Gli eventi si susseguono con una velocità eccessiva. La gente impara a farseli scorrere addosso, per non soccombere. Le menti individuali si fanno simbiondi inconsapevoli della collettività globalizzata e, intanto, si costruiscono bolle-nidi all’interno dei quali s’illudono di vivere realtà familiari protette e ‘lontane’ dagli sconvolgimenti comunali, provinciali, regionali, nazionali, internazionali e mondiali. La cronaca, rosa-viola-gialla o nera, locale o mondiale, ha sfondi più grigi che azzurri; è comunque variopinta d’ansia, buca i reality dopanti e penetra all’interno della corteccia-divisorio che separa la tana familiare apparente dal mondo esterno preoccupante. I singoli si sentono, allora, come scoiattoli braccati bisognosi di nascondersi nel folto della foresta viva e sommersa. La vita, in fondo, negli alveari-condomini circostanti, fuori dalla finestra, ai lati dei finestrini delle auto, nei negozi e nei centri commerciali, nelle città e nella nazione, nelle notizie mediatiche e nei giornali, scorre e si rinnova con il sorgere e il tramontare del sole e con le varie lunazioni ignorate. Le ombre che si profilano, attraverso le notizie indesiderate, sono nubi da fugare, per poter snodare le ore del quotidiano, con tutti i suoi affanni spiccioli niente affatto trascurabili. Il singolo suda dietro la sua ‘carretta’ privata e non ha tempo, per alzare gli occhi (e le mani) verso il carro più grande che trasporta le piccole ruote individuali e verso la piattaforma generale che racchiude tutti i carri nazionali. Qualcuno si accorge che si sta per deragliare in massa e si sgola, per avvertire gli altri (invano), a corto di fiato, infine, si dibatte nel dubbio: conviene continuare a gridare o smettere e piegare la schiena sui propri interessi e lasciare che “chi sa fare faccia, chi non sa fare comandi e chi non sa comandare insegni”?
L’inconscio, però, non tace e continua a tormentare la coscienza di chi non è passivo e non sa ‘farsi i fatti suoi’, alla faccia della sopravvivenza generale. Ci vorrebbe un miracolo, ci vorrebbe che il Nazzareno tornasse a calpestare le Galilee del mondo, aprendo le orecchie dei sordi e gli occhi dei ciechi, con impacchi di semplice fango e saliva e con la parola “Effeta”. “La speranza è l’ultima a morire”: auguriamoci che non muoia mai! Il singolo crede di non poter fare nulla e di non avere voce in capitolo; tutte le sue cellule ricevono messaggi in tal senso a livello subliminale. Gli ignavi si scrollano di dosso qualsiasi disagio e si sentono a posto, anche quando vedono e sentono, potrebbero intervenire e non muovono un dito. Loro non sanno che non stare dalla parte di nessuno significa sempre stare, comunque, dalla parte della prevaricazione, dell’ingiustizia e, alla lunga, del male. Chi lo sa fa quel che può, anche a costo di sfiorare il ridicolo e di imbattersi in trappole imprevedibili.
Non bisogna scoraggiarsi. Il mondo è sempre stato complicato, pieno di ingiustizie e di guerre, nonché di filantropi volenterosi, di eroi, di tiranni e di ignavi indifferenti. È tutto vero, ma… il mondo di ieri non rischiava l’estinzione… Le guerre e le invasioni di ieri potevano ‘esportare’ la violenza, gli eccidi, i genocidi e le oppressioni; potevano annettere e annettersi e cambiare l’assetto degli equilibri e dei confini tra imperi e nazioni. Le ‘guerre’ di oggi, oltre a combattersi dietro le trame occulte della diplomazia e a cambiare i giochi di potere dei confini visibili e invisibili sparsi sul globo terrestre, albergano minacce-estinzioni world-wide e senza deflagrazioni. Le popolazioni odierne hanno pochi mezzi-difesa e sono pressoché inermi. Le minacce contro la loro salute hanno in comune con alcune di quelle del passato soltanto l’invisibilità, ma si sono allargate in tipologia e numero in modo così spropositato che l’inconscio individuale e collettivo ne è ‘nanificato’ e ‘orrificato’. Il risultato è che la gente è ‘overcome’ dalla paura: nelle sue case respira ellettrosmog e fuori respira polveri sottili (e magari anche diossine e Dio sa cos’altro); sulla sua tavola apparecchia diossine e una quantità infinita di altri veleni; sul mercato industriale viene condizionata e spinta verso prodotti (anche farmaceutici) dannosi (quando non letali); al suo rubinetto attinge atrazine e altro ancora. Un senso ineliminabile di impotenza è la conseguenza inevitabile e nefasta, che porta i cittadini dei vari stati a chiudersi in una corazza di indifferenza fatalistica e, ahimé, di ignavia.
