Prima di tutto il capolavoro di Veltroni. Ha dato il colpo decisivo al governo Prodi, toppato contro Berlusconi essendosi tenuto solo alleati di destra, prosciugato la Sinistra col voto utile e perso Roma. Tutto in una volta: è stato l'inconsapevole cartina di tornasole della frana a destra, che ha messo in moto con le sue sconsiderate mosse, ma che era lì per partire e di ciò non ci siamo accorti nessuno. Io pure che avevo lanciato l'allarme sul “fascismo del XXI secolo” non lo credevo già così impetuoso e diffuso.
Ma ora lo sciopero generale a oltranza autorganizzato.
Che mai poteva voler dire Rosa Luxemburg, quando indicava come via per la rivoluzione una «autorganizzazione delle masse» per avviare lo «sciopero generale a oltranza», nel corso del quale costruire «la nuova società»?
Abbiamo già discusso che al posto delle “masse” indifferenziate bisognerà dedicarsi alla costruzione del blocco storico fatto di vari soggetti della trasformazione.
Evidentemente Rosa usa un linguaggio simbolico per dire:
1° si costruiscano nell'azione nuovi rapporti sociali, forme di relazione e di vita alternative.
2° ci si organizzi a lungo per un rifiuto di prestazioni (sciopero) e sostituzione di esse con altre maniere di vivere.
3° e tutto ciò sia fatto tenacemente e con un disegno costruttivo: mentre si denuncia l'insopportabilità dello stato delle cose presenti, si individua, si anticipa, si prefigura il movimento reale che lo muta.
Ho intrecciato parole di Marx, che definiva il comunismo come «il movimento reale che muta lo stato delle cose presenti». Il verbo “mutare” indica una discontinuità simile a quella di un salto nella catena evolutiva della specie.
Se con il termine “sciopero” si può indicare un rifiuto di prestazione (non solo di lavoro subordinato) si possono immaginare esempi?
Ce ne sono molti e configurano una prospettiva lunga ampia modificabile e costruttiva.
Inoltre lo sciopero è una forma di lotta nonviolenta e legale e ciò è molto importante per costruire dei soggetti che non debbano essere avanguardisti o militarizzati, ma persone capaci di prendere decisioni e difenderle razionalmente.
Il primo esempio che mi viene in mente, tra i molti che si potrebbero citare, sono i Gas, i gruppi di acquisto solidale con i quali si viene incontro a interessi e bisogni reali diffusi, ma nello stesso tempo si rifiuta concretamente e fattivamente di sottomettersi alla politica agricola autoritaria e incontrollabile del WTO, della Fao e dell'Europa.
Si tratta -come è noto- di gruppi che si organizzano per comperare direttamente dai contadini produttori le derrate alimentari, col vantaggio di spendere meno e di avere prodotti freschi e genuini. Si può inoltre stabilire anche uno scambio di rifiuti organici compostabili (lo suggerisce Greenpeace) e comunque evitare o ridurre la mole di contenitori non riciclabili che invadono i banchi dei supermercati e sono uno degli aspetti più preoccupanti della gestione dei rifiuti, dato che producono una “emergenza strutturale”, di cui non si viene mai a capo.
Ciò che si dice a questo proposito potrebbe essere ripetuto con i dovuti adattamenti per l'autocostruzione di abitazioni coibentate, per impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, per l'autogestione scolastica, per il microcredito, per difendere il territorio produttivo dall'abbandono o dall'invasione di autostrate ponti tunnel e ferrovie costruiti o progettati al solo scopo di velocizzare il trasporto merci, senza riguardo per null'altro e con un immaginario tutto volto al “consumo” della terra, non al suo utilizzo e magari anche contemplazione. Il territorio diventa un nastro trasportatore di merci che si valorizzano essendo trasportate, anche a rischio che non vi siano più alla fine territori produttivi liberi o che abbiano prodotto mais costosissimo per fare benzina affamando i messicani. Lo “sciopero” significa che si vuole esercitare il diritto di muoversi sulla terra con vari mezzi economici e non inquinanti.
Accenno solo a un altro tipo di azione che secondo me può configurare una idea alternativa di “sicurezza”: il problema è forte sentito e anche molto usato per produrre paura irrazionalità e capri espiatori. È vero tuttavia che la violenza entro le mura di casa esiste e come, che la solitudine urbana e l'isolamento domestico sono fatti frequenti e dolorosi cui non si può dare come risposta un aumento di polizia e di violenza “legale”. Propongo di ripristinare adeguandola ai tempi una istituzione sociale che fu molto diffusa e importante in paesi e città, cioè il “buon vicinato”, non solo come sistema di uso comune non monetizzato di piccole quantità di cose, un uovo, un panino, un po' di caffè, o di zucchero, o di favori come ritirare i panni stesi della vicina, se si mette a piovere, ma più in generale per avere -ad esempio in costruzioni cooperative a proprietà indivisa- uno scambio di favori a titolo di beni d'uso, come acquistare biglietti per spettacoli o sport, badare ai bambini, far compagnia ad anziani, leggere libri o giornali a ciechi, insomma svolgere quelle piccole funzioni che non sono mercantilizzabili e sono però molto utili. In alcune case del tipo prima descritto da anni ci si è attrezzati per tenere in ordine la casa di chi sta in ospedale oppure se una partorisce (e si può anche organizzare il parto a domicilio) ecc.
Per ottenere un buon esito bisogna anche prendere accordi per rapporti gentili e discreti il che va a vantaggio generale. Si organizzano turni per non lasciare anziani e piccoli a lungo soli in casa, si possono rendere piacevoli gli spazi comuni con impianto di giochi o con piccoli giardini ecc.
Mi riprometto di fare un elenco delle moltissime forme di relazioni e azioni possibili e si comincerà a vedere che si tratta di azioni costruibili direttamente (azione diretta) dal basso e gestibili in forma di rifiuto di prestazioni che non si vogliono accettare, mentre si profila il contorno di un'altra società, di un altro mondo possibile.
Lidia Menapace