Federica De Maria, Edoardo Fleischner,
Emilio Targia
Chi ha paura di Beppe Grillo?
Selene Edizioni, pagg. 223, € 15,00
Si chiamava Colouche, il comico che, prima di finire schiantato a bordo della sua automobile, ha fatto tremare la Francia? Quanto agli Stati Uniti, là c’è una ormai consolidata tradizione di attori che diventano politici apprezzati, non c’è solo Ronald Reagan. Perché dunque no a un Beppe Grillo che da “Te la do io l’America” e “Te lo do io il Brasile”, passa a “Te la do io la politica”?
Grillo non piace? Si può essere d’accordo. Si può convenire che le sue “invettive” sono di grana grossa, sono da “Bagaglino” di sinistra; ci si può anche legittimamente domandare se alla fine sia perfino più dannoso il “grillismo” del male che intende denunciare. E però siamo sempre lì. Non c’è bisogno di condividere e apprezzare i NO global, per chiedersi perché quelle parole d’ordine fanno presa su tanti, a scapito di altre più adeguate risposte alle domande dei tempi che viviamo; e vale per Beppe Grillo e la “filosofia” che lo anima: è un impasto di populismo, demagogia, qualunquismo. Il problema ad ogni modo non è il “messaggio” di Grillo, quanto capire perché faccia tanta presa.
Delle risposte a questi interrogativi vengono dal libro Chi ha paura di Beppe Grillo?, di Federica De Maria, Edoardo Fleischner ed Emilio Targia. Una linguista e critica letteraria (De Maria), un esperto di Nuovi Media e Società (Fleischner), un giornalista che sa tutto di diavolerie elettroniche e web (Targia); un paziente, certosino lavoro di studio nel blog di Grillo durato per tre anni, e poi un altrettanto paziente “pedinamento” lungo le molte manifestazioni pubbliche nelle piazze italiane, centinaia di interviste ai partecipanti degli show, ricerche negli archivi; il risultato è quello che viene definito «un vero e proprio “viaggio” all'interno del mondo di Grillo, per provare prima a capire, e poi a raccontare, luci e ombre del Grillo-pensiero», un «libro-percorso, primo saggio crossmediale su Beppe Grillo».
Oliviero Toscani, nella sua prefazione, dice che è una fortuna che Grillo ci sia: «Lui è la cartina di tornasole di quanto sia facile trasformare i falsi problemi in veri problemi. Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo: per fortuna si è inventato da solo, perché nessuno di noi sarebbe stato in grado di farlo. Personalmente non voglio giudicare se quel che Grillo dice sia giusto o sbagliato, perché non mi interessano solamente le cose giuste. Anzi, è da quelle sbagliate che si capisce ciò che è giusto. La mistificazione, la contraddizione, l’assurdità, il delirio, l’enfatizzazione perenne, la strumentalizzazione, l’alterazione, la montatura, la demagogia. Su tutte queste corde solamente poche persone riescono a stare in equilibrio e saltare da una all’altra: Grillo in questo è maestro. Ciò che dice è così banale che riesce addirittura a risultare scioccante e il comico diventa chi lo ascolta. La sua forza sta nell’essere riuscito a invertire ruoli e termini tra società e comicità: lui che è comico infatti incarna la società, diventa la società. La società, a sua volta, con gli inetti, buoni a nulla e impresentabili uomini di Palazzo, diventa comica. Di una comicità della quale non si riesce nemmeno più a ridere. Il giorno in cui i mentecatti della politica spariranno e questo paese diventerà normale, Grillo non servirà più».
Il libro ha anche avuto una storia tormentata. Merita di essere conosciuta. «Alla fine del 2006», raccontano gli autori, «la casa editrice Longanesi mette sotto contratto gli autori, annuncia il libro sul proprio catalogo, e ad alcuni giornali. Il 27 febbraio 2007, la casa editrice invia una comunicazione agli autori con la quale disdice il contratto poiché “senza liberatoria” da parte di Grillo il libro non può uscire. Pare, dopo aver ricevuto un fax nel quale si “diffidava a pubblicare” il libro. Va detto che molte altre “grandi” case editrici si sono rifiutate di pubblicare il libro!».
