Lettera dalle catacombe
15 aprile 2008 – Se volevano cacciarci nelle catacombe, ci sono riusciti, anche col nostro fattivo appoggio, non servono scuse. Come dice giustamente Peyretti (cfr. a seguire, ndr), bisogna che ci prendiamo le nostre responsabilità.
Che sono quelle che ho letto nei primi testi arrivati, quello di Rosangela (cfr. più oltre, ndr), breve ma essenziale e quello di Peyretti, che ci dà un ritratto ahimè correttissimo della sinistra. Tanto per non avere peli sulla lingua, invece quelli che invitano a cacciare questo e quello e ad imitare i Verdi che fanno subito un congresso e il Pdci che rivuole falce e martello indicano quanto sia profonda la crisi culturale a sinistra. È proprio vero che è da ricostruire, non solo da rimediare, non sono possibili toppe o cerotti né pannicelli caldi, non basta proprio.
Anche perché le conseguenze paventate da Rosangela, cioè che il paese debba pagare le spese della marginalizzazione della Sinistra sono fondatissime, ma non avrebbero nessuna risposta positiva se la Sinistra fosse quella che vien fuori da richieste ridicolmente insufficienti e che non analizzano quasi nulla.
Prima di tutto, come mai nessuno aveva nemmeno lontanamente previsto un esito così fallimentare, tanto che non pochi hanno addirittura consigliato l'astensione, certo pensando che il danno non sarebbe stato rilevante?
Per quanto mi riguarda, mi rimprovero di non avere abbastanza insistito sul pericolo fascista che invece è vicino e forse ci abbiamo già i piedi dentro.
Comunque la frittata è fatta e adesso sono preoccupati persino alcuni del Pd e forse non sono lacrime di coccodrillo.
A noi verranno meno molti mezzi e più d'uno strumento, bisognerà ricostruire anche una solidarietà interpersonale e un uso molto oculato delle risorse personali. Non bisogna però aspettare nemmeno una settimana a ripartire dalla società, ricordando che tutte le forme politiche sono in crisi, tanto che le elezioni sono state vinte da partiti non partiti, se vogliamo capire subito qualcosa.
Va bene chiedere un processo costituente della Sinistra, che non parta però dalla sommatoria degli attuali gruppi dirigenti e soprattutto non dalla sommatoria della loro cultura che è pure inadeguatissima, ad esempio ha ancora un impianto fortemente economicista e poche novità sui soggetti, nonché poca -per non dire nessuna- chiarezza sulle procedure. Pongo una condizione e cioè che nessuno abbia la pretesa di “convocare” i movimenti e di scrivere l'o.d.g. della costituente, ma che le procedure siano fondate sull'autoconvocazione e gestione “consolare” degli uffici compiti e processi, tanto per cominciare.
Consiglio la lettura di Samir Amin ll virus liberale, che mi pare molto apprezzabile e quasi del tutto da condividere.
Mantengo la proposta che feci in campagna elettorale e che ebbe per solito echi favorevoli, cioè di mettere in piedi scuole di politica, fatte con introduzione a tema preciso e delimitato, ma tenuto insieme da un tessuto cognitivo complesso, prima discussione di chiarimento iniziale, scrittura di domande e obiezioni o informazioni e nuovo incontro per concludere punti di accordo in modo da preparare anche un modo di fare cultura politica che non avvenga solo accademicamente.
Poiché i problemi saranno drammatici e già lo è l'impoverimento da carburanti verdi sui popoli che si alimentano a riso mais e frumento, e che cominciano a protestare e i venti di guerra non smettono di soffiare, i primi temi da studiare sono quelli energetici e l'impoverimento di interi continenti: bisogna dunque presto avere risposte sulla prospettiva alimentare e migratoria, e poiché la crisi capitalistica ed energetica rende la vita delle donne e di molti uomini insostenibile bisogna anche avere risposte e proposte adeguate, non moralistiche né predicatorie, e tempestive.
Ciò che non può venirci meno è la convinzione che chi si accorge dei pericoli mortali che la crisi capitalistica porta con sé, è obbligato a cercar di porvi rimedio, perché davvero l'alternativa è “socialismo o barbarie”.
