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Ambra Banelli: Curare il silenzio. Nota di Anna Lanzetta
Socrate, Louvre
Socrate, Louvre 
01 Aprile 2008
 

È sempre un piacere constatare come anche studi tecnici, se variegati su un’informazione umanistica, possano formare menti predisposte a uno studio sui fattori essenziali dell’educazione.

Ambra Banelli si pone in quest’ottica e dopo d’aver conseguito il  Diploma in Elettrotecnica e automazione presso L’ITIS “A. Meucci” di Firenze, ha scelto di iscriversi alla facoltà di  Scienze della formazione di Firenze, Corso di Educatore Professionale socio-relazionale, per proseguire il dialogo educativo iniziato in un istituto tecnico.

La tesina, che per sua concessione presentiamo, è una testimonianza dell’amore riposto nella ricerca della formazione per lo sviluppo della personalità dell’individuo che passa attraverso la “cura” come scoperta e consapevolezza di sé.

- La “cura”. è quindi un formarsi per cercare, per scoprire, per crescere e per vivere, è un formarsi per formare, per dare e per ricevere, per dialogare ed ascoltare per comprendere anche i silenzi come pausa incisiva: scegliere dunque non farsi scegliere (Cambi, 2006), all’interno di una società di valori quasi astratta ed incorporea-.

-Il silenzio è la più elevata forma di ascolto e di dialogo contemporaneamente e di comunicazione perché implica il condurre tacitamente alla piena conoscenza dell’altro; il dimensionarsi a un livello appropriato rispetto all’altro; ascoltare le parole dosandole profondamente; formulare un pensiero conseguente riflessivo rispondendo allo stesso piano meta-emozionale dell’altro-.

Non c’è momento più esaltante per un insegnante che riscoprire le doti eccezionali dei propri allievi e collocarsi dopo di loro.

  

                                                                           Anna Lanzetta

 

 

 

Ambra Banelli: Curare il Silenzio

 

1. Introduzione

 

Un concetto diammetricalmente opposto alla realtà  conscia dell’individuo umano, si basa sulla consapevolezza del non accettare talvolta ciò che si denominano come propri limiti, più specificatamente i limiti soggettivi della propria abilità quotidiana. Partendo dal presupposto che l’ iniziativa dell’essere umano è disporre ed applicare la propria abilità operazionale in dati contesti predefiniti, possiamo provare a concepire un’idea di soggetto vivo attraverso la propria cura e la cura degli altri all’interno di un processo lento e trasparente. La metodologia applicativa di una formazione consona all’essere si colloca sull’assumere delle nozioni per poi elaborarle e svilupparle con criticità ed autorevolezza per costituirne il proprio pensiero. In una vita come quella odierna, iniziare a soffermarci sulla propria personalità ancor prima del proprio senso estetico e gustativo non è una dote da sviluppare, bensì da ri-scoprire per poterla donare agli altri. Ecco che si impersonifica, in un concetto sublime, una figura che prende immagine attraverso prospettive istituzionali e funzionalità educativa-formativa: la cura. Proveremo ad analizzare come il concetto di cura rivesta un ruolo sempre più fondamentale all’interno di una società frettolosa, fuggitiva ma, allo stesso tempo, bisognosa di piacere e di essere. Un corpo sociale che deve ritrovare la propria identità alla luce di un contesto attuale storico-evolutivo, che deve essere alimentato da determinati principi quali pluralismo, dubbio, confronto, ascolto, intesa, che deve abbracciare la democrazia del dialogo articolandone la fisionomia, la funzione ed i valori (Cambi, a cura di, 2007). Concetti alla base di un mondo in evoluzione risultano fondamentali solo se prendono forma dentro le esperienze emozionali di ciascun soggetto e non solo se accettate dall’essere umano come recettore di luoghi comuni. Ecco perchè è necessario, ai fini della comprensione della cura, essere soggetti attivi e pensanti con una propria consapevolezza dell’essere io come interprete unico nella globalità (Cambi, 2006) ed attraverso la globalità riconoscersi uomini. L’ evoluzione del concetto di cura richiama disponibilità nell’interlocutore, incontrare l’altro per osservarlo e renderlo consapevole delle sue potenzialità, accompagnandolo, cullandolo, sorprendendolo, curandolo, entusiasmandolo (Boffo, a cura di, 2006). Un processo meta-critico verso l’ottica di una società moderna ma irrinunciabilmente esemplare per la costituzione di una persona nella sua complessività. Il contesto e la con-testualità ci trascinano ora nel bene ora nel male della vita e questo è utile per introdurre lo sviluppo del pensiero principe dello statuto vero della post-modernità, ovvero l’esigenza di un soggetto competente ed interrogativo di fronte allo status forma dell’ essere, essere per agire, essere qui ed ora, essere per gli altri ed essere con gli altri. Tuttavia è necessario tener sempre presente l’ideologia e lo scopo del perché lo faccio, del perché mi trovo a farlo: porsi domande è la natura dell’uomo, è ciò che tiene vivo il proprio latente bisogno di spiegazioni, serve per annientare la faccia multipla passando dal sé per esserci al sé per essere (Boffo, a cura di, 2006).

