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Carlotta Zanobini: I' Grigo rilegatore di libri
I
I' Grigo 
20 Ottobre 2008
 

Alfiero Grisoni per chi non mi conosce. Per tutti gli altri sono “i' grigo” da sempre, ancor prima di sapere che piega avrebbero preso i miei capelli, sentivo che sarei stato per sempre i' grigo. Non sono bravo a presentarmi per lettera, ero o fui un bell'uomo, discreto, disinvolto, distinto. Ho sempre fatto poca fatica a farmi ricordare, ne facevo molta più io cercando di non dimenticare quel che raccontavo di me.

Perché scrivo? Perché alla mia età s'inizia a pensare che domani non potrei essere più in grado di farlo e questa lettera è il mio post-it sul frigorifero, o più semplicemente, perché i tempi cambiano, il calzolaio e l'arrotino non passano più il sabato mattina, il pesciaio non urla dal barroccio: “sardine, aringhe, acciughe fresche, baccalà... venite donne...” e, il rilegatore di libri ... non può cucire pagine virtuali.

Ho rilegato centinaia di libri di narrativa, di poesia, volumi di storia, enciclopedie mediche. Lavoravo nella più grande biblioteca comunale di Firenze, nel 1966 facevamo a gomitate per avere un impiego fisso e, nella disgrazia per la rovina di parte del nostro patrimonio artistico causata dall'alluvione, covavo la fortuna del mio primo ed ultimo impiego retribuito. Così ogni mattina, a piedi o in bicicletta, andavo in biblioteca indossavo il mio camice blu e punto dopo punto quelle pagine ripulite dalla melma e dal fango tornavano ad essere utili. Prima di tutto a me, perché davo un senso a cose che lo avevano perso e ciò gratificava enormemente il mio spiccato narcisismo universale. In questa accettabile cornice esistenziale, mi permettevo di tenere, come si tiene un giornale sottobraccio, una coscienza serena, un minimo di equilibrio economico, e una certa armonia familiare. Tuttavia continuavo a sentirmi come una delle mie pagine incollate male o addirittura inserita al rovescio in un volume non suo.

Vicino al Duomo, in via Martelli c'era una libreria, Libreria Marzocco, dopo che ero stato rinchiuso otto ore tra parole e carta decidevo, questa volta liberamente, di trascorrere la mia pausa pranzo di nuovo circondato da libri, stavolta puliti, lisci e profumati. Mia moglie, buonanima, era gelosa della Arianna Melai, la cassiera dai capelli riccioli e neri, non capiva che di libri e donne io ne ho sempre fatto un “uso” eccessivo.

In via Martelli, adesso c'è la Libreria Martelli; essa è più grande della vecchia libreria Marzocco e non ci sono più libri impilati per terra ma archiviati correttamente in splendidi ripiani di plexiglas.

Oggi piove e, come nei tempi in cui i miei capelli raccontavano di me una cosa e la mia bocca un'altra, mi piace affacciare le punte delle mie scarpe sulle pozzanghere e specchiarmi in esse, muovere con un movimento tutto mio le orecchie e vedere l'ombra di me che si muove stando io, apparentemente, immobile.

La lettura per me è sempre stata un vizio. Avrei potuto cucire quei libri senza leggerli, come un sarto cuce la stoffa. Avrei potuto avere altre donne senza amarle. Avrei potuto vestirmi e pettinarmi per ordinaria consuetudine, senza cercarmi in ogni vetrina, mentre spingevo fiero sui pedali della mia bicicletta, pensando al capolavoro d'uomo che ero. Avrei potuto raccontare all'Arianna Melai che non insegnavo chimica all'università di scienze naturali, come le dissi gustando i frollini alla crema di Robiglio. Avrei potuto dire a mia moglie che mi sentivo troppo superiore a lei e che se di certe cose non gliene parlavo era per difenderla, le avrei fatto solo del male, perché non sarebbe stata in grado di capirle. Certo, che avrei potuto.

Oggi, 28 marzo 2008 torno in piazza Duomo, avvolto nel mio incerato un po' retrò come me del resto, in tasca uno scontrino, "cinquecento lire, Grazie, Edizioni Economiche, 27 Luglio 1971, libreria Marzocco"... l'ho ritrovato ieri sera, faceva il piantone tra "Gli amori difficili " di Calvino e “Le avventure di un fotografo"... forse destino anche questo, scrivo con l'intento di voler fissare una vita scattata dal mio ventricolo sinistro e non da una “cassetta”. Scrivo non per rileggermi ma per rilegarmi.

I' grigo spese quelle cinquecento lire convinto che avrebbero chiarito il suo futuro, stupidamente non considerò che Calvino era uno scrittore e non un cartomante... Ieri, avrei sicuramente riso, oggi... rifletto. A 68 anni si ride solo quando necessario.

Non esiste più quella libreria, la moneta in circolazione non è più la lira, non c'è la signorina Melai che incarta i libri nei quotidiani scaduti e quel bell'uomo oltrepassa a passo svelto la vetrina del negozio per non correre il rischio d'incrociarsi nel riflesso del vetro e intravedere la sua zucca pelata...

Rifletto. Sul giornalino di Giamburrasca scritto dal mio conterraneo Bertelli, regalato ad un'amica per farle accettare un panino con il lampredotto, sul tempo, sull'avvento dei vostri giornali telematici che non hanno bisogno di ago e filo per essere cuciti, ma con un “clic” come dite voi, si possono svuotare centinaia di biblioteche. Rifletto. Mentre un tram che passa mi schizza i pantaloni, mentre un naccherino sano e forte posteggia la macchina nel parcheggio riservato agli handicappati, i' grigo non l'avrebbe mai fatto.

 

Carlotta Zanobini


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