Se nella sua profonda alienazione il periodo elettorale tutto sequestrato dalle censure mediatiche, ha nascosto ciò che del resto restava fuori dalla narrazione politica anche prima in Italia, ora non si può non accorgersene. È possibile un uso rivoluzionario della crisi a patto che la si usi col massimo di proprietà analitica, senza estremismi e con la scelta di metodi analitici e simbolici complessi e basi cognitive di sistema e letture olistiche del reale. Utilissimo oltre che necessario è ricordare che il metodo e le procedure proposte sono fondate su aspetti della cultura femminista e che anche i contenuti debbono assolutamente includere sempre tra i soggetti costituenti le donne in quanto cittadine escluse dal patto di cittadinanza e le femministe come inventrici di culture politiche di grande prospettiva e anche di una storica pazienza e tenacia. Noi resistiamo sempre, anche nelle catacombe e inabissandoci nel ventre della terra come fiumi carsici.
Lidia Menapace
*** *** ***
Cosa si vuol fare ...dopo l'astensionismo
15 aprile 2008 – Visto il risultato? Luca Alessandrini (riportato qui sotto, ndr) ha tragicamente ragione. Ho battagliato quanto ho potuto contro l'astensionismo di sinistra, forse più ancora che contro il berlusconismo, prima e durante le votazioni, fino alla giornata di oggi, fitta di scambi di mail. Mi sono preso un bel po' di insulti e qualche approvazione.
Il tragico astrattismo extra-storico ed extra-reale ha ottenuto la scomparsa della sinistra dal Parlamento! Neppure in Scandinavia, solo in Usa e GB! Il problema italiano è la corruzione culturale berlusconiana, ma è anche l'incultura istituzionale della sinistra.
Cosa vogliamo fare ora? La politica extra-parlamentare? La disperazione pericolosa a sé e agli altri?
Ora dovremo riflettere molto, molto, a fondo, ancora più e prima che agire. Non c'è sinistra senza cultura e istruzione popolare. È colpa anche della illusoria corsa al centro, è colpa anche della chiesa, ma conviene prendersi le proprie responsabilità.
Enrico Peyretti
Mir-Mn Torino
L. ALESSANDRINI
13 aprile 2008 – Leggo Fava e mi ribello, non alla sua libertà di non votare, è ovvio, ma agli argomenti che adduce.
Secondo lui tutti gli schieramenti si equivarrebbero, i giochi sarebbero già fatti, i soliti potenti travestiti momentaneamente da destra o da sinistra continuerebbero comunque a fare ciò che vogliono.
È davvero convinto che le leggi ad personam, la volgarità, il dispotismo (come lo chiamava Bobbio) di Berlusconi equivalgano anche al più insoddisfacente dei programmi democratici?
Conosciamo tutti le debolezze del sistema elettorale, in un fase di transizione che dura da troppo tempo, e le debolezze dei programmi e della composizione delle liste elettorali, e allora?
Dobbiamo chiuderci in uno sdegnoso scetticismo nichilista per cui tutto è ripugnante?
A Fava e a chi pensa cose simili ricordo che questo è un lusso riservato ad una élite di potenti, per tutti gli altri la paziente costruzione di risultati parziali anche molto piccoli può migliorare la vita; ma soprattutto, per tutti gli altri è preziosa, vitale, la difesa del punto al quale siamo giunti. Lo so che non si vuole sentire parlare di ultima spiaggia, ma cosa manca alla nostra democrazia per essere logorata del tutto, per diventare terreno di conquista di avventurieri di sorta?
Il nichilismo ed il suo corrispondente il qualunquismo sono lussi di chi gode già di una posizione piccola o grande di privilegio e di chi è disposto ad ogni compromissione morale per il proprio quieto vivere.
Se tantissimi si astenessero dal voto cosa cambierebbe? Scoppierebbe uno scandalo o una rivoluzione salvifica? Crediamo alle favole.
La storia italiana ci ha messo in guardia su tutto questo.
Non esistono scorciatoie, se non la faticosa, paziente, costante fedeltà alla democrazia ed anche ai suoi riti.
