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Alejandro Torreguitart. Grazie Raúl che ci fai vivere e sognare…
03 Aprile 2008
 

Oggi telefona il camaján,(1) che poi il camaján sarebbe il marito di mia cugina, quello che traduce e mi fa pubblicare i libri in Italia che il diavolo se lo porti, e fa pure lo spiritoso, lui se lo può permettere, mica ci deve fare i conti con questa vita qui, il massimo che fa traduce, bella fatica, dico io che vivo e scrivo, ma lui fa le battute, ci va giù peso col comico stasera.

Alejandro, mi fa, come la vedi questa Cuba modello cinese che prosegue senza sosta a ritmo di riforme elettroniche? Adesso potete comprare pure il cellulare. Non sei contento?

Ora, io lo ascolto e non m’incazzo, ché tutto sommato i pochi chavitos che arrivano sono merito suo, devo pure stare buono e avere tanta pazienza, però questa storia dei telefonini liberi m’avrebbe fatto due palle come cocomeri, guarda. Il Granma scrive a tutta pagina che il neopresidente cubano ha emesso un provvedimento che legalizza l’uso dei cellulari tra la popolazione cubana, finalmente libera di acquistarli e utilizzarli. Ecco, finché leggo sul Granma le solite cazzate mi sta bene, ci sono abituato, ma sentire un italiano fare lo spiritoso mi manda in bestia. Il Granma aggiunge che prima i telefonini erano utilizzati solo dai funzionari governativi e dagli stranieri, adesso saranno disponibili i cellulari per cubani, Etecsa offrirà servizi di telefonia mobile al pubblico, in collaborazione con Telecom Italia.

Che cazzo ridi camaján, è proprio così, c’avete le mani in pasta pure voi in questa presa di culo telefonica, ché poi vorrei sapere chi se lo compra un telefonino a Cuba con quello che costa e con gli stipendi che pagano. Il camaján prosegue a briglia sciolta, ci va giù duro con l’ironia, dice che dobbiamo ringraziare Raúl Castro, prima legalizza lettori DVD e forni a microonde, adesso pure i telefoni, cosa vogliamo di più proprio non se lo spiega. Adesso Cuba non ha problemi, tutti i cubani comprano lettori DVD, forni a microonde, cellulari come se piovesse e via andare, si vive che è un piacere, si passa il tempo telefonando, un po’ come in Italia che invece di parlare si spediscono SMS. E i gravami eccessivi che tormentano la vostra vita saranno cancellati, insiste, lo ha detto Raúl Castro, vi faranno persino dormire negli alberghi di Stato, guarda. Continua a prendermi per il culo, italiano del cazzo, tanto il telefono lo paghi tu, vai avanti tranquillo, non ti stancare, ché io già lo vedo mio padre con dieci dollari di stipendio prenotare le vacanze a Varadero insieme a ciccioni europei alloggiati per cento dollari al giorno tutto compreso.

Ma vedrai che vi lasciano scrivere pure sui blog, insiste, potrete navigare in rete, senza tanti problemi, sarete il popolo più libero del mondo, tu guarda Yoani Sánchez quanto scrive, la leggo pure io dall’Italia. Ora, come faccia la Sánchez a scrivere su internet mica lo so, a me non lo fanno fare, però il suo sito non riesco a vederlo, non so come mai, forse lo vedrai tu che sei italiano, ma a me non riesce, non sono capace.

E poi c’avete Mariela Castro che fa la paladina dei gay, insiste il camaján, c’è una proposta di legge che garantirà pari diritti a tutti i cittadini, libere unioni omosessuali e chirurgia per il cambio di sesso. Bene, adesso siamo a posto, quasi quasi divento donna, così vado a battere sul Malecón e qualche chavito lo rimedio. Mariela dice che è molto dispiaciuta di quello che ha fatto suo zio ai gay, torture, galera, lavori forzati, campi di concentramento rieducativi, piccoli errori che andranno presto sanati. Fidel si sbagliava, pensava che l’omosessualità fosse un vizio capitalistico, adesso sappiamo che non è vero, mangiare tre volte al giorno è un vizio capitalistico, ma per quello non c’è da preoccuparsi, a Cuba lo abbiamo debellato, i veri problemi sono altri. All’Avana c’è pieno di gay che si vogliono sposare e di checche che chiedono di adottare figli, per Dio! Facciamo qualcosa al più presto, se no questo Paradiso in terra che stiamo vivendo potrebbe vacillare per colpa di pochi disfattisti che rivangano il passato.

