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Fabiano Alborghetti trova Antonio Bassano 
Cercando l'oro 18
Antonio Bassano
Antonio Bassano 
10 Maggio 2008
 

La “puntata” nr. 17 è stata dedicata ad Alberto Mori e ringrazio i lettor-navigatori per l’accoglienza. Vi invito cosi a voler scoprire Antonio Bassano, praticamente quasi del tutto inedito. Una vera, sorprendente scoperta. (f.a.)

 

 

Antonio Bassano nasce a Roma nel 1976. Attualmente è impiegato in una tipografia e appena fuori Roma vive. Ha una biografia praticamente inesistente, nessun clamore, se non qualche apparizione (rara) in rivista (Lo Specchio de La Stampa) e qualche inclusione (altrettanto rara) in lavori collettanei.

È volontario fondatore e socio dell’associazione Energheia (www.energheiacollefiorito.it) che si occupa di promozione sociale e sportiva.

 

Occuparsi di poesia se da un lato porta a leggere molto libri – alcuni davvero buoni, altri deludenti – dall’altro permette di scoprire dei talenti. Se poi la scoperta avviene per mezzo di testi inediti e per caso, come non balzare dalla sedia in preda allo stupore?

È quanto accaduto quando – nel 2007 – ho selezionato oltre 1.200 autori e circa 3.600 poesie per comporre per l’editore LietoColle l’agenda poetica Il segreto delle fragole 2008 (co-curata con Giampiero Neri). L’agenda – giusto per spiegare – è cosi composta: 2 importanti autori per ogni mese dell’anno sono contattati direttamente dai curatori (quest’anno erano per metà italiani e per metà svizzeri).

Poi: ogni mese vede 5 autori del tutto emergenti che inviano i propri testi per mezzo dell’apposito concorso letterario indetto.

I curatori spogliano questi testi uno ad uno (che in lettura pervengono anonimi acché non giochino influenze) arrivando alla selezione che verrà appunto pubblicata in agenda a fianco degli autori noti.

In quei 3.600 ho trovato (ma solo dopo, appresi i nomi dei selezionati) oltre a molte conferme e autori che già conoscevo, anche Antonio Bassano, anonimo autore giunto per caso.

Questo di seguito il testo che mi ha fatto balzare dalla sedia:

 

 

Di ritorno

 

Infilando la chiave nella porta di casa

penso vai a capire perché a Sereni

in via Scarlatti di ritorno dalla guerra

con negli occhi i vincitori e gli sconfitti,

tutti oramai in ritardo con il loro tempo.

Qui però non è il numero civico 27 ma il 5,

Milano, anche svoltando l’angolo, è troppo lontana

e io ho fatto tardi dovendo attendere l’autobus

perché qualcuno, l’ho saputo solo dopo al notiziario

si è gettato all’improvviso sotto il metrò.

 

 

Onestamente non pensavo fosse lo scritto di un autore giovane e non so perché: forse per la citazione di Sereni. Ritenevo l’autore più in là con gli anni.

Ho lasciato che l’Agenda venisse pubblicata (non è possibile contattare gli autori prima della fine dei lavori) e poi gli ho scritto chiedendo di leggere altro.

Ed altro lui mi ha mandato.

Mi sono trovato agli occhi una poesia buona, magari ancora da lavorare un poco, con qualche incertezza qui e là, ma decisamente buona, con una dosata propensione allo stile prosastico che non risulta invadente né dimesso. Vi è anzi una buona tenuta del verso, spesso con guizzi inaspettati, un buon occhio allenato da letture (che sono evidentissime proprio per la dosata tenuta del verso).

Medesime mie impressioni verranno poi confermate anche dal critico e poeta Ivan Fedeli che dopo me ne leggerà le poesie.

Appare nei testi una sorta di supplemento di responsabilità che s’identifica con una sorta di parlato diretto che non indulge in un parlato estetico. È una poesia che resta “in mezzo alla gente”, che non chiude nella camera ad osservare il proprio ombelico. Muove bensì per “fare andare avanti la storia”.

Certamente il punto di partenza è un atto privato, un’osservazione singolare e privata ma ricollega poi al contrasto del “mondo fuori” creando un particolare e pacato intreccio appunto dialogante.

Le versioni delle poesie qui offerte sono le stesse per mezzo delle quali ho scoperto l’autore. È in corso un lavoro di riscrittura, ma sembra giusto, in questa sede, offrire ai lettori l’originalità dei testi.

L’editore LietoColle ha intanto reso pubblico il bando per l’edizione 2009 del segreto delle fragole e invito a visitare il sito per avere i dettagli: vale la regola che – a mio avviso – ha seguito Antonio Bassano: testi pensati, letture letture e letture per avere un confronto (in questo caso vale anche scoprire le edizioni precedenti di questa rubrica che tratta proprio di poesia contemporanea) e un lavoro di onestà con se stessi.

I risultati, come questo articolo prova, ci sono. L’attenzione, se un testo/autore è valido, c’è.

Intanto leggiamo altro di questa scoperta: è un autore che – non ho dubbi – attesterà la propria voce con sicurezza e nemmeno in un futuro troppo lontano. E vale la pena scoprirlo.

 

 

 

La casa

 

Nei mutamenti in peggio dell’urbanistica
la casa è sempre la stessa con i suoi silenzi
verso sera, gli angoli, le ampie stanze
che percorrevo con sicurezza anche al buio.
Tutto così uguale che quasi mi diviene estranea
perché rientrando senza accendere la luce
non mi torna il numero dei passi di riferimento
e finisco per sbattere nel tavolo, far cadere la brocca.
Le cose si fanno giorno per giorno più sensibili
così bisogna indovinarne pazientemente gli umori,
farsi riconoscere dopo tutto questo tempo
per riprendere a parlarci con parole che usavo
e che ora senza saperlo devo aver dimenticato

 

 

L’Adriatico

 

Mentre ti parlo trascolori nel bianco,

svanisci lenta sul muro, in dissolvenza

come un vecchio dagherrotipo

e non sei più né carne né pesce,

né soluzione d’argento e collodio

a fissare quel poco di luce nelle tapparelle.