Ma torniamo a Grillo e al grillismo. Il personaggio, rilevano De Maria, Fleischner e Targia, «ha parecchi lati sgradevoli: esclude a priori il confronto con tutti coloro che sono suoi “bersagli”, si pone al di sopra e al di là di qualsiasi diritto di replica, si auto-elegge “protettore” degli esclusi». E ci aiuta a capire in che paese viviamo, un paese dove è possibile che di punto in bianco qualcuno può, solo schioccando le dita, se lo volesse, occupare il Parlamento; capire come sia possibile che una persona che ovunque vada si lamenti, accusi praticamente tutti lamenti che in questo Paese non c’è libertà di stampa, eserciti allo stesso tempo l’antica pratica della censura su quanto viene pubblicato su di lui;... e si evidenzia anche il lato “nascosto” di Grillo: c’è il suo blog che, a detta di molti, è un sito commerciale ben mascherato, per la vendita (anche all’ingrosso) dei suoi dvd, libri e biglietti per gli spettacoli... Grillo che spara a zero contro il copyright, ma manda diffide dal pubblicare le sue parole su un qualsiasi mezzo, e il Grillo che si oppone all’uscita di libri che parlino di lui, salvo i suoi, editi in proprio, fatti integralmente con i commenti di chi legge il suo blog…
Gli autori «hanno tenuto Grillo in mano come un termometro, per misurare e annotare la febbre dell’Italia e le sue più recenti e devastanti malattie: dall’arroganza delle caste ai programmi elettorali fotocopia, dalle liste elettorali decise dalle segreterie dei partiti al declino del Paese in ogni suo comparto…». Così, spiegano, è venuto fuori un libro «che vuole suonare un campanello d’allarme contro una nuova casta: la casta di se stessi».
Valter Vecellio
Postfazione
Condivido, o apprezzo alla lettera tutte, proprio tutte le critiche e le polemiche contro Grillo riportate nel libro, dalle quali traggo un prezioso aiuto per meglio comprendere… me stesso, il tempo in cui sono immerso (e che naturalmente mi trascende) oltre che, in parte, Beppe.
Aggiungiamo che questo è stato il libro che, nottetempo, sono (in gran parte!) riuscito a leggere forse da mesi. Direi, dunque, una buona lettura!
E scrivere queste righe, fra l’una e l’altra fame di questo 2008, Primo Satyagraha Mondiale per la Pace, il Diritto e la Libertà, fa i conti con la mia arteriosclerosi probabile, sete e fame che la ravvivano e rianimano. Scrivere queste righe, dicevo, è obbligo di ri-conoscenza verso Emilio Targia, Edoardo Fleischner e Federica De Maria, non eludibile. L’assolvo, estendendolo anche al Beppe Grillo, con intenzione e convinzione.
Intanto, a proposito del libro e dei suoi autori: meriterebbero quasi di esser vissuti come il Virgilio, l’“autore”, la guida, dal Dante-Grillo nostro. Otto decimi del libro gli danno, infatti, dialogicamente, la parola, con cura di fedeltà e di mediazione positiva, rispettosamente grande ed intelligente. In questo caso, direi, la durata bergsoniana s’invera, è forma della cosa: ben tre anni di ricerca e di scoperta. Le parentesi “ostracistiche” che concorrono a questa durata non sono solo tali, ma contribuiscono strutturalmente alla conoscenza, alla compatta complessità dell’opera.
Dal libro, veniamo ora al mio Beppe quale cresciuto per me, in me e con me dopo questa buona lettura. Sulla sua singolarità pressoché assoluta, per ora non ammetto dubbi.
