta differenziata e di una diminuzione degl’imballaggi dannosi. È un buon inizio, non c’è che dire: se sono in molti a pensarla come lui, siamo già a buon punto. La saggezza parziale contenuta nelle sue parole sarebbe completa se egli propendesse per le installazioni come quelle di San Francisco.
Non capisco, invece, quale molla spinga altri politici a bendarsi del tutto gli occhi, a sprecare tempo ed energie preziose in futili scontri verbali e in reciproci attacchi vacui. Non capisco il perché della loro resistenza all’evidenza e la loro tenacia nel voler essere contro la vita (poco importa che lo siano del 40% o del 66%- se anche lo fossero dell’1% sarebbero comunque colpevoli, dal momento che ‘possono’ scegliere di portare il rischio a ‘zero’ e non lo fanno ‘con piena avvertenza e deliberato consenso’ e dal momento che la vita umana non si mercanteggia e che anche una sola vita sacrificata è un prezzo troppo alto da pagare). Prego i lettori di non attribuirmi apologie di nessuna natura: è tempo che cittadini e ‘governanti’ capiscano che il colore politico e i conflitti d’interesse di vario peso-spessore-provenienza-consistenza che ne derivano sono zavorra letale sulle mani di chi si avvicenda ‘al timone’ di una nave assediata da rapide impazzite (e sono zavorra sui cuori degl’indifesi che affollano la nave). La cittadinanza si sganci dalla sua funzione di elettorato passivo e impotente; non si faccia distrarre dai politici che restano abbarbicati alle vecchie vie ‘lavandaie’ (con tutto il rispetto per la categoria che ha generato il detto) tese a screditare ‘il nemico’ (sempre e comunque) anche quando egli potrebbe rappresentare eventualmente la voce della Divina Provvidenza. Il ‘popolino’ (che non ha mai visto il timone e che non saprebbe come gestirlo) non ha bisogno di saper governare; deve soltanto difendere il suo diritto primario (alla vita), far sentire la sua voce e pretendere che i ‘ timonieri’ (che ha assoldato) l’ascoltino. Siamo esseri umani moderni abituati alle comodità e ce le vogliamo tenere (nessuno tornerebbe ai caminetti e alle candele o alle spelonche), ma, se esistono vie da percorrere, per ‘bonificare’ le comodità, dobbiamo pretendere che si percorrano. La ‘vecchia’ politica impera ancora allo stesso modo, parla lo stesso linguaggio, scala le stesse gradinate tortuose del potere, guarda in faccia gli stessi compromessi-interessi (pocket o pil), in casa nostra come oltreoceano (basta dare un’occhiata ai Media, per rendersene conto). Ciò è devastantemente scoraggiante, in questo terzo millennio che ha bisogno di sfide disinteressate e di difese della vita in senso lato. Il cittadino si chiede: che fare?!?
Pregare, oserei dire, perché Dio ‘illumini’ i politici, ma, ove e quando occorra, gridare abbastanza perché essi non ‘girino un orecchio sordo’. Occorre che le popolazioni dimentichino di essere ‘elettorato’ / non si lascino ipnotizzare da nessuna ‘fazione’/e non perdano di vista il bene comune. Occorre, in altri termini, che le genti lascino da parte ‘colori’ e ideologie, si facciano ‘trasparenti’ e riflettano i disagi della natura e le minacce alla sopravvivenza.
Altieri mi permetta di parafrasare il suo ‘il tempo degli eserciti è finito’: il tempo dei rivali in politica è finito. È tempo che i vari popoli comincino a sentirsi ‘terrestri’, tutti uguali, tutti figli dello stesso Dio (maggiore o ‘minore’ che sia), tutti esposti agli stessi pericoli e… all’estinzione (è tempo che il genere umano si svegli presto e bene, la smetta di fare come l’ubriaco che gira attorno all’albero e che non sa come invertire la direzione per trovare la via di casa e del vasto mondo attorno).
Bruna Spagnuolo