Abbiamo bisogno, in Italia, come altrove di politici nuovi e di politica illuminata, perché soltanto i politici, ormai, hanno voce in capitolo, se e quando hanno mente e animo scevri da pastoie-connivenze locali e/o planetarie e cuori aperti all’amore per il proprio futuro e per quello del genere umano.
Ho fatto gli auguri agl’Italiani, alla vigilia delle elezioni. Erano auguri che nascevano da un excursus di buona parte dei partiti papabili al voto e dei motivi di sconforto dell’elettorato. Ho, poi, osservato un periodo di silenzio sabbatico, che interrompo ora. L’Italia ha un nuovo governo. La valenza dell’attributo ‘nuovo’ dipenderà dal cocktail delle sovrapposizioni-sforzi della maggioranza e delle interessenze-opposizione e dalla consistenza delle loro sincerità-fedeltà al bene comune.
Rifaccio gli auguri agl’Italiani: che le ideologie estreme (di qualunque punto cardinale) non siano benvenute in alcuna scia-influenza con strascichi-decreti-provvedimenti legislativi. Vorrei poter esprimere gioia e fiducia senza riserve. Vorrei poter dire agl’Italiani: “Siate sereni e non preoccupatevi più di nulla”. Vorrei poter dire lo stesso al resto del mondo…: se lo facessi, anche i più indifferenti mi deriderebbero. Quelli che un tempo erano ‘problemi’, oggi sono ‘macroproblemi’ e ricadono tutti sulle mani dei politici mondiali. Essi, perciò, non sono più coloro che vengono eletti in una nazione per occuparsi dei problemi di quella nazione; sono coloro che, oltre ad avere la responsabilità della vita dei loro connazionali, hanno in tasca chiavi che neppure sanno di avere e che possono aprire porte che danno accesso a dimensioni dalle ripercussioni imprevedibili.
Limitandoci a parlare dei fatti di ‘casa nostra’ rimaniamo comunque legati ai fatti mondiali ed è con questa premessa che faccio, ora, gli auguri all’Italia e a coloro che si stanno organizzando per governarla da ora e per cinque anni. Dato il periodo disastroso dal quale l’Italia è reduce, non si fanno diagnosi di cadute di questo governo; su di esso gl’Italiani contano per mille e una soluzione di problemi. “Auguri” è la parola da indirizzare anche al governo. La formulo nel cuore, con slancio sincero, ma nella mente essa si rannuvola di un disagio subdolo e tenace... Vorrei che i politici dicessero alla gente cose diverse da quelle di ieri, cose adeguate al secondo millennio, cose legate ai problemi della sopravvivenza globale e vorrei che la gente non volesse essere trattata come infanzia bisognosa di ninnenanne-placebo pietose, egocentriche e infantili. L’aumento del costo dei generi di prima necessità, del latte, del grano e dei carboidrati in generale sta sconvolgendo gli equilibri globali del pianeta; il rischio di catastrofi varie ha iniziato il suo count down; la nazione amata e bella di ognuno non è più la sola casa a cui badare, perché ha porte-vasi comunicanti con le case altrui. Non possiamo più limitarci a parlare di pensioni e/o di spazzatura, perché i drammi urbi et orbi disseminati sono ormai divenuti tutti ‘nostrani’.