Vedendo ravvicinati i radicali slogan informativi a volte si perde la vera concezione formativa e la crisi del soggetto è alle porte, è un equilibrio precario tra forma e convinzione che  solo colui che costantemente si forma e ricerca riesce a superare. E’ quindi un formarsi per cercare, per scoprire, per crescere e per vivere, è un formarsi per formare, per dare e per ricevere, per dialogare ed ascoltare per comprendere anche i silenzi come pausa incisiva: scegliere dunque non farsi scegliere (Cambi, 2006), all’interno di una società di valori quasi astratta ed incorporea. Essere protagonisti di noi stessi è il primo passo per diventare dei buoni curatori della propria anima e dell’anima  degli altri, a volte vicine altre lontane ma sempre presenti per arricchire e dare forza e coraggio per accettare noi, tutti, soggetti in crisi in una pura percezione di magica ricerca di essere non per apparire ma a servizio degli altri, dove per altri intendiamo affetti personali e collettivi, ascoltare i propri bisogni per poterli capire e risolvere per redimerli alla società.

  

2. L’esposizione alla formazione

 

Definire il concetto di formazione così razionalmente e linearmente risulta assai difficile, proprio per la molteplicità di concetti che racchiude e socchiude questa parola. La formazione è la formazione umana dell’uomo, che dà forma al soggetto  per tutto il corso della vita, attraverso processi culturali, di apprendimento, di inculturazione, di insegnamento e di educazione che danno forma e conformi alle emozioni, all’affetto, allo spirito dell’individuo (Cambi, 1999). La parola chiave formazione, viene consegnata dal mondo antico, in particolare dal mondo greco, dove il sapere sulla paideia non individuava solo la formazione del bambino ma mirava proprio alla costituzione e costruzione dell’uomo in quanto futuro cittadino della polis. I greci per primi considerano l’importanza fondamentale di quel processo di saggezza interiore ed interminabile alla quale deve propendere l’esistenza dell’uomo. Il concetto di paideia prosegue poi nell’arco della storia dell’Occidente con la riflessione cristiana sulla paideia christi che vede però non la formazione individuale ed interiore dell’uomo ma la visione dell’uomo ad immagine e somiglianza di Dio (cit.01-12-2007). Il percorso della formazione attraversa nell’arco dei secoli molteplici condizioni rapportate allo stile di vita, alla cultura ed alle riflessioni delle varie epoche perfezionandosi e raffinandosi (Boffo, a cura di, 2006) basandosi comunque sulla matrice originaria storico-filosofica greca. Ritrovare la formazione oggi attraverso un excursus nel tempo, significa percorrere tempi generazionali che hanno influito nel modo di pensare, di comprendere e di trasmettere tale puro sapere nell’individuo . La paideia è la ricerca culturale ed è la base filosofica che riscatta l’uomo dai piaceri e dalle razionalità terrene per cercare di individuarne il senso più veritiero. La formazione passa da processi di crescita umana come la crescita biologica, percorre le vie dell’inculturazione e quindi entra nell’ambiente in cui l’individuo nasce e cresce, attraversa l’educazione e quindi permette ad un soggetto di mettersi in relazione a più livelli all’interno di una galassia (Cambi, 1999). Questi presupposti convalidati, ci permettono di individuare proprio un mondo infinito, un qualcosa senza limiti e confini, uno spazio così ampio ed interminabile da non poter essere occupato tutto. Questo spazio lo potremmo collocare proprio in noi stessi; è lì che possiamo camminare per incondizionatamente cercare e ri-scoprire la vera formazione. Conoscere