Le elezioni incombono. Il count down galoppa. Gli elettori sono confusi. Le ‘tribune’ varie li vessano, anziché illuminarli. La casa delle Libertà, a parte alcune discrepanze, promette cose che sembrano ok, ma… è in favore del nucleare. Il PD, a parte sedurre –con il divorzio dalle mafie– e spacciare per ‘nuovi’ quelli che ancora stanno governando, pare dire le stesse cose. La Sinistra Arcobaleno è dilaniata dal dissidio tra l’aspirazione al potere e l’amata vecchia falce e martello. Casini, con il suo credo rivolto agl’Italiani, pare l’alternativa alle varie destre, ma…, ahimé, propende per il nucleare (tanto-tanto-tanto: fino a una centrale per regione…). La Sinistra Critica squarcia il buio e dice tutto ciò che il cittadino vuole sentirsi dire a proposito di ambiente e di principi basilari, ma… inciampa in una pastoia pesante come le colonne di Ercole (‘l’anticapitalismo’ esasperato / l’abolizione della proprietà privata). Di Pietro appare come annosa quercia sicura a coloro che hanno ‘sostanza’ e, perché no, anche capitali, ma… come scinderlo dal PD?
I Politici dovrebbero avere a cuore la salute dei cittadini (e la propria) più di tutto (anche più delle liste elettorali e dell’esito delle elezioni). Gli elettori dovrebbero essere messi in condizione di scegliere tra molti partiti e molti premier sinceramente impegnati nella direzione trasparente della tutela della vita (innanzitutto e al di sopra di tutto). Le differenze tra di loro dovrebbero essere minime, nella corsa verso il Bene. Accade, invece, che le differenze siano minime, ma nella corsa verso il male. Come votare, allora? Come scegliere, se, invece di salvaguardare la vita, i vari politici sono tutti indirizzati verso scelte contrarie ad essa? Con tutta la prosopopea delle scoperte del terzo millennio -ormai completamente telematico-, la politica (dei partiti ‘grandi’ e con un certo ‘seguito’) vuole rimanere ancorata al nucleare e a tutte le sue opzioni di morte -quando avrebbe tanto da fare, per schiudere le strade dell’energia rinnovabile- perché? Il ritornello trito e ritrito delle entrali nucleari ‘degli altri’ dai quali ‘noi compriamo’ l’energia è acqua passata; l’Italia se la deve lasciare alle spalle. L’energia ‘serve’, questo è chiaro, ma non è chiaro affatto perché dovremmo costruire altre centrali nucleari (quelle che anni fa abbiamo deciso di non fare o di smantellare). Le alternative esistono, non sono un’utopia; con la propulsione a idrogeno, le cellule fotovoltaiche (applicabili all’energia solare), i gas ricavati da fonti bio (come il mais e persino le urine degli animali da allevamento) e infinite altre possibilità divenute ormai realtà, perché dovremmo incrementare le centrali della morte (il cui numero è ancora contenuto, grazie a Dio, sulla faccia della terra)? Le scorie radioattive derivanti dalla fissione nucleare sono una realtà amara che sopravvive alle centrali e a coloro che le costruiscono (perché durano per secoli): come può l’essere umano ricorrere ad esse con tanta superficiale dabbenaggine autolesiva? ‘La tecnologia è migliorata/le centrali oggi sono più sicure’ è un altro ritornello trito che è ora di stroncare: le fonti di morte sono ‘sicure’ fino a quando non s’innesca ‘quella’ variante ‘imprevista’ che rende possibile l’impossibile. Gl’incidenti nucleari sono tutt’altro che impossibili, purtroppo, ma, se anche lo fossero, le centrali di quel tipo disseminano morte comunque e sempre (con le scorie inevitabili e letali). Dette scorie, a lungo andare, ricoprirebbero il pianeta, perché da qualche parte andrebbero per forza collocate. I politici che vogliono andare in quella direzione sono tutti disonesti o ciechi e sordi a questa verità sconvolgente. Non c’è molto da scegliere: i casi possono soltanto essere quei due, infatti, e, se così è, i politici in questione vogliono continuare a perpetrare i delitti più nefandi e inaccettabili del genere umano: quelli che si commettono alle spalle dei propri simili, strisciando nell’ombra, come serpenti infidi, e minando la loro esistenza, la loro salute e la loro stessa vita (continuando il tragico gioco criminale dello scaricabarile-scorie a destra e a manca, nelle viscere della terra ignara, tra popolazioni altrettanto ignare). ‘L’Italia non è la sola nazione che farebbe questa scelta’ è un ulteriore ritornello ricorrente. È vero, com’è vero che nel mondo si commettono delitti, eccidi e stragi di massa e che si prendono indirizzi che mettono a rischio la vita del pianeta stesso; allora? Siamo, per caso, obbligati a seguire le stupide pecore non vedenti e non udenti nel burrone più fitto e profondo mai