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Gaetano Testa - Francesco Gambaro: Quartini. Recensione di Alfonso Lentini.
Nuova Ipsa editore, Palermo, 2007. Euro 15,00
Nuova Ipsa editore, Palermo, 2007. Euro 15,00 
11 Maggio 2008
 

La micrologia, lo scrivere breve, è uno dei tratti distintivi (certo non l’unico e forse non il più rilevante) che marca il Novecento e sfora oltre. Ma esso non va unicamente ricondotto all’aforisma che, per quanto breve, è una forma del tutto strutturata e concettualmente chiusa. Una cosa sono gli aforismi (che si pongono come veicoli di messaggi più o meno definiti: “Tutta l’arte è assolutamente inutile”, sentenziava ad esempio Wilde), un’altra è la scrittura sfrangiata e frammentaria che si pone come una linea curva destinata a rimanere aperta: un respiro solidificato.

Certo non aforismatica, in quanto antisapienziale se non addirittura anticoncettuale, è la scrittura breve di cui si compongono i Quartini di Gaetano Testa e Francesco Gambaro. Inaddomesticabile al suo interno, il libro appare sorprendente fin dalla consistenza materiale: già la sua forma quadrata rimanda subito al titolo e innesca un fulmineo gioco di rimpiattino fra significante e significato, ponendo come elemento strutturale l’idea di specularità. Il volume si presenta infatti come un doppio assemblaggio di brevissimi testi (ma sono in tutto ben 500 per ognuno degli autori), frammenti di scrittura in prevalenza di quattro righe, composti da due autori che senza dubbio si possono considerare fra i principali protagonisti della sperimentazione espressiva di area palermitana (che affonda robuste e “nobili” radici in lontani sussulti ai fianchi del Gruppo 63, il cui convegno di fondazione si tenne appunto a Palermo).

Testa e Gambaro hanno al loro attivo anche diversi volumi pubblicati autonomamente (si veda ad esempio per Testa il feltrinelliano romanzo d’esordio del 1968 o il recente La coda di Tatai pubblicato con Flaccovio e per Gambaro i volumi editi con Sellerio o l’ultimo, Sia affar vostro, edito con Flaccovio). Tuttavia lo scrivere in coppia è nel loro caso una procedura ormai consolidata e naturale, che li ha condotti a pubblicare prima di questo almeno altri tre libri stesi secondo una struttura “speculare”. Il fatto è che i due autori, pur appartenendo a generazioni diverse (Testa è del 1935, Gambaro del 1954), hanno alle spalle un comune percorso costellato di mille sintonie, comuni avventure culturali, esperienze di vita in continua straniante interazione con una Palermo sentita come allettante, asfissiante, perigliosa e avvolgente. Fra i tanti, l’elemento che li pone più marcatamente in tangenza è però un’idea di scrittura come dato corporale, ritmata sulle pulsazioni cardiache, in scandalosa “presa diretta” con la vita.

Questi Quartini vanno dunque letti come uno sterminato e sfrangiato inventario della quotidianità: somigliano a macchie sulle lenzuola, ai ronzii delle orecchie, agli oggetti insignificanti che lo sguardo incontra per caso, agli odori corporali, alle extrasistoli della mente. Sono sedimentazioni di fiati, tracce di vissuto raccolte sui fogli con lo stesso incalzare caotico con il quale le molteplici sollecitazioni sensoriali ci vengono incontro (dall’esterno o dall’interno, non importa).

Trasformati in parole, però, questi microtasselli dell’esistenza diventano altra cosa, non restano pure e semplici testimonianze, ma si trasformano in oggetti caldi e strani che ci consentono una presa di distanza, una focalizzazione dilatata come da un cannocchiale rovesciato che rimpicciolisce e riduce tutto ai minimi termini, ma nello stesso tempo ci dà conto della natura sfrangiata, minuscola e smisurata nella quale noi tutti formicoliamo alla rinfusa insieme a scarafaggi, idee, grattacieli, miraggi, virus, sogni e galassie: “un quotidiano misura impeccabile dell’universo, al quale è affidato l’unico senso possibile di ciò che siamo e di ogni suo costante tradimento. Ovvero, alla fine, il nonsenso dell’essere” (Guido Valdini, dall’intervento di presentazione).

I testi sono accompagnati da 19 tavole grafiche di Gaetano Testa, calco perfetto delle pagine scritte e straordinaria prova di duttilità espressiva da parte di questo grande performer del segno, la cui mano scrive o disegna indifferentemente e ininterrottamente; e che negli anni non ha mai smesso di estroflettere nella sperimentazione più variegata, felice, furibonda e lancinante ogni molecola del suo essere nel mondo.

