Il Teatro Stabile di Sardegna è in scena fino al 27 aprile al “Valle” di Roma con Pensaci Giacomino! di Luigi Pirandello. Dopo un mirabile Goldoni ed al terzo incontro col drammaturgo di Girgenti, Stefano Randisi ed Enzo Vetrano, la coppia di teatranti siciliani, ormai rodata da 31 anni di lavoro, sfida uno dei testi più attuali e commoventi del grande conterraneo, firmando una regia a quattro mani che non si sottrae tuttavia all’interpretazione di protagonisti inquieti e mutevoli.
Il sipario si apre su una scena semplice e scura per mettere in evidenza le sagome dei personaggi: i due protagonisti emergono così dalle atmosfere ambigue ed equivoche di Luigi Pirandello, pronti a mettere in discussione quell’intricato mondo di passioni e doveri, di sostanza ed apparenza, che è la famiglia “allargata” nella pièce.
Il primo ritaglia su di sé la figura del prete viscido ed ambiguo mentre il secondo si misura direttamente col professor Toti, sottolineando quelle caratteristiche estreme di cinismo ed egoismo che rendono l’interpretazione a tratti atipicamente amara.
Il recupero del dialetto poi, quello della versione di Angelo Musco, utilizzato solo in alcuni passaggi a sottolineare la particolare durezza del messaggio, rende naturale la scarnificazione e rielaborazione del linguaggio stesso adatto così ad intrecciarsi al gusto del paradosso comico e scandaloso.
Va ricordato a proposito che Pensaci Giacomino!, uno dei primissimi lavori teatrali di Luigi Pirandello, scritto nel 1916 per Angelo Musco, appartiene al ciclo dialettale come Liolà. Mentre quest’ultimo fu scritto in dialetto e poi tradotto in lingua, per Pensaci Giacomino! il processo fu inverso. D’altra parte Pirandello avrebbe ben potuto scrivere in dialetto tutte le sue commedie, senza che nessuno potesse definirlo autore dialettale, poiché tale non è mai stato.
Il problema non è quindi il passaggio dal teatro dialettale e di regione a quello in lingua e universale, ma piuttosto dal naturalismo e romanticismo ancora assai vivi ed operanti in Pensaci Giacomino! all’espressionismo dei drammi maturi. È quindi proprio Pirandello che si tormentava per uscire dal guscio che ricopriva la maggior parte dei suoi romanzi e novelle.
Il personaggio principale della storia che si racconta, il professor Agostino Toti, a guardar bene è lo stesso autore che cerca di uscire all’aria aperta, mostrando la sua parte personale ed autobiografica.
Nello svolgersi della vicenda, è il marito che persuade l’amante della moglie a tornare da lei, in una inversione di morale che ha come origine la logica e il cervello. Non ci si può opporre, secondo Pirandello, al ragionamento inesorabile e irresistibile del vecchio professore, che è persuaso di essere nel giusto a riportarsi a casa Giacomino. Sentendosi chiamare ‘demonio’ dai filistei è, al contrario, convinto che il demonio stia a lato di questi ultimi.
Da parte sua il pubblico è portato a credere all’innocenza disarmata del protagonista, ma le sue sfuriate dialettiche, i suoi guizzi verbali e i suoi gridi, mettono in risalto la provincia dura e spostata, le corna accettate e sopportate non proprio candidamente dal poveruomo, grazie ad un’energia e ad una perfino guizzante demoniaca allegria.
Commedia umoristica e morale quindi che l’autore intrise di grottesca ironia, e che la regia intende quale continua ricerca di scenari ulteriormente bizzarri, insistendo sul personaggio di Toti, l’anziano professore anticonformista, al quale è affidato un messaggio tanto profondo da renderlo una delle figure meglio riuscite del repertorio pirandelliano.
Il suo matrimonio con la giovanissima Lillina, figlia del bidello della scuola e messa incinta da un suo ex alunno, Giacomino Delisi, diventa per il professore lo strumento di una battaglia morale contro l’ipocrisia del mondo. La “famiglia aperta” che il professore crea, protegge e difende, incurante delle voci della gente, rimanda a un’etica concreta, emotiva, che fa corto circuito, tuttavia, con le consuetudini vigliacche di una società votata all’esteriorità e alla convenzione.
Nella messa in scena del Teatro Stabile di Sardegna si evidenzia altresì una sfida etica che sembra voler affrontare l’ipocrisia del mondo senza la maschera del ruolo sociale ma che, fatalmente, rimane ancorata a definizioni e compromessi intrappolati a certi meccanismi claustrofobici altrimenti da combattere.
Con questo testo, in grado di fluttuare oltretutto dalla tragedia cupa alla commedia irriverente, è possibile innescare una riflessione sul valore della famiglia: un rimando forte all’attualità sintetizzato in un finale che sembra rimanere sospeso ma solo tra una dimensione di astratta lettura antropologica e l’affresco ampio del dato umano più profondo.
Con Enzo Vetrano e Stefano Randisi, ben centrati nei loro ruoli, recitano: Giuliano Brunazzi, Ester Cucinotti, Eleonora Giua, Giovanni Moschella, Francesco Pennacchia, Antonio Lo Presti, Margherita Smedile. Dopo Roma la Compagnia proseguirà la sua intensa tournée per i maggiori teatri italiani.
Teatro: Valle
Città: Roma
Titolo: Pensaci, Giacomino!
Autore: Luigi Pirandello
Regia: Enzo Vetrano, Stefano Randisi
Interpreti: Enzo Vetrano, Stefano Randisi, Giuliano Brunazzi, Ester Cucinotti, Eleonora Giua, Giovanni Moschella, Francesco Pennacchia, Antonio Lo Presti, Margherita Smedile
Luci: Maurizio Viani
Scenografia: Marc’Antonio Brandolini
Costumi: Luciana Fornasari
Fonico: Luca Tognacci
Assistente alla regia: Beatrice Santini
Produzione: Teatro Stabile di Sardegna / Diablogues / Teatro Comunale di Imola
Periodo: fino al 27 aprile
Lucio De Angelis
(da Notizie radicali, 18 aprile 2008)