noi stessi e quindi analizzare il proprio inconscio anche attraverso una critica dell’anima e della mente, permette di scoprire una nuova individualità ma non vista attraverso un cambiamento retrospettivo dello spirito bensì rifondata su basi categoriche e coscienziali ferme, precise e consapevoli. Ovvero, l’ esistenza di un uomo non è forse a più livelli costituita dalla ricerca continua del soddisfare le proprie passioni per poterle anche riservarle all’altro? Se porgersi all’altro attraverso la vera conoscenza ed introspezione di se stesso vuol dire mettere al nudo la propria anima, allora abbiamo preparato il terreno per accogliere la formazione. E’ proprio un’accoglienza ed una predisposizione che l’essere deve avere ed ha il dovere di tenere nei confronti della formazione perché è la forma più alta per la costituzione del soggetto. Formare e formarsi continuamente per formare anche l’altro, in un’ottica di soggetto valorialmente connotato in una responsabilità reciproca e vicendevole con l’altro, vuol dire concedere ascolto empatico, concedere cultura per una libertà soave alla propria persona, vuol dire costruire la propria identità basata su un concetto di base culturale ma infinitamente pratico che è anche la base dell’epistemologia pedagogica (Cambi, 2006). Una scienza redatta su un sapere condiviso internazionale che si fonda su una base teorica e prassica che teoreticamente ricerca la propria cultura per elevare la mente dell’uomo ma insieme praticamente riconosce come di fronte all’altro ascoltare se stesso.

 

3. La disposizione alla cura

 

Ripercorrendo i miti greci per poi passare all’attualità, la cura si introduce come una riflessione filosofica e fondamentale all’interno di un panorama essenziale per lo sviluppo del fanciullo e quindi una cura non solo ed esclusivamente di tipo assistenziale (Catarsi, Fortunati, 2006). Questo concetto preliminare introduce come la cura non sia basata su uno stereotipo comune e quindi non si tratta di cura medica, cura estetica ma è la cura della vita della mente attraverso la cura del pensiero, dell’anima e dello spirito. La cura è l’aver cura della vita della mente, è la vera consapevolezza di una conoscenza approfondita dell’essere intimamente un uomo visto come soggetto protagonista della società: è la mente che guida il corpo, il pensiero, la persona. La cura fa parte del mito e del pensiero greco ed entra nell’occidente come un concetto filosofico riscoperto e ritrovato. Il ruolo centrale della cura è proprio occuparsi del soggetto dal punto di vista interiore e quindi dal punto di vista di nozione e disposizione (Boffo, a cura di, 2006). Curare, sentirsi curati e curare l’altro è un alto livello di coscienza incarnata sul profondo dello spirito perché è lo spirito che come pneuma dell’uomo avvolge come in un soffio l’animo leggiadro ma ricco di ogni uomo. Individuare quindi un concetto preciso che ben definisca la cura è assai complesso in quanto come per la formazione com-porta un mondo infinito di azioni, pensieri e pratiche da agire. Poter applicare le riflessioni sulla pedagogia come scienza dell’educazione ad una logica quotidiana, significa dare un senso e porsi un senso, nel ricercare il legame che lega, può e deve legare l’assimilazione di un pensiero al concretizzarlo per se stesso e per l’altro (Cambi, 2003). Il ruolo della cura come azione e fine formativo è importante ed esclusivo pur assistendo ad una sorta di metamorfosi della cura al passo dei tempi e delle epoche. Per approfondire da un punto di vista sociale, etico e pratico la cura, abbiamo bisogno di definire due concetti chiave: formazione e relazione.