La politica ha mai come oggi avuto tanto bisogno di miracoli-oculatezza senza fine, perché mai come oggi ha avuto bisogno di guardare lontano e di non limitarsi ai ‘sintomi’ vicini dei malesseri sociali. Ho parlato di ‘politici illuminati’ ed è con tristezza che mi rendo conto che tale dicitura non può più essere presa alla leggera. Essere ‘illuminati’, per i politici di un tempo, voleva dire avere un occhio attento alla politica interna e a quella esterna e saper dire al popolo ciò che voleva sentirsi dire. Temo che i politici mondiali siano rimasti ancora e sempre lì, ma oggi le cose sono cambiate: essere o non essere ‘illuminati’ può fare la differenza tra sopravvivere ed estinguersi come genere umano… I politici contemporanei non possono più permettersi di ‘sentirsi illuminati’ soltanto perché ricevono maggiori consensi degli avversari; hanno il dovere di mettere sul piatto della bilancia tutti i problemi mondiali, anzi tutti i macroproblemi, e di sganciarsi dalla politica spicciola dell’interesse economico (sia esso legato all’orticello personale o a quello nazionale).
I problemi socio-economico-sociali del pianeta oggi riguardano tutti, nessuno escluso. I politici devono svegliarsi e devono cambiare ‘occhiali’, perché decidono della vita dei pochi, dei molti e di tutti. Gli antichi Romani usavano dire: “Si vis pacem, para bellum”. L’impero romano fu costruito con tale lungimiranza; se i Romani avessero atteso la calata dei nemici, illudendosi che la cosa potesse non avvenire e oziando, nell’indifferenza, sarebbero stati spazzati via prima che la storia sapesse della loro esistenza. Lo sfaldamento dell’impero romano è iniziato proprio quando il senato romano, divorato dalle ambizioni e dalla corruzione, ha dimenticato di uniformarsi a tale detto.
I politici dovrebbero abbeverarsi a quel proverbio, adattandolo al presente del pianeta terra: “Se vuoi sopravvivere, pensaci per tempo”; se hai un problema di power-shortage, risolvilo pensando all’ambiente e alla vita del genere umano, anche se ciò dovesse significare fare qualche rinuncia, e non lasciarti accecare dal numero di consensi che la via più breve e meno in salita ti procurerebbe; se puoi eliminare gl’imballaggi pericolosi e bruciare l’immondizia senza uccidere, spiana le vie di quella direzione e non saltare alle soluzioni immediate che stendono i visi con i sorrisi e scavano le anime con rughe profonde come cimiteri atti a contenere i genocidi; se devi scegliere alleanze, cercale tra i popoli rispettosi dei diritti umani; prepara per tempo le strategie salvanti del pianeta e ricordati che non sei eterno in questo mondo e che nel giorno della morte (sicura per i potenti, come per gli ultimi miserabili) renderai conto delle mappe-gesti che hai additato ai ‘Posteri’.
Scegliere di entrare in politica è da tutti; scegliere di fare il politico ‘illuminato’ non lo è ‘neanche per sogno’. Non vorrei ‘essere nei panni’ dei politici e neppure ‘in their shoes’, perché le loro possibilità di errore sono infinite e le cose di cui risponderanno a Dio sono abnormi. Ci vuole misericordia nel giudicare chiunque e quella misericordia va moltiplicata per milioni, quando si tratta di politici ad alto livello, purché essi si facciano casa della scintilla divina della creazione e non la rinneghino prestando giuramenti al solo fango che li ha generati.
Facciamo nostro ciò che disse M.L. King: “I have a dream”. Diciamo anche noi: ‘Io ho un sogno’ e questo sogno sia che il presente e il futuro vedano la nascita (o la rinascita?) di infinite figure di politici ‘illuminati’, o, magari, la nascita di quella sola categoria di politici e la scomparsa definitiva dei politici corrotti, ottusi, ciechi e ‘auto-distruttivi’.
Bruna Spagnuolo