Non sono ingenuo, so che non si cambia facilmente il ceto politico dello schieramento al quale via via ognuno di noi decide di dare il voto, così come il ceto politico in generale. Tuttavia, non possiamo essere ciechi di fronte alle piccole e grandi possibilità e ragioni di cambiamento.
Ma ci vuole pazienza, non esistono le rivoluzioni buone e belle che cambiano tutto in positivo nei pochi giorni di chissà quale insurrezione. Né esistono politici nuovi piovuti dal cielo, migliori di tutti gli altri, per i quali con la libertà di esprimere la preferenza voteremmo tutti e che cambierebbero finalmente tutto.
Crediamo alle favole. Che in politica sono pericolose come i totalitarismi.
Luca Alessandrini
M. FAVA
13 aprile 2008 – obietto. obietto con forza.
trovo molto democratico che ciascun cittadino possa esprimere la propria opinione liberamente.
anche non votando per partiti che non lo rappresentano più, e forse non lo hanno mai rappresentato.
mi sembra al contrario assai pericoloso e antidemocratico sostenere che chi non vota perde il diritto di espressione.
è sempre successo nelle dittature, anche quelle comuniste, dove non andare a votare su lista unica era l'unica forma di dissenso, che veniva pagata duramente.
con questa legge elettorale, che non si è voluto cambiare addirittura facendo franare un governo per evitare che i cittadini la cambiassero col referendum, non esiste libertà di scegliere i propri rappresentanti.
i giochi nelle stanzette del potere ci hanno sfornato liste bloccate, in cui è già deciso chi sale e chi no. liste in cui i poteri forti sono tutti garantiti, e le fasce deboli sono blandite con candidature di facciata senza speranza di vittoria, men che mai di contare nelle decisioni.
ad esempio, il miracolato della Thyssen usato per cavalcare l'onda mediatica, rappresenta davvero gli operai e le vittime del lavoro? e che possibilità ha, se eletto, di contare non di più, ma tanto quanto il figlio di colaninno o il boss della confindustria veneta (preannunciato ministro)?
il “partito delle grandi opere” ha piazzato suoi sodali in testa a tutti gli schieramenti, e sarà sicuro vincitore comunque vada.
così ha fatto il mondo clericale, e le lobby di banche assicurazioni trasporti e telecomunicazioni sono blindate e garantite.
per i piccoli schieramenti non c'è speranza, ecco l'inutilità di un voto che serve solo a dare legittimazione popolare a coloro che il popolo lo usano per fini esclusivamente privati.
per questo chiedo che si smetta di fare appelli ricattatori, cercando di far leva sui sensi di colpa di persone serie, che hanno la sfortuna di avere una testa per pensare, un etica sociale e una coscienza civile.
e lasciate stare i morti: la Costituzione che ci hanno lasciato non prevede che se ne faccia un uso strumentale.
son passati più di settant'anni, ma siamo sempre all'«armiamoci e PARTITE»?
maurizio fava
*** *** ***
Il saluto di Rosangela pesenti
15 aprile 2008 – Carissimi, non sono riuscita a scrivere un diario della campagna elettorale come avrei voluto, ma in questo momento, pur nello sgomento per la gravissima sconfitta della sinistra tutta, non ho pentimenti per aver accettato di mettere in gioco la mia faccia e la mia storia.
Ho misurato, ancora una volta come nel '94, la distanza da una forma della politica che non mi rappresenta, non mi corrisponde e non mi include e contemporaneamente l'esito diffuso di quel degrado della vita quotidiana e della convivenza civile che ha riconsegnato questo Paese alla destra.
Si è consumata una vicenda cominciata con l'assassinio di Moro e non sarà facile affrontare davvero l'analisi fino in fondo.
Non sono parte in nessun modo dei tanti e diversi e spesso incancreniti gruppi dirigenti di una sinistra che è stata per me sempre più inavvicinabile negli ultimi vent'anni, ma non voglio sottrarmi alla responsabilità storica di continuare a testimoniare la necessità della sinistra per questo Paese.
Mi sembra che elettori ed elettrici abbiano fatto pagare alla sinistra un malessere abilmente costruito attraverso una multiforme manipolazione della realtà. Mi auguro che il prezzo da pagare alla fine non risulti per tutti ben più caro.
Intanto vi mando un abbraccio
Rosangela Pesenti