La formazione è il senso assoluto della ricerca della forma mentis perfetta e profonda che l’uomo deve continuamente cercare e ri-cercare nell’arco della propria esistenza e congloba tutti gli elementi menzionati nel capitolo precedente.

La relazione è l’ordine teorico della cura è il rapporto tra religo come legame che ci unisce all’altro e fero come il portare ed il com-portare verso l’altro dandomi un orientamento di senso (cit.12-01-2008). E’ quindi interessante ripercorrere ed analizzare riflettendo sulle fonti filosofiche, storiche, educative e pedagogiche per realizzare la cura come parte del patrimonio che sempre è esistito nell’uomo e che nei tempi ha subito metamorfosi interpretative modellandone il senso. L’individuo deve saper realizzare la cura come chiave del fondamento pedagogico, interpretandola e vivendola nelle pratiche quotidiane proprio per stabilire il nesso tra pratica e teoria che circoscrive l’ambito pedagogico, trovando il legame tra le due dimensioni per poi questionarle e viverle nell’apertura più assoluta e completa dell’esistenza quotidiana, attraverso i nostri affetti, le nostre emozioni, le nostre azioni.

 

4. Il giusto compromesso: cura e formazione

 

Volendo affrontare l’ordine pedagogico paragonandolo ad una figura di fatto geometrica ma in teoria ricca di molteplici significati, ci troviamo a sviluppare l’espressione dell’essere attraverso la formazione e la cura. La cura della vita del pensiero dell’uomo soggetto è corrispettivo della formazione ma formarsi non è forse il metodo più elevato per prendere cura di noi stessi? Non è forse un interscambio tra due fondamenti che si uniscono per garantire un soffio di respiro all’uomo? Non è forse quasi impossibile attribuire ciò che è l’inizio e ciò che è la fine di un cerchio formato da un insieme infiniti di punti? Punti che potremo individuare come un susseguirsi di immagini, dove per immagini ci riferiamo alle figure teoretiche che riguardano la scienza dell’educazione e la storia della pedagogia, che si rincorrono in un circolo vizioso. Un moto uniforme e continuo per arrivare alla fine accorgersi che coincide con l’inizio. Il rapporto tra cura e formazione è stretto e saldo è vicendevole e contiguo è un contesto nato per essere aperto alle basi alla struttura alla radice. Tra cura e formazione c’è un’uguaglianza, una complementarietà, una retrospettiva di scene (Heidegger, 2005). Il cerchio come vortice come linea interminabile ed interminata che percorre un presente per poi ridiscutere il passato. Quindi vedere il rapporto tra cura e formazione non solo come un articolato e complesso insieme da apprendere ma in definitiva da com-prendere ed analizzare attraverso un occhio critico. Sicuramente oggi si è perso l’essere soggetto ed attore protagonista della vita essendo orientati solo sull’essere oggetto e per l’oggetto, questa forma di spaesamento che dovremmo riscoprire per abitare il disincanto cioè esercitarsi alla cura della mente, per la cura dell’altro, del mondo di se stesso. Abitare il disincanto come la ricerca di una forma mentis alternativa in una società tecnologica e quindi non imporre la propria condizione ma la ricerca della libertà senza dominare l’altro per affermare se stessi (Cambi, 2006).

Propendere dunque al confronto con quello che è l’essere uomo e con quella che è la società significa andare l’uno incontro all’altro, a servizio dell’altro e con l’altro a far rinascere quel che nel cammino temporale ed epocale si era frantumato.