Ritorni a prima dell’inverno,

all’idea sfuggente dell’estate scorsa

quando non sapevamo cosa fosse quell’odore

se macchia d’oleandro, residuo di pini romani

o il gasolio del furgoncino fermo

insieme a noi in fila per l’imbarco.

                                                Era l’Adriatico,

tutto intorno agli occhi in una luce insostenibile.

Troppo quel mare per noi, un mare non ancora croato

ma già non più, non del tutto italiano.

 

 

Le lac du Bourget

 

Gli sguardi ammainati sul versante

fermi nel proposito di decomporsi

in umori minerali, in memoria complice

tra la spina e l’odore e la roccia nuda,

rapida allo schianto, impastata alla terra.

A folate s’immerge il respiro nel profondo

sotto il peso dell’acqua e guizza sul lago

che si fa viso un poco sgranato nel mezzo.

-defense de plonger- il pontile in legno

avanza qualche passo oltre la riva.

Quasi mare per il vivo dell’occhio,

un’immersione di luce a tagliare via le vele.

Limpida sarà la notte dall’altra parte,

con una luna nodosa nel gomito del golfo.

 

 

I dubbi di Ulisse

 

Voglio rimanere nella parte più profonda della casa

dove il silenzio è lo stesso da sempre, dove è più forte

l’abbandono al ricordo, più forte del vento che s’alza,

dell’ulivo e del remo, della rabbia per il giardino incolto.

Per tornare a scoprire come siamo fatti ci vuole tempo

ma affinché il mio sfiorarti non sia un nuovo addio

bisogna che non ci sia più mare, che io non sia mai partito.

 

 

Illusioni filmiche

 

Che fine ha fatto, il signore del quarto piano

del palazzo di fronte, quello che vedevamo uscire

sempre puntuale alle dieci e un quarto la sera,

così sfuggente nell’alone di luce del portone

come il protagonista del Terzo uomo?

Se mi chiedi il nome proprio non lo ricordo,

neanche quando prese in affitto l’appartamento

o da quanto tempo non lo si vede più in giro

a portare a spasso il cane anche con la pioggia.

Me lo immaginavo però con strane abitudini,

uccelli impagliati sparsi dovunque in casa

o insonne, davanti alla tv, fino a tarda notte.

 

 

***

 

Frutta stoviglie molliche un po' dovunque

sull'inutile geometria della tovaglia,

un litro d'acqua mezzo vuoto e altre mille

mancanze da recuperare con la vista.

Dovrei sgranchirmi le gambe, occuparmi dei panni

da togliere ora che ha incominciato a piovere

ma non riesco a scrollarmi di dosso la cucina

che mi rimane negli occhi con la curiosità

di chi scruta in saldo una vetrina invitante.

 

 

***

 

Che senso abbia, quale sia il perchè di questa ressa 

per star comodi davanti alla telecamera non lo so,

l'importante in fondo è starci dentro e saper respirare.

Ma riconosco il rumore quando accendi la televisione,

quello del telecomando percorso con sicurezza anche al buio

e mi accorgo che in fondo è uguale vivere nell'inquadratura

o fuori campo, è un'abitudine stare dentro o fuori lo schermo.

Dà complicità anche standosene soli, con la coperta sulle gambe.

 

 

***

 

Prima cominciò ad aumentare la pressione

nella tubatura finché non si ruppe il flessibile

poi l’acqua lentamente allagò tutta la casa.

Salimmo allora sulla sedia per non bagnarci,

in equilibrio come su uno scoglio,

prima di provvedere a pulire le stanze.

Non era ancora tempo di mare lo sapevamo,

anche se tutta quell’acqua sotto di noi

sembrava stare lì proprio per annunciarlo.

 

 

***

 

Talvolta si, ti ho spiato a lungo dopo l’amore

e fingendo di abbandonarmi ai sogni intanto rubavo

quello che di te non conosci, quel movimento di spalle

che non sai di avere nel sonno, che si accorda al respiro

lungo gli snodi del corpo giù fino ai fianchi.

 

Sempre più spesso ora ti addormenti presso di me

tirando via con un gesto le anse di polvere dalle tende,

dal legno sverniciato degli infissi, riconoscendo al tatto

o per odore questa camera che è mia solo per abitudine,

dove ti perdo e ti ritrovo seguendo le orbite degli umori,

sbagliando la conta dei passi che ci sono dalla lampada al letto.

 

Percorro lo spazio come una crepa, dividendomi in una o due,

in mille piccole radici che scavano con furia alle tempie,

nel tentativo di risalire su di te, grumo di rimmel,

temendo di non farcela in salita, nei salti a vuoto della catena.

 

 

***

 

Dovrei alzarmi presto senza far tardi la notte

come se il sonno mi facesse davvero paura

finendo per chiedermi se dormi, se hai potuto dormire

nei minuti in cui pensavo al frigorifero che ronza,

a qualche scontrino vecchio di mesi e mesi

ma tenuto ancora accartocciato nei pantaloni.

 

Mi ritrovo infine in questa deriva ormai familiare

a coccolare il cane e la gatta che borbotta in amore,

risvegliandomi poco a poco in me stesso o in altri

con storie da raccontarti la sera, tutte d'un fiato,

finché il respiro non mi sorprenda come un vizio disumano.


Foto allegate

Lieto Colle Editore
 
 
 
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