Caro dottor King,
non è la prima volta che le scrivo: la situazione è diversa dal solito perché sto usando una tastiera, ma quando ero bambina le ho già scritto, ricorda? Le ho mandato lettere, dalla mia mente verso le nuvole, e in terza media ho persino composto una tesina sulla lotta per i diritti civili in Usa con la mia compagna di banco. Ho una sua vecchia foto ritagliata da un giornale, in cui lei cammina sottobraccio ad un attivista bianco: state per salire sull'autobus insieme, finalmente insieme, la segregazione è finita. E ho la sua lettera dalla prigione di Birmingham. Con dozzine di altri piccoli pegni, la sua immagine e le sue parole mi aiutano quando sento scemare forza e determinazione.
Come le ho già detto in passato non sono credente, ma so che per lei la fede è stata importante, ed io non disdegno i suggerimenti sensati. Proprio adesso, mi è venuto in mente il profeta Ezechiele. A memoria, credo che abbia detto qualcosa del genere: “Toglierò da voi i vostri cuori di pietra, e vi darò cuori di carne”. Io sto vivendo, dottor King, in un mondo che non mi è mai parso così senza cuore com'è oggi. Povertà, violenza, oppressione ed ingiustizia istituzionalizzata. Ovunque, comunque, senza remissione. Tento di analizzare i fondamenti della situazione, e ossessionante mi si presenta il ritornello del patriarcato, un costrutto che si basa sull'esclusione e si regge su quattro pilastri interconnessi: il dualismo oppositivo, per cui si assume che alcune cose/persone stanno in alto e alcune cose/persone stanno in basso; la gerarchia valoriale che suddivide l'umanità in sottoinsiemi sempre più ristretti; il dominio, che in cima alla piramide della gerarchia pone un piccolo gruppo di persone la cui legittimazione è violenza ad ogni livello e il cui fine è ingordo profitto; l'essenziale disuguaglianza, che considera alcune forme di vita umana un po' “minori” delle altre (quelle di sesso femminile, in primo luogo: il secondo sesso, il bel sesso, il sesso debole...).
Cuori di pietra. Sono necessari alla prosecuzione di questo stato di cose, non c'è dubbio. Se si negano i propri sentimenti, l'empatia, la compassione (quel sentire insieme che è legame umano), il patriarcato promette in cambio potere e autorità: agli uomini, principalmente e per “volere divino” o “legge di natura”, ma alcune donne possono aggregarsi, se riescono a dimostrare una disumanizzazione sufficiente.
Credo che lei sarebbe d'accordo con me, dottor King, se dicessi che chiunque abbia davvero fede e prenda sul serio le Scritture dovrebbe essere conscio della presenza di Dio in ogni altro essere umano che incontra. E credo che non le dispiacerebbe se accostassi il suo lavoro, le sue sofferenze, le sue vittorie e infine il suo assassinio, alla vita di Cristo. Gesù cammina dalla Galilea a Gerusalemme, ascoltando i poveri e i bambini, curando sofferenze, parlando con le donne, cambiando per sempre tutto ciò che incontra. E io penso alla protesta degli autobus ed alla sua gente che cammina, perseverante, coraggiosa, con i piedi stanchi e l'anima riposata.
Lei si sarà chiesto cosa mi leghi alla sua esperienza, oltre ovviamente alla gratitudine, visto che la mia, di esperienza, è così distante e diversa per luogo e per tempo. È che i valori di un predicatore battista, a volte, coincidono con quelli di un'irriducibile ed orgogliosa femminista quale io sono: rispetto per l'altro, eguaglianza, mutualità, interdipendenza, cura.
Il femminismo vede gli ignorati, i dimenticati, gli invisibili. E parla alle donne e agli uomini che sono stanchi del massacro del pianeta, e vorrebbero che la promessa di Ezechiele si avverasse, e avere cuori di carne, sia pure in un mondo di pietra.
Il femminismo non parla dal Sinai, non ha tavole della legge ma solo paziente e costante riflessione, però credo che potrebbe parlare dal Monte delle Beatitudini. Il monte della condivisione del potere, della nonviolenza, della libertà che viene dal conoscere se stessi, e dal riconoscere gli altri. Dove gli individui rifiutano di essere ridotti al silenzio, il femminismo fiorisce. Dove i poveri, i diseredati, le donne, le persone omosessuali, i popoli indigeni, le minoranze, rifiutano di essere pedine sulla scacchiera del patriarcato, e lottano per la propria liberazione, è possibile che il Gesù di cui parlavo cammini con loro. E mi viene naturale pensare, dottor King, che oggi lei farebbe altrettanto.
Maria G. Di Rienzo
(da Notizie minime della nonviolenza in commino, 3 aprile 2008)