 

5. Un equilibrio inamovibile

 

Dopo alcune brevi considerazioni storico-filosofiche ed educativo-pedagogiche, possiamo giustificare, l’importanza energica e potente di cura e formazione. E’ vero che in termini educativi, filosofici, linguistici esistono molteplici concetti chiave e discorsi completi su queste due nozioni essenziali, ma prendere in mano per riflettere e discutere ciò che inglobano non è mai futile ed inutile. La verità sta nel comprendere  che cura e formazione non sono dinamiche precarie e volatili ma ferme e giuste e sta all’uomo argomentarle riscoprendole interamente. Se infatti agli antichi sta il primato di aver sviluppato l’incanto della disposizione e della esposizione di cura e formazione, al soggetto sta il piacere di raccogliere ciò che di natura l’uomo vivente possiede. Correlare il bene ed il male, il giusto ed il sbagliato, il vero ed il falso non è una prerogativa pensata ma è solo ciò che deriva dalla scoperta interiore. Se l’uomo analizzerà criticamente il proprio vissuto per rielaborarlo e rifletterlo nuovamente, riuscirà a camminare in un’altra prospettiva più leggiadra, fluida e consapevole. Se altresì l’uomo agirà senza questionare o porre domande si ritroverà, al meglio delle ipotesi, a ripercorrere il cerchio virtuoso della vita ma non a migliorarlo perché sfocia solo in un’arroganza verso la vita della mente stessa. Tutto ciò che ruota, vive, nasce e fiorisce è come una melodia che in un dolce suono fa danzare chi è disposto e voglioso di danzare, chi si apre alla libertà, chi si concede ad un volo, chi cade trovando la forza di rialzarsi. La morte, il nulla, la pigrizia e l’oblìo sono come la nota stonata della melodia stessa, sono come l’annullamento dell’identità dell’essere. Questo guardando oltre il senso sistematico delle cose. A volte infatti risulta imprescindibile utilizzare la serialità degli eventi per costituire il filo, la dorsale che lega il pensiero, la mente, l’anima e lo spirito. Ovvero dovrebbe restare fermo il concetto per poi da lì iniziare a sviluppare l’argomentazione; invece oggi giorno si usano temi, concetti, meditazioni, riflessioni o anche solo parole per introdurle in un contesto non attinente all’oggetto di riferimento nella vita come nel cartaceo come nella parola come nel mondo digitale (Bandini, Bianchini, a cura di, 2007). Il mondo sfugge ma perché noi lo facciamo fuggire: non siamo vittime ma utenti principali. Il nesso quindi sta nel desiderare una forma elevata che si impersonifica nella cura e nella formazione ma non sognandole bensì agendole per poi contestualizzarle all’interno di un cerchio che formerà quindi quella rindondanza biunivoca tra chi parla e chi ascolta, chi insegna e chi apprende, chi scrive e chi legge (Boffo, a cura di, 2006).

 

6. Conclusione

 

Attraverso l’ elaborazione di un percorso progettuale sul collocamento della cura formativa nell’io individuo e collettivo, possiamo arrivare a specificare l’evoluzione del soggetto nella società potendo concludere elaborando la cura e la formazione come grazie riscoperte.