Per ora, cioè in questo momento di storia che ci attraversa e preme. Il suo essere singolare comporta che tutte le polemiche e le adorazioni e lo studio che qui abbiamo conosciuto si trasformano per me in meri connotati, per ora, della sua singolarità. L’unica volta che sono andato a vederlo e a sentirlo, nel “camerino” in cui mi recai (e fui ammesso!) per abbracciarlo, gli lanciai: “Sei una bestia, un mostro, un monstrum”. Latino a parte, l’Umberto Bossi padan-brianzolo e io, bastardo abruzzese-valaisan, siamo fra quanti potremmo essere ammessi alla sua stessa natura e specie animale. Bestiale.
Dunque Grillo, ora, lo conosco avendolo incontrato al massimo due volte in vita mia e sua. E la Rete pure, l’ho incontrata davvero due sole volte, quando cercavo di aiutare quell’altra bestia che è Roberto Cicciomessere a mettere alla luce e a far vivere Agorà-telematica radicale, nel 1988, e lo esortavo a immaginarla come occasione di aggregazione e di organizzazione di promozione nonviolenta degli hackers (allora chiamati “pirati”) per penetrarla, ragionevolmente disordinarla, fecondarla, con le nostre lotte e i nostri ideali, contaminarla.
La seconda volta quando convertimmo in “essere” gli “averi” radicali, Radio Radicale 2, un quarto di Radio Radicale e quel che ci restava di TeleRoma56/66, oltre, appunto, Agorà-telematica. Dopodiché della “Rete” non so più quasi nulla.
Di “mio”, grazie a questo libro, ho una sola essenziale convinzione a proposito della bestia, della quale è di già un monumento. Certo, vorrei anche saperne di più per comprendere se questo nostro imprenditore-impresario, oltre che proprietario, sia restato anche padrone della sua mostruosa creatura o si sia improvvisamente già tramutato, invece, in “dipendente” della baracca; del suo management, per esempio.
Certo, vorrei saperne di più – anche – su quale zona del suo cervello arrivi – se arriva – la conoscenza, la sintesi dell’evento quotidiano che porta il suo nome. Se arriva per e da milioni di altri, cioè dall’altro.
Ma il problema da risolvere, caro Beppegrillo, è proprio quello (come sostieni e hai ragione) della conoscenza. Paul Claudel, altra poderosa e ponderosa bestia poetica-poieutica, scriveva, nel suo francese, conaissance, invece di connaissance. Conoscenza come co-nascita del soggetto conoscente e dell’oggetto conosciuto ad una vita terza. Un nuovo soggetto, e nuovi – perché rinati e cresciuti – anche i due “genitori”.
Mettiamola diversamente: conoscenza come dia-logos, mai da un assoluto mono-logos. Conoscenza “dal basso” o orizzontale che tu voglia, è dialogo. Monologo è sempre dall’alto. Magari eccelso, stratosferico, inarrivato, ma pur sempre “alto”, vertice.
Per intenderci, vertice come quello che accade al libro caduto in maledette mani costituitesi in “custodi”, sacerdoti, vestali della “cosa rivelata”, ponendo così fine alla Rivelazione, alla Parola. Vedi, Beppe, per te la “Rete” sembra a volte sul punto di divenire LIBRO catturato, nelle tue Mani, e di altri che le abbiano come le tue, se non più potenti ancora. Di Grandi Fratelli (o Politburo, o Management) che ormai, dopo Orwell, esistono “nella misura in cui…”. Già! Quale sarà mai la “misura” della rete?
Tento una rispostina, esitante, balbettante: per te, e anche per me, è ricerca, conoscenza. Ma per tutti noi poveracci, quando ci accade di trovarci impotentiti, si cade in quella dell’ignoranza, della dismisura, del monologo. Un “alto” che è invece il banale inferno del mondo, del secolo…
Marco Pannella
(da Notizie radicali, 25 aprile 2008)