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Valter Vecellio. E ora per un vero Partito Democratico. Sul rosso emiliano che diventa verde padano e... qualche domanda per Chianciano
22 Aprile 2008
 

Fioccano le analisi sulle recenti elezioni politiche. Ben vengano. Tuttavia un po’ di cautela si impone. Provo a spiegarmi. Tutti ricordano le elezioni per il Parlamento europeo che videro un boom di consensi alle liste Bonino; alla successiva consultazione per le regionali, il risultato fu invece deludente. Ci siamo spaccati il capello in quattromila per cercare le ragioni di quella sconfitta con analisi, contro-analisi, recriminazioni.

Poi in un numero della Rivista Italiana di Scienze Politiche, quella fondata da Giovanni Sartori,pubblica uno studio, condotto dall’Istituto Cattaneo; agli elettori appena usciti dalla cabina si chiedeva se avrebbero confermato il voto alle regionali successive. No secco di due su tre che avevano votato le liste Bonino. Ci avevano appena votato, già sapevano che non ci avrebbero rivotato. A questo punto lasciavano il tempo che trovavano tutte le riflessioni sui possibili errori, su quello che si è fatto e non si doveva fare, quello che si poteva fare e non si è fatto.

Voglio dire che il risultato elettorale – il successo del centro-destra – era prevedibile; ma per capire flussi, migrazioni, spostamenti, occorre aspettare dati completi. Per esempio: i tre dell’Arcobaleno, Fausto Bertinotti, Oliviero Diliberto e Alfonso Pecoraro Scanio accusano Walter Veltroni di essere stato un cannibale. Forse. Però l’inchiesta di Fabio Carducci sul Sole 24 Ore dice che Veltroni ha preso perfino voti da Alleanza Nazionale; e che i tre dell’Arcobaleno hanno ceduto direttamente voti alla Lega; un “indicibile” che però è accaduto. Meglio aspettare, insomma, qualche dato in più; e magari scomposti: donne, giovani, anziani, occupati, occupati come, aree geografiche... Perché non è una sorpresa che gli operai votino Lega. Dario di Vico, anni fa, raccontava sul Corriere della Sera dei risultati di inchieste del Centro Studi CGIL, dove emergeva che tantissimi con la tessera della CGIL in tasca votavano Bossi; ora forse bisogna chiedersi se la tessera della CGIL ce l’hanno ancora. I risultati delle inchieste di oggi, sul Corriere della Sera e sul Sole 24 Ore sul rosso emiliano che diventa verde padano, non sono una sorpresa, sono una conferma.

Occorre piuttosto cercare di fare un discorso meno taroccato sul berlusconismo; non in stile Marco Travaglio, ma sul fenomeno, i “valori” che il berlusconismo ha inoculato nella società, più profondamente di quanto si creda. Umori cattivi che ci avvelenano, come il berlusconismo. E non siamo mitridizzati abbastanza.

Questo è un paese “seduto”; credo abbia ragione chi parla di “bamboccioni”. È un paese che non rischia: meglio il poco sicuro che l’avventura; meglio la navigazione sotto costa che in mare aperto. Non è un paese liberale nell’animo. Si cita molto il libro di Giulio Tremonti, lettura certo interessante, ma che suggerirei di accompagnare ad un’altra lettura, istruttiva, quella del recente libro di Riccardo Illy, personaggio per tanti versi sgradevole – non va dimenticata la posizione che assunse per quel che riguarda la moratoria della pena di morte – ma che dice molte cose giuste.

 

Dobbiamo e possiamo, però, ragionare su noi stessi, Il risultato elettorale “romano” è stato quello che è stato, e certo: il volantone è arrivato tardi, quando è arrivato; l’informazione non c’è stata, e tutto quello che serviva non c’è stato. Ma forse c’è anche altro. È che anche noi siamo deficitari? È che forse quella parte di elettorato avveduta chiede a noi qualcosa di più e di altro, rispetto a quello che abbiamo dato, che cerchiamo di dare? È che forse anche i nostri ridotti strumenti di comunicazione vanno aggiornati? È che forse non sappiamo ben comprendere le domande che la società pone, e le nostre risposte sono inadeguate?

Non so se a Chianciano avremo tempo e modo per un embrione di risposta, o se sarà in un’altra occasione che la cercheremo; ma è un nodo da cominciare a sciogliere. Perché Roma è il paradigma di tutta Italia, e il tempo stringe e galoppa veloce. Prima che ce ne accorgiamo saremo ad agosto, che significa Satyagraha mondiale; ed è vicino anche il 2009, che significa elezioni per il Parlamento Europeo.

Dai socialisti c’è poco da aspettarsi: abbiamo dato loro un’occasione preziosa. L’hanno sciupata. Il loro “comitato d’affari” è fallito. Un vaso rotto, che resta tale, non c’è colla che tenga. Chi scrive non ha alcun particolare dispiacere per il fatto che Bertinotti, Diliberto, Pecoraro Scanio siano stati sonoramente sconfitti. In fin dei conti è un bene per tutti, forse una delle poche cose buone di queste elezioni, il fatto che in questo Parlamento non ci sia la rappresentanza parlamentare del “Partito del NO a tutto”. Altra cosa, invece, è cercare una interlocuzione con quella parte di elettorato che a quel “Partito del NO” in qualche modo faceva riferimento; con quella parte di elettorato dobbiamo trovar e il modo di parlare.

 

Ancora ieri Luca Cordero di Montezemolo ha sparato a zero contro l’indulto, fonte e causa di tutti i mali passati, presenti e futuri. Lo stesso giorno la UIL Penitenziari ha sostenuto che se il prossimo governo non inserisce nella sua agenda la questione giustizia, non si potrà non ricorrere a un altro atto di clemenza. Senza troppi giri di parole, si sostiene che la situazione è già tornata a quella pre-indulto, e che le carceri stanno già ora scoppiando; che se non si interviene subito ci aspettano tempi duri, e che le carceri italiane potranno esplodere con conseguenze incontrollabili. Chi si prende il Corriere della Sera può leggere i dati contenuti nell’ultima relazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Si ricava che 15.948 detenuti attendono il giudizio di primo grado. 9.515 il secondo grado; e su 49.963 carcerati, sono 19.599 sono i definitivi. Il problema dunque non è incarcerare, ma fare i processi, perché in carcere ci devono stare i condannati, non chi è in attesa di condanna; e le pene alternative, che non si applicano.

Non bisogna certo perdere tempo dietro le fesserie di un Roberto Castelli o di un Gianfranco Fini che – anche questo è un dato positivo di chiarezza – ha confermato e chiarito di essere rimasto strutturalmente un fascista. Ma è inquietante che Veltroni abbia fatto le lodi dell’ergastolo, sostenuto la giustezza che imputati non condannati restino in carcere, e nel tentativo di vellicare la pancia dell’elettorato, sia stato per molti versi la fotocopia della destra; e chiaramente l’elettorato sceglie l’originale. Così facendo non ha tanto rinnegato le nostre quanto le loro idealità, quello che loro dicevano fosse necessario fare. Li dobbiamo incalzare su questo terreno, dobbiamo riuscire a lavorare ai loro fianchi, e far uscire quel che di buono hanno e che credo ci sia. È una scommessa che credo si possa e si debba giocare e vincere. Penso che questo debba essere uno dei temi di discussione e dibattito a Chianciano.

 

Valter Vecellio

(da Notizie radicali, 21 aprile 2008)


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