Ciò che nei tempi è stato accuratamente studiato, elaborato e pensato non può essere solo un dato conservato per una consultazione indicizzata e catalogata per il solo fine di acquisire cultura o nuove vedute. Proprio dall’inizio dovremo partire per conseguire il nostro senso più profondo. Ciò che la soggettività e l’individualità umana ci sussurrano spesso vengono lasciate in secondo piano mentre è un nostro dovere nei confronti del tempo, del creato e degli altri -con tutto ciò che socchiude il concetto di altri-riscattarlo. Il riscatto dello spirito, del pensiero, della persona umana dovrebbe essere in primo luogo un piacere ed un’aspirazione del soggetto per raggiungere ciò che di più elevato è presente dentro di noi. Ascoltare quindi con cura e profondamente tutto ciò che l’altro ha da offrire. Quindi da libri editi nei tempi, da manuali e da riviste, da interviste e cataloghi, dalla parola all’azione in un’unica direzione: fermarci. Fermare la razionalità e l’impulsività per un istante, che poi scoprire essere eterno, al fine di spogliare noi stessi. La figura di ciò che è statico e lentamente vivo la possiamo connotare nel silenzio. Di ciò che non si sente, non si muove ma sussiste. Sempre, ovunque noi siamo accerchiati dal silenzio ma purtroppo è un silenzio controindicativo e non retroattivo; invece è nel silenzio che dobbiamo ascoltare per interpretare fedelmente in una dipendenza biunivoca che fonde in un unico volto due o più persone democraticamente conciliate. Nella calma se ne vanno numerosi attimi non effettivamente indispensabili, la mancanza di frastuoni è il puro ascolto, il silenzio è il portare alla luce quel che spesso viene nascosto volutamente. Nel silenzio si può scoprire un mondo parallelo che a volontà dell’uomo può diventare saldo con la vita quotidiana soprattutto se tale concetto siamo disposti mentalmente a criticarlo obbiettivamente. Il silenzio è la più elevata forma di ascolto e di dialogo contemporaneamente e di comunicazione perché implica il condurre tacitamente alla piena conoscenza dell’altro; il dimensionarsi ad un livello appropriato rispetto all’altro; ascoltare le parole dosandole profondamente; formulare un pensiero conseguente riflessivo rispondendo allo stesso piano meta-emozionale dell’altro. Quindi di conseguenza induce a non subirlo passivamente come tempo improprio dello scorrere volatile dei minuti. Tante dunque sono le figure che possiamo associare a quelle della cura e della formazione, tante lettere, musiche e immagini vivono per la cura e per la formazione sta a noi accettarle o meno. L’atmosfera che noteremo se approfondiamo questo mondo sarà completamente ruotata rispetto alla visione reale e qui ne deriva anche la finalità di tutto: l’etica al fine del comportamento, la formazione al fine della ricerca del buon com-portamento, la cura al fine della disposizione al ben-essere ed il silenzio come analisi per accogliere la mera consapevolezza di essere un uomo terreno, nudo innanzi al proprio spirito. Valorizzare, in conclusione, un tipo di pedagogia critica come strategia tattica da applicare nell’educazione, rendendo autentici e coerenti i saperi educativi (Cambi, 2006).

«L’uomo può vivere, e non solo sopravvivere, in funzione della cura che gli oggetti primari, la madre o il padre, avranno saputo accordargli. La risposta di ogni soggetto a tanto interesse è la concessione di una rinnovata cura nei confronti di coloro che, per primi, l’avranno interpretata. E’ possibile asserire che la cura innerva il circolo comunicativo delle relazioni umane, anzi ne determina lo spessore dell’intensità e i gradi della profondità» (Boffo, 2006, pp.180-181).

Queste parole racchiudono tutto ciò che è il senso della vita, della formazione umana e della magia che perpetua ad ognuno di noi dietro od accanto sta, basta solo giocare con lei ed essere aperti ad accoglierla spontaneamente con libertà e sincerità per poter costituire un soggetto completo, nuovo, critico, democratico ed eternamente alla ricerca della consapevolezza di essere semplicemente uomo.

 

  

7. Riferimenti bibliografici

 

Bandini G., Bianchini P., a cura di, Fare storia in rete. Fonti e modelli di scrittura digitali per la storia dell’educazione, la storia moderna e la storia contemporanea, Roma, Carocci, 2007

Boffo V., a cura di, La cura in pedagogia. Linee di lettura, Bologna, Clueb, 2006.

Cambi F., Enciclopedia del corpo, Roma, Treccani,, 1999.

Cambi F., Manuale di storia della pedagogia, Roma-Bari, Laterza, 2003.

Cambi F., Abitare il Disincanto. Una pedagogia per il postmoderno, Torino, Utet Università, 2006.

Cambi F., a cura di, Laicità, religioni e formazione: una sfida epocale, Roma, Carocci, 2007.

Catarsi E., Fortunati A., Educare al nido. Metodi di lavoro nei servizi per l’infanzia, Roma, Carocci, 2006.

Heidegger M., Essere e tempo, Milano, Bompiani, 2005.

8. Citazioni

Boffo V., La cura in pedagogia: tra famiglia e a scuola, 01-12-2007.

Boffo V., La cura in pedagogia: tra famiglia e a scuola, 12-01-2008.

 

 

 Ambra Banelli frequenta all'Università di Firenze il Corso di laurea  per "Educatore professionale socio-relazionale".
La "Tesina" qui presentata fa riferimento al "Corso di pedagogia generale" dove è docente Vanna Boffo


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