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I leggendari HGT. Attraverso la storia con Papa Wojtyla e Nelson Mandela
29 Aprile 2008
 

I pantaloncini a strisce verticali bianche e rosse, la canottiera blu corredata di stelle, il sorriso stampato sul volto, un'allegria contagiosa e la capacità di compiere e inventare meraviglie con la palla a spicchi, che porta gli stessi colori delle loro maglie.

Parliamo, se ancora non si fosse capito, degli Harlem Globettroters, leggendaria squadra giramondo nata nel 1926 da un'idea di Abe Saperstein, d'origini ebraiche e polacche, figlio di un sarto e abilissimo e intraprendente impresario. Un team nato, in origine, anche per sconfiggere la dolorosa e ignorante piaga della discriminazione razziale (l'équipe è notoriamente afroamericana). Da allora e dall'originario quartiere newyorkese migliaia di partite per ogni dove, compresa quella berlinese del 1951 – con 75mila spettatori e la presenza, a riparare il torto da lui subito tre lustri prima in quello stesso luogo, di Jesse Owens, il campione olimpico 1936 snobbato da Adolf Hitler (il dittatore nazista era imbufalito e non volle premiarlo: se ne andò via per non stringere la mano al possente atleta plurimedagliato con 4 ori) – o un'altra gara-show giocata davanti al Papa in Piazza San Pietro. Un record di folla da Guinness dei primati – in totale si calcola che abbiano sino ad ora visto gli Harlem ben 120milioni di persone in 115 diverse nazioni –, come da primato mondiale è la schiacciata a 365 cm (!) di altezza per opera, e miracolo di levitazione, di Michael Wild Thing Wilson, un – ça va sans dire – Harlem Globetrotter della contemporaneità. Impressionante, davvero.

La prima volta che ho visto gli HGT ero un ragazzo: avevo 16 anni. Con me c'era anche mio padre, una delle due volte che ha visto una partita di basket. Avrei replicato l'anno successivo, sempre al Palalido, tempio emerito del basket tricolore. Negli intervalli, e prima della partita, si esibivano al centro del campo formidabili giocatori di tennistavolo. Bella era la commistione fra questi due sport. Ma gli HGT... Per quanto mi riguarda, mi affacciavo, con la voce di Aldo Giordani e la TV in b/n, alla pallacanestro, con partite infinite giocate all'oratorio su un campo di terra battuta e i tabelloni, diroccati, in legno. Le buche e le pozzanghere che si creavano si colmavano con abbondanti riporti di altra terra. C'era la coda per giocare e si giocava con il bello e il cattivo tempo, nella nebbiolina o sotto il sole cocente, sino al buio: sfiniti e felici. E gli Harlem furono un tassello, importante, di quei giorni. Indimenticabile la loro prima apparizione ai miei occhi. Indimenticabile. Fu subitanea passione: travolgente. Ed esaltante.

E ora i magici giramondo del basket sono ancora qui, presto fra noi in un tour italico – mentori gli appassionati operatori della Shot Events – costituito da varie tappe, dal 5 al 12 maggio, fra Trieste, Verona, Torino, Cagliari, Sassari e, in Lombardia, a Cremona (7 maggio), Milano (8 maggio) e Cantù (10 maggio). Harlem significa pura spettacolarità, comicità e, nel contempo, un'inarrivabile cifra estetica, tecnica raffinata del gioco e un messaggio di assoluta positività. Insomma, il meglio che possa offrire e donarci lo sport, com'è stato sperimentato da infinite generazioni di fans: dai ganci da metà campo di Meadowlark Lemon ai dribbling ubriacanti di Marques Haynes, da ogni sorta di gag, coinvolgendo anche il pubblico, alla danza del pallone fra le dita di giocatori sapienti, sempre divertenti e, a loro volta, divertiti.

Se oggi i giovani sono più scafati, addestrati all'universo NBA, non farà certo male neppure a loro vedere e scoprire lo scintillante universo degli HGT, che, per inciso, stanno pure nella celeberrima Hall of Fame del Basket di Springfield, l'arca delle glorie cestistiche all time. Va del resto ricordato che nel 1940 gli Harlem vinsero, a Chicago, il Worl Professional Tournament. Comunque un certo Wilt Chamberlain, l'unico uomo dei 100 punti in una partita NBA, giocò anche negli e per gli Harlem Globetrotters. A proposito, prima del 1947 Globe e Trotters si scrivevano, per l'appunto, separatamente e un New York precedeva l'Harlem, pian piano il nome della città decadendo dall'uso. Verso la fine degli anni Quaranta gli HGT – che agli inizi della loro vita si esibivano nella Savoy Hall, sala da ballo chicagoana – sconfissero niente di meno che i Minneapolis Lakers di George Mikan, gigantesco centro a quel tempo dominante il parquet. Gioco e spettacolo anche in tali circostanze e pubblici in delirio.

Gli Harlem sono, ancora, la classe di Reece Goose Tatum, la tournée a Mosca nel 1959, in piena Guerra Fredda, veri ambasciatori di pace, la wild card concessa a tale Magic Johnson affinché giocasse con la storica maglia, Papa Wojtyla nominato Globetrotter onorario al pari di Nelson Mandela, campione della lotta, etica e concreta, contro il trucido e blasfemo apartheid che tenne in scacco la Repubblica del Sudafrica.

«La seconda partita che ho visto in vita mia», racconta Franco Montorro, direttore delle riviste specializzate Superbasket e American Superbasket e de Il Sole 24 Ore-Sport, – vedeva impegnati gli HGT; la prima era stata uno spareggio-scudetto fra Milano e Varese: la grande pallacanestro italiana, con un agonismo esasperato, da una parte e il basket spettacolarissimo e divertente dall'altra. M'innamorai della pallacanestro. Da oltre ottant'anni gli Harlem rappresentano un fenomeno mediatico mondiale. Questo tour fa rivivere una magia».

Rilancia anche Federico Buffa, uno dei migliori commentatori di basket in circolazione che ha doppiato e fatto la voce al DVD posto recentemente in vendita e del quale sono protagonisti i nostri amici da Harlem e vasti dintorni statunitensi: «Ho sempre adorato l'espressione di questa gente: gli afroamericani. Si ha la sensazione che loro abbiano una sorta di primogenitura del basket, oltre a testimoniare la valenza sociologica che una squadra nera poteva avere, dal momento che era vista e ammirata anche da un pubblico non nero. Inoltre era curiosa questa unione fra il management ebreo e il talento afroamericano».

Infine, chiosa il Buffa... «Gli Harlem hanno dato musica al gioco».

I biglietti sono già in vendita, vedi i siti Internet www.ticketweb.it e www.ticketone.it. Per ulteriori informazioni: www.harlemglobetrotters.it (sono previsti sconti per gruppi e scuole).

 

Alberto Figliolia


 
 
 
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