esistito? Qualcuno deve cominciare a dare il segnale, qualcuno deve cominciare a far sentire la voce della ragione, qualcuno deve rinsavire… e, se quel qualcuno è una nazione, le chance di farsi seguire sulla via della ricostruzione non sono da gettare via… Si tratta di decidere se si vuole perire, dando al pianeta e alla vita su di esso annidata il colpo di grazia, o se si vuole tentare di usare il dono della vista oltre-bulbo oculare e fare ciò che si deve fare. Scegliere la seconda opzione sarebbe meglio, direi, o no? Almeno, se proprio si dovesse perire, non dovremmo avere più rimorsi del consentito. Ai politici che sostengono il nucleare chiedo di riflettere e di riflettere bene su ciò che vogliono fare: forse, non è ancora troppo tardi, per invertire il senso di marcia… Chiedo loro anche di ricordarsi che nella ‘stessa barca’ dei cittadini ‘piccoli’ navigano anche loro (con tutti i figli, i figli dei figli e i figli dei figli dei figli).
Coloro che credono nel futuro e nel rispetto per la vita, invece, dovrebbero smetterla di voler abolire la proprietà privata (e di ritenere ‘capitalista’ qualunque formichina umana che, con grandi sacrifici e anche ‘tirando la cinghia’, si costruisce una casa o qualcosa di suo). Dovrebbero imparare che eliminare la proprietà privata in una nazione è come togliere l’aria ai polmoni degli esseri umani. Ho visitato nazioni piagate da tale provvedimento e posso testimoniare che gli esiti sono davvero deprimenti. L’inventiva e la voglia di fare sono vitali e indispensabili, per la crescita umana, sociale ed economica dei luoghi; là dove vengono a mancare regna l’abulia e allignano l’indifferenza e il menefreghismo (nonché la sciatta inefficienza). I piccoli partiti non hanno possibilità di governare e non potranno mettere in pratica i loro programmi, ma è un peccato che alcuni di essi, insieme a ideali ammirevoli, debbano coltivare programmi disfattisti e negativi. Vorrei che i sostenitori dell’abolizione della proprietà privata vivessero, per qualche tempo, nei luoghi in cui tale provvedimento è realtà e viene vissuto dalla gente. Si renderebbero conto, allora, finalmente, che l’ideologia di riferimento ha incontrato una disfatta completa e rovinosa nel mondo e che fare i conti con il vaglio della storia vuol dire non intestardirsi a rincorrere deliri irreali e dannosi. Sarebbe high time che si svegliassero. Inseguire le bandiere è bello (come inseguire i sogni - a patto che i sogni non siano nightmares). Il tempo delle stupidaggini è finito: va bene ammirare il volto di Che Guevara che sventola nel vento (bello come un attore e sempre ventenne), ma, forse, sarebbe ora di capire che i vent’anni del ‘Che’ sono ormai incartapecoriti (e di imparare che ammirare un idolo per le cose buone che ha fatto non vuol dire tapparsi completamente gli occhi e ostinarsi a ignorare le verità storiche: il Che, infatti, santo e perfetto non era di sicuro, dal momento che è stato capace di perforare con una pallottola la testa di un soldato che non lo aveva ancora salutato e di ‘farlo secco’ senza batter ciglio, prima che il malcapitato se ne rendesse conto). Le ideologie sono indispensabili quanto le leggi pratiche, purché non diventino farneticamenti che ignorano, alla fin fine, la vita reale di coloro a cui si riferiscono. Chi vorrebbe abolire la proprietà privata dovrebbe andarsene a vivere in Libia. È facile parlare di cose irreali e rivestirle di poesia, ma la realtà è ben altra cosa. Nel luogo in cui le parole sono vita vissuta, la mancanza di proprietà privata si traduce in supermercati con scaffalature vuote, barbieri abulici e pigri che non servono i clienti, li mandano via e se ne stanno ad ascoltare le mosche che passano, gente che si accalca attorno all’unico camion carico di passaggio e che compra materassi di cui non ha bisogno (perché non sa quando e dove poterseli procurare, quando e se dovesse averne bisogno). Chi ha avuto la ventura di vivere per qualche tempo dove la proprietà privata non è consentita ha visto gente arrampicarsi l’una sulle spalle dell’altra, per raggiungere finestrini attraverso i quali i materassi venivano schiacciati e passati alle mani avide e ansiose dei molti acquirenti; ha visto gente fare la stessa cosa, per farsi passare dal sottotetto scarpe di qualsiasi numero (perché tanto non solo mancava la possibilità di scegliere, ma anche quella di comprare scarpe di qualsiasi tipo/e perché qualcuno cui far indossare qualunque numero, in famiglia, si sarebbe trovato). L’Italia di tutto avrebbe bisogno tranne di piombare in una simile abiezione (e neppure tutto il resto del mondo -mi permetto di dire-).