Caro camaján, Abel Prieto dice che il matrimonio tra lesbiche e omosessuali sarà approvato e non causerà nessun terremoto, io sono contento, ché c’ho pure tanti amici omosessuali, primo tra tutti Maicol che l’ho messo in un libro, ma queste notizie bomba non riempiono la pancia. Magari Raúl potrebbe dire cosa pensa di fare per la doppia valuta e per gli stipendi che non valgono un cazzo, magari potrebbe suggerire con quali soldi comprare telefonini e DVD, magari potrebbe dare qualche idea su come dormire negli alberghi senza il becco d’un quattrino, magari potrebbe spiegare perché tiene in galera chi non la pensa come lui e perché non siamo liberi di andare in giro per Cuba senza permessi e come mai non permette l’uscita dal Paese. Magari… Chiedi troppo, fa il camaján, contentati dei cellulari, ora sono liberi, magari te ne compri uno e la prossima volta chiami tu. Non ti rispondo che è meglio, guarda. Grazie Raúl che ci fai vivere e sognare, quasi meglio di Totti, più della magica Roma, lanciato verso un futuro di riforme che faranno di Cuba un Paese moderno e vitale, una nuova Cina. Non dovete essere disfattisti. Dovete credere nel futuro d’una rivoluzione infinita che non può finire, per Fidel e Che Guevara che hanno lottato sulla sierra e sconfitto Batista.

Ti sei fatto di roba pesante, camaján? La pazienza ha un limite e i soldi di Adiós Fidel mica li ho visti, magari manda un anticipo che compro riso e fagioli per il prossimo mese, invece di dire cazzate. Grazie Raúl che ci fai vivere e sognare, canticchia quel fesso d’italiano in sottofondo e io mica lo capisco perché ride tanto, non ha di meglio da fare, si vede. D’un tratto mi viene a mente una cosa, non potevo pensarci prima invece di stare ad ascoltare queste menate, è il primo d’aprile, cazzo d’un italiano che m’hai preso in giro come si deve. Attacca vai e passami mia cugina che almeno parlo spagnolo come si deve, fesso d’un camaján

 

Alejandro Torreguitart Ruiz

L'Avana, 1° aprile 2008

Traduzione di Gordiano Lupi


Nota al testo

 

(1) Camaján è lo straniero che conosce bene Cuba perché è stato sull’isola molte volte, quasi un cubano d’adozione.

 

 

Questo racconto inedito che Tellusfolio è lieto di pubblicare per primo in Italia, casca a fagiolo anche per annunciare l'uscita presso le Edizioni Il Foglio (la casa editrice del Camaján...) del nuovo libro di racconti di Alejandro Torreguitart Ruiz.

 

 

Alejandro Torreguitart

Adiós Fidel

All'Avana senza un cazzo da fare

EIF Edizioni Il Foglio, pagg. 184, € 15,00

 

Il titolo della raccolta è Adiós Fidel, preso da un recente racconto politico, prontamente integrato da All'Avana senza un cazzo da fare, perché il cuore delle storie riguarda la vita quotidiana. All'Avana, in tempi di periodo speciale, c'è poco da fare, a parte inventare il modo di mettere insieme il pranzo con la cena. E allora seguiamo Alejandro nelle peripezie a caccia di mulatte, mentre si esibisce con il gruppo, quando pensa al romanzo da pubblicare e nei ricorrenti sogni di fuga.

Nella parte politica l'autore ironizza sugli eventi cubani più importanti, ma spesso si lascia prendere la mano dal dramma, piange per la fucilazione di poveri ragazzi che scappano, ricorda la fanciullezza accanto alla madre e attende la morte di un nonno comunista malato di tumore. Il sarcasmo del giovane cubano imperversa nei racconti migliori e non risparmia nessuno, da Chávez ad Alarcón, passando per Perez Roque e Carlos Lage, per arrivare a Fidel e Raúl. (Gordiano Lupi)

 

 

ALCUNI STRALCI DAI RACCONTI

 

E a me viene a mente una sera dopo una festa sul Malecón, c'era ancora Juliana allora, ridevo, scherzavo, dicevo che un giorno avrei sequestrato la lancita e sarei fuggito a Miami, come una volta qualcuno lo aveva già fatto, non è mica lontana Miami, dicevo. La sera d'estate, quando il rum è finito, mi capita spesso di stare appoggiato a quel muro di vecchio granito a guardare le stelle, forse aspetto un soffio di vento, qualcosa che mi dia una speranza, chissà. Il vento porta sapore di mare ed è già abbastanza. Dài che lo facciamo, diceva Juliana. Un giorno o l'altro.

Lei adesso è fuggita, è scappata davvero a Miami. Un uomo, una lancia, una cosa qualunque, fuggire. E io sono qui che rimpiango e magari mi capita spesso di dire domani lo faccio, un giorno di questi che non so proprio trovare un motivo per andare avanti, un giorno lo faccio.

 

 

Forse è meglio suonare, guarda. Basta che non venga fuori il solito italiano stronzo a chiedere Hasta siempre, ché un giorno o l'altro la batteria gliela suono sulla testa a questi comunisti che sanno un cazzo cos'è il comunismo.

 

 

Gli eroi non fuggono, restano fedeli a una città perduta, si adattano al quotidiano per sopravvivere, ché motivi per scappare ne avrebbero tanti, ma restano attaccati alla loro terra solo per il terrore della nostalgia.


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