 

Alfonso Lentini

 

 

Da “Quartini” di Gaetano Testa e Francesco Gambaro

(Nuova Ipsa editore, Palermo, 2007)

 

Gaetano Testa: 


7
una gallina volante
forse non è un bel vedere
ma io ho già un volo di sparviero
e una vista adattata al fetore della carogna

15
non parlerei di elementa
re sopravvivenza e neppure
di vera e propria vita parlare di
niente è propriamente ciò che faccio
 
16
la funzione dell‘aggeggio
complicatissimo è rispondere
alla complicazione scalare scalan
do la complicazione che sopravviene
 
17
ci giro attorno
perché tu non veda
che ogni tanto mi fermo
dove tutto l‘attorno è in moto
 
18
il punto è
che ci sei anche tu
e osservarti mi distrae
dal mio essere di fronte a te

19
dunque
la gallina vola la
ruota cade il bimbo peta
il miele scorre e il chip lo lecca
 
20
ti metto in mano
due anelli di acciaio
e un sacchettino di cacao
e ti dico portami dalla mamma
 
21
pioviggina
abbiamo l‘ombrello la
strada non è poi tanto lunga se
ci alziamo sulle punte vediamo cos‘è

 
25
oltre le bottigliette
i flaconcini i pennarelli
che ti sistemo in una scatola di scarpe
bada alla polvere che fa coni negli angoli
 
26(21sett)
i semplici
e i menocinque
mi stanno sequestrando
oggi la mente domani il corpo
 
38bis
mi chiedi poi
mentre ingolliamo miele
se voglio o no venire a vedere
le tue rose canine da combattimento
  
42
le tue natiche conservano
una morbidezza una tinta una
linea da inferno rosa mi valuto
l‘altezza del balcone e i passanti

65
ti sto parlando di lei
e qualora pensassi che invece
ma no io non penso e tu neppure
quasi quasi tanta identità ci strozza
 
66
serena di notte telefona
da accascina che dormirà
sola nel mezzo del deserto paura
e sonnifero e tu che fai le dici buonanotte
 
69
un signore
sostenendomi fa
stia fermo si appoggi
al muro 5 secondi e stia dritto

71
mi guardo allo specchio
dell‘ingresso vedo una faccia
in una corona di peli bianca che
ha l‘occhio lucente e fa brutte smorfie

76
la regola non c‘è
la sfera è stazzonata
valentina non sarà mai pronta
comandano i polpacci il piede recrimina
 
77
vengo da k
mi fermerò un istante
a m dove c‘è un punto di ristoro
se trovo una parallela secondaria la prendo
 
78
non voglio
evitare ma voglio
se possibile incontrare
con qualche anticipo me stesso
 
79
tuona e ora piove
il volo della mosca si ferma
nella memoria di lunghe ditate
e cacchette sul vetro sporco di polvere
 
135
mentre ti parlo osservi
una mosca che non vedo mi giro
a verificare continuando a parlare di
ciò che è un braccio con ascia che mi squarta
 
Gaetano Testa è nato a Mistretta nel 1935. Fra i suoi libri: S. p. A.  (Feltrinelli, 1963), 5 (Feltrinelli 1968), L’idea del consumo (con Elio di Piazza, Flaccovio, 1973), Per approssimazione (Flaccovio 1978), Borno (con Francesco Gambaro, Perap 1990), Azzonzo (Perap 2001), Kleenex (con Francesco Gambaro, Flaccovio 2003), La coda di Tatai (Flaccovio 2004). Ha al suo attivo mostre personali alle Case Di Stefano di Gibellina, all’Ars Nova e al Teatro Biondo di Palermo.
 

 

***


 

Francesco Gambaro:

518

mi sono svegliato stanco

essendomi addormentato sui trampoli a molla

 

518

di conseguenza ho questa forma di strabismo dislessico

che mi si spalma lungo il corpo

e mi impedisce di leggere i giornali

 

514

pigio sui tasti senza fermarmi

il senso del nostro scrivere

sta tutto dentro questo frenetico mestiere

 

486

se la vedo la prendo a schiaffi

per tutta risposta mi prende a schiaffi

ci sono persone giuste intorno che

eccitate

mi prendono a schiaffi

 

471

ci sono serate a teatro

le serate a casa dopo il teatro

molto più teatrali

 

460

un certo andare indietro fa girare la testa

come un certo capovolgersi

avrebbe la mia faccia

il mento al posto della testas

 

449

c’era una vasca da bagno arrugginita

abbandonata su un campo abbandonato

più volte fotografato

che mi voleva dire qualcosa

 

423

e le ragazze

le ragazze sedute

con quelle fette di culo all’aperto

cantano

 

419

succhio un gambero dopo l’altro

non capisco

ma sono felice

 

414

accendo il computer

corro in formula uno

muoio subito

 

405

cado cado

dentro una gabbia per pappagalli

cado cado e domani

comunque dovrò fare una telefonata

alla padrona di casa

 

Francesco Gambaro è nato a Palermo nel 1954. Fra i suoi libri: Cose di Giufà (Il Vespro, 1978), Borno (con Gaetano Testa, Perap, 1990) Jallo (con Gaetano Testa, Perap 1992), Palermo Civico Palermo (Sellerio 1999), I giorni quanti (Perap 2001) Si guarda com’è il sole (Sellerio 2002), Sia affar vostro (Flaccovio 2007) 

 

 

Alfonso Lentini è nato a Favara (Agrigento). Vive a Belluno, dove insegna, scrive e si occupa di arti visive.

Fra i suoi libri: L’arrivo dello spirito (con Carola Susani, ed. Perap), La chiave dell’incanto (Pungitopo), Mio minimo oceano di croci (Anterem), Piccolo inventario degli specchi (Stampa Alternativa), Un bellunese di Patagonia (Stampa Alternativa).

Come artista, nelle sue mostre e installazioni propone opere basate sulla valorizzazione della parola nella sua dimensione materiale e gestuale.

 

 


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