L’Italia (e, alla lontana, il mondo) avrebbe bisogno di un miracolo o dell’avverarsi di un sogno: se i centri, le destre e le sinistre varie (di qualunque angolazione) mettessero insieme il rispetto per la gente, per l’ambiente, per la nazione e… per la vita (in primis), dimenticando i contrasti, gl’interessi di parte, le ‘poltrone’, le stanze dei bottoni, il tornaconto e i compromessi infiniti (visibili e invisibili) tale sogno potrebbe avverarsi, ma… temo, purtroppo, che così non sarà mai…
Agl’Italiani faccio gli auguri (anche se non so bene per cosa): sento il bisogno di far loro gli auguri, perché un’ora grave si profila all’orizzonte, un’ora che richiederà ancora e ancora sacrifici e determinazione. Qualunque risultato emergerà dalle elezioni, la parola d’ordine per il singolo sarà ancora e sempre ‘sacrificio’, perché nessun politico potrà esibire le bacchette magiche promesse in campagna elettorale. ‘Remate e vivete’ è il solo motto che mi viene in mente per gl’Italiani: come gli schiavi erano incatenati ai remi sulle galee romane (nel film Ben Hur), noi Italiani saremo incatenati ai sacrifici sempre nuovi che ci verranno chiesti. ‘Remate e vivete / vivete e remate’, ci verrà detto (con provvedimenti/emendamenti/leggi), mentre, con sorrisi e parole si cercherà di farci percepire una realtà illusoria. Auguriamoci soltanto che, tra gli ‘eletti’, qualcuno assomigli al generale romano che fece liberare Ben Hur prima che la galea venisse affondata (e che, come Ben Hur, possiamo essere messi in condizione di compiere nobili gesti utili).
Data la citazione, non posso fare a meno di ricordare il grande Charlton Eston appena scomparso e di rivolgergli un pensiero di addio (l’addio a un mito…). Egli vivrà nell’inconscio collettivo. Il ricordo del suo sguardo indomito (nella parte del principe Ben Hur incatenato ai remi) e di ogni gesto di quel personaggio epico e ciclopico (reso immortale dalla sua interpretazione) è un lascito dal valore incalcolabile per le generazioni di tutte le ere (e lo è infinitamente di più per questa nostra era e per questo particolare suo tempo). La storia del principe Hur finisce bene; vorrei potermi augurare lo stesso per la storia di queste elezioni e, soprattutto, per il futuro dell’Italia e per la sopravvivenza del pianeta. Il finale del film Ben Hur può essere così così sintetizzato: “Il principe Hur trovò la serenità, la pace dello spirito e, finalmente, la fede… Tutto ciò che gli era stato tolto gli fu restituito (reso più grandioso e completo dall’amore)…”
Il finale del ‘film’ della nostra vita mi piacerebbe sintetizzarlo come segue:
“L’Italia fu miracolata con il dono di un governo perfetto, composto da persone coerenti, oneste, incorruttibili e sagge oltremisura, che decisero di fare scelte sempre favorevoli alla vita; il mondo decise di andare in quella stessa direzione, smantellò gradualmente il carrozzone anti-vita attestato attorno alla fissione nucleare, decise di sfruttare le varie energie pulite senza mai smettere di sostenere le ricerche per la realizzazione della fusione nucleare…; i genocidi cessarono e la terra divenne un luogo benedetto abitato da esseri che seppero far coincidere il progresso con la civiltà…”
Finali così si leggono soltanto nelle fiabe, eppure… se l’uomo «fatto non fu per viver come bruto, ma per seguir virtute e conoscenza», perché non potrebbe rinsavire ‘impazzendo di saggezza’ finalmente?
Bruna Spagnuolo