Ho ascoltato qualche sera fa il ministro Di Pietro esporre alcune sue opinioni, dichiarando che non vuol fare il ministro di Grazia e giustizia, bensì mantenere il dicastero delle Infrastrutture. Bene: sono desideri legittimi, ed è onesto da parte sua come esponente della coalizione di Veltroni (che dunque non è vero che corre da solo) dire ciò che ha pattuito col premier designato; intende mantenere lo stesso ministero perché ha in corso molte iniziative e una politica già impostata; intende continuare un'opera iniziata e interrotta dalla caduta del governo Prodi (non è che lui ha dato qualche spinta allora? mi era sembrato, chiedo scusa).
Come lo capisco! Anche la Commissione Uranio impoverito ha dovuto superare molte difficoltà interne ed è arrivata a un punto importante e, per una parte, conclusivo del suo iter, e ora bisognerebbe continuare con altra definizione delle tematiche (riducendo e precisando) specialmente sulle popolazioni civili.
Purtroppo -se sarò eletta- non sarò più in Senato, e non potrò continuare l'opera che sarà da consegnare ad altri/e.
Tornando a Di Pietro, l'ho sentito dire con grande passione e convinzione che continuerà a fare Tav a gogò perché così si fa il bene del paese, sviluppando le ferrovie e non le autostrade. Ovunque? anche riducendo le Alpi un formaggio gruviera a furia di trafori? anche passando per il Carso? magari facendo una Tav nelle Cinque terre? via!
È un ragionamento sincero, ma a mio parere sbagliato. Non siamo affatto un paese sovrano in fatto di gestione del nostro territorio: abbiamo una politica estera, che può diventare più aggressiva con il “nuovo” concetto di difesa (non più difesa del territorio, bensì degli interessi nazionali ovunque nel mondo -suppongo che De Gregorio glielo avesse detto- anche con strumenti di intervento rapido): sicché si possono identificare gli interessi nazionali coi pozzi di petrolio dell'Eni a Nassyrja. (Ho intenzione di chiedere una commissione parlamentare d'indagine dato che alcuni carabinieri sono disposti a testimoniare, così come sull'uranio in Libano e la sorte dei nostri militari che stanno lì in missione d'interposizione).
Ma anche sulla gestione e destinazione interna del nostro territorio non possiamo decidere del tutto. È il caso di cominciare a tener conto delle nuove multinazionali, che non sono più solo di produzione, bensì anche di commercio. Il WTO decide che tutte le merci debbono sempre stare su strada, in viaggio, e potendo decidere come potere forte (cioè non controllabile) e non trovare resistenza alcuna, ridurrebbe la terra a un deserto percorso da balle di immondizia. Già lo vediamo: l'Italia è considerata un paese nel quale si può mandare qualsiasi cosa, anche pomodori ogm in Campania, mele piene di pesticidi in Sudtirolo, patate immortali in Lombardia e comperare immondizia ben imballata da far viaggiare avanti indietro nel mondo, così la “merce” si valorizza.
E l'emergenza diventa normalità e si riproduce in eterno, alimentando i poteri criminali che fanno commercio di immondizia. Diminuire la produzione di rifiuti comporta un diverso modello di rapporto con la produzione agricola e la riscoperta del disegno di Samir Amin dello “sviluppo autocentrato” fatto di valorizzazione di tutta la produzione locale, diminuzione delle percorrenze delle merci, accordi con i produttori anche con trasporto diretto dai contadini, con riduzione di intermediazioni e di faraonici centri commerciali che distruggono il comodo (anche per le persone anziane) negozio o mercato sotto casa.
Insomma un nostro disegno che non vede l'Italia come un paese distrutto da strade autostrade ferrovie senza regole e che cancellano anche terreni agricoli pregiati, e lasciata fare alcune produzioni di nicchia, come jacht di superlusso, scarpe di Prada; e ogm per i cittadini e le cittadine trasportati in navi carri ferrovie camion con grande spreco irrazionale di imballaggi non riciclabili e non riducibili in compost per l'agricoltura, ma solo in alimento per le varie mafie.
Insomma non mi ha convinto, nonostante la passione che credo sincera. Ma occorre anche una informazione generale e la conoscenza di tutte le connessioni, cioè la politica. Invece una gestione separata dei vari ministeri, con decisionismo finale del Capo del governo mostra una propensione pericolosissima verso forme di democrazia autoritaria, alla faccia della proclamata “partecipazione” e “democrazia multilivello”. Il rischio mortale di queste elezioni, cui non fanno ostacolo, anzi lo fomentano e prediligono sia Berlusconi, sia Veltroni, sicché il voto per loro, non solo non è utile ma in verità dannoso.
Lidia Menapace