Vi mando una dichiarazione, una proposta e una cattiveria (terapeutica): leggete per favore e diffondete, date risposte al più presto alla proposta. Grazie (Lidia)
DICHIARAZIONE
Non sono più rappresentante di alcunché nè di chicchessia, perciò non scrivo più lettere da nessun palazzo; avevo incominciato a scrivere una lettera dalle catacombe e poi da una scuola attesa, e ciò fa parte del punto 2.
PROPOSTA
Avendo raccolto adesioni durante lo svolgimento della campagna elettorale e in seguito anche maggiori e più definiti consensi in contatti e inizi di discussione con e tra Martocchia, Meomartino, i compagni e le compagne delle Marche, le sedi unitarie della Sinistra arcobaleno, gli e le studenti del liceo “Croce” di Roma, i e le giovani delle comunità di Base ecc., ed essendo molto convinta della proposta di una “scuola di politica” comincio a delinearla per alcune caratteristiche che vorrei avesse.
Non deve essere una scuola eclettica o tecnica, ma politicamente significativa e leggibile; propongo di chiamarla “scuola di politica Rosa Luxemburg”. Non nel senso che studieremo solo i suoi scritti o che trascureremo altre culture politiche (sono molto sensibile a ciò che scrive Fasce, anche se non penso che la scuola debba per forza trattare sistematicamente tutte le culture di riferimento per recensirle in modo “scolastico”). Ma perché se si intitola a Rosa si dice chiaramente che si parte da una lettura marxiana critica e aggiornata del reale; che si sceglie come terreno d'indagine principale e fondativo una o molte ipotesi di trasformazione o mutazione dello stato delle cose presenti che non è né leninista né/o trotzchista, né socialdemocratica; che si chiude, per me definitivamente, con quelle pratiche proposte e metodi (non naturalmente con un anatema o scomunica, ma criticamente e con rispetto), e che si intende certamente assumere il portato della cultura socialista al meglio, di quella liberalsocialista che in Italia si interruppe sciaguratamente dopo la Resistenza, dei temi e delle forme dell'azione nonviolenta.
Ma tutto ciò con una impostazione di mutamento trasformazione ecc., che si rifà alle ipotesi abbozzate da Rosa. Da lì si può e deve completare aggiornare cambiare, ma fondamentale è che non si pensi alla mutazione come conquista del potere statale e sua occupazione, ma neppure come puro e semplice riformismo: ambedue le prove citate hanno avuto ampie e durevoli sperimentazioni nell'Unione Sovietica e nelle socialdemocrazie europee, sono state sconfitte senza più possibilità di appello e sono convinta che bisogni leggere e imparare le lezioni della storia. Ciò serve per evitare di ripartite ogni volta da asserzioni catechistiche o fideistiche.
Se ciò che dico in qualche modo vi convince, attendo il vostro assenso e le aggiunte obiezioni proposte ecc. entro il 1° maggio.
Quanto a me proporrei un elenco di tematiche perché credo che una impostazione tematica sia più utile di una sistematica, sia per poter stare sulla realtà, sia per catturare interesse, e per dare risposta a domande concrete, sia perché la nostra scuola non vuole avere carattere accademico, né sistematico -come dicevo- ma ha da servire per illuminare il tempo e lo spazio che usiamo.
I temi che proporrei sono :
1) i soggetti del mutamento
2) relazioni organizzative tra loro
3) sistema di relazioni politiche
4) definizione giuridico-politica di “pace”
5) definizione giuridico-politica di “difesa” (nazionale ed europea)
6) definizione giuridico-politica di “neutralità”
7) questioni dell'economia capitalistica globalizzata; agricoltura, tutela del pianeta, impoverimento, sviluppo autocentrato, industria ed energia; problema del commercio e trasformazione dei rifiuti in merce valorizzata dal trasporto.
8) finanziarizzazione dell'economia, questione delle monete.
Quanto al metodo, manterrei in bozza, da determinare in seguito, la proposta di raccogliere i materiali che sia pure non organicamente abbiamo prodotto e mettiamo insieme un primo livello “caotico” di contributi. Da lì in avanti uno o più gruppi redazionali che avremo individuato dalla raccolta dei materiali e dai successivi contributi e argomenti attinenti ai temi elencati e scelti organizzeranno i materiali e proporranno discussione e composizione di testi di “tesi” come propone Luciano, sui vari argomenti. A seguito di discussioni via e-mail interrogative e aperte si raccoglieranno le risposte, alla fine del processo un seminario consentirà di preparare delle tesi politiche esse pure critiche e aperte, concrete e agibili, non assolute indiscutibili e gridate. Amerei che il linguaggio stemperasse le contrapposizioni con l'ironia socratica che è un metodo per imparare e che sia sempre rispettoso delle persone.
Smentendomi subito passo alla cattiveria terapeutica o pedagogica.
CATTIVERIA TERAPEUTICA O PEDAGOGICA
Non prendo parte al dibattito seguito alla sconfitta, che è subito stato sequestrato dalle forme dei partiti e se non ne fai parte puoi giusto stare zitta ad ascoltare. Devo dire che non si è trattato finora di ascolti celestiali, ma anzi rozzi e caratterizzati dalla stessa insopportabile parzialità o censura patriarcale di sempre. Fosse stato affidato un qualche argomento a qualche compagna, fosse mai stata fatta un'indagine sul voto delle donne, fosse stato chiesto conto ai famosi sondaggisti! niente del tutto.
Il dibattito seguito alla sconfitta, per varie ragioni così com'è impostato non mi interessa, non è adeguato, percorre i soliti sentieri e mi sono stufata di fare la profe con la matita rossa e blu che corregge sempre gli stessi errori. Succede generalmente se la scolaresca è gnucca o l'insegnante noiosa. Può essere che ci sia un impasto di ambedue i fattori, ma non ce la faccio più a correggere sempre gli stessi compiti. Ciò mi priva di luoghi di relazioni politiche, ma il danno che capita a frequentarli è in ogni modo superiore ai vantaggi che potrei trarne. Tutto ciò “sine ira et studio”, naturalmente.
Noto che nel dibattito che avviene in varie sedi non si sente una una domanda che è una, non una voce, non un volto, non un'idea significativa, non una attenzione o una citazione al femminismo: la sinistra torna al suo classico macismo e basta. Nemmeno la considerazione che noi donne siamo la maggioranza dell'elettorato conta. Tornano piuttosto i sanguinosi riti sacrificali tra maschi e -come si dice- cadono le teste. Un'altra cosa che non mi piace è di stare sotto la ghigliottina come una tipica tricoteuse che sta a veder cadere le teste (di cazzo).
Lidia Menapace