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Anna Lanzetta: La pittura come cronaca: “La zattera della Medusa”
T. Gèricault,
T. Gèricault, 'La zattera della Medusa', 1818-19, olio su tela, Louvre, Parigi 
25 Marzo 2008
 

“La pittura come cronaca” fa parte del progetto modulare: Diritto all’arte per gli studenti degli istituti tecnici.

In questo lavoro, abbiamo scelto di analizzare il dipinto di Theodore Gericault La zattera della Medusa, per il suo realismo e la sua drammaticità.

Nel 1816 si verificò il naufragio della fregata francese Medusa. Nel 1818-19, Gèricault dipinse il quadro: La zattera della Medusa. Quest’opera segna la crisi del Neoclassicismo, perché, a differenza dei dipinti neoclassici, che illustravano scene mitologiche o di storia antica, con il bello ideale e la purezza delle forme, rappresenta un episodio di cronaca realmente accaduto e anche molto crudele; l’opera, presentata come una fotografia dell’accaduto, non era destinata a persuadere ma a informare.

Gericault illustra la scena come una notizia giornalistica, cosa che nessuno aveva mai tentato prima di allora e il quadro assume nel contesto un significato metaforico: l’umanità va irrimediabilmente verso la deriva; i progetti dell’uomo sono destinati a naufragare, poiché la speranza è in balia delle onde.

Allievo di Jaques-Luis David, Thèodore Gèricault (1791-1824), soggiornò tra il 1816 ed il 1817 in Italia, dove ebbe modo di studiare le opere di Caravaggio e di Michelangelo, che influenzeranno molto tutta la sua produzione artistica. Questo influsso è particolarmente evidente in questa tela, dipinta subito dopo il suo rientro in Francia ed esposta al Salon di Parigi nel 1819.

 

L’opera suscita nell’osservatore meraviglia e riflessioni per la forte drammaticità con cui il pittore raffigura la scena, che rievoca il naufragio della nave Medusa, partita per il Senegal e affondata nel 1816 al largo delle coste nordafricane.

Gericault sceglie di rappresentare il momento in cui un gruppo di 15 naufraghi superstiti, alcuni dei quali li raffigura distesi, privi di sensi, accanto ai cadaveri dei compagni, sta per essere soccorso, dopo essere andato alla deriva per 12 giorni, dalla nave Argus, che ha le vele appena visibili alla destra del dipinto, appena sotto il braccio del marinaio di colore.

Il fatto suscitò grande scalpore tra il popolo, per la morte di queste persone e per la responsabilità dei politici dato che i soccorsi arrivarono dopo molti giorni.

Le critiche che si scatenarono su Gericault e su quest’opera in particolare, riguardano l’uso dei toni molto scuri come il nero e il marrone, contrastati dai toni giallo-bruni, che erano contestati dal Neoclassicismo, proprio perché questi colori creavano un effetto molto violento.

La scena più drammatica del dipinto è rappresentata dal gruppo di naufraghi che si addossano l’uno all’altro per farsi notare dalla nave Argus ed essere tratti in salvo. Il gruppo crea così un movimento a salire da sinistra verso destra che culmina nella figura sporgente in avanti del marinaio di colore. La presenza di questo personaggio è molto importante ed è un elemento di modernità; infatti Gericault, ponendo nella scena questo marinaio di colore, presentava il problema del razzismo, che a quel tempo era molto facile trovare, nonostante la recente emanazione della carta dei diritti

dell’uomo.

I personaggi esprimono nel volto e negli atteggiamenti paura, angoscia e commozione; ciò si nota essenzialmente nella figura dell’uomo vecchio che veglia il figlio ormai morto, immerso per metà nell’acqua cupa.

Dall’analisi di questo dipinto abbiamo capito il ruolo sociale di Gericault: egli illustra un fatto di cronaca, utilizzando l’arte come strumento per informare il popolo proprio come un giornalista e aggiunge un significato metaforico, perché fa capire come i progetti dell’uomo siano destinati a naufragare in qualsiasi mare.

 

Per realizzare il dipinto, Gericault eseguì nel 1818 delle bozze preparatorie, nelle quali sono presenti elementi differenti: nella bozza, il mare che circonda la zattera è poco mosso e non circonda ancora, con le sue alte onde, il gruppo di naufraghi; questi ultimi inoltre non sono disposti col movimento a salire da sinistra verso destra, movimento che nel quadro definitivo è molto significativo, perché comunica la ricerca della salvezza.

Nel bozzetto, la nave Argus è posizionata più vicina alla zattera e più facilmente visibile dal gruppo dei marinai in balia delle onde, mentre nel quadro definitivo la zattera è posta molto più lontana dalla nave e indica che non c’è possibilità di salvezza.

Da un’attenta lettura dell’opera in bozza, possiamo vedere come l’uso stesso dei colori bruni è molto meno usato rispetto a quello del dipinto, nel quale l’artista si servì del bitume, per accentuare i toni scuri, esaltando così gli effetti del chiaroscuro.

Gericault distende sulla tela colori grassi, poco diluiti nell’acqua, per realizzare molti effetti visivi e cromatici, come si può notare dal marinaio di colore, il cui busto è ottenuto con tonalità rossicce, del tutto simili a quelle utilizzate nel disegno preparatorio.

 

Questo quadro è molto significativo sia per la rappresentazione realistica dei corpi dei naufraghi sia per il suo significato simbolico: l’uomo è il solo protagonista della sua vita. Gli uomini di questo dipinto non sono persone comuni ma rappresentano la disperazione e la speranza che sono in balia delle onde e del vento. Il quadro, come già detto, suscitò molte polemiche, perché venne letto quasi prevalentemente in chiave politica, come metafora del crollo dell’impero napoleonico e della mancata partecipazione dei politici al salvataggio dei 15 naufraghi.

Tra i sostenitori del quadro si schierò Luigi XVIII che disse: «Ecco, signor Gericault, un naufragio che non porterà a quello dell’artista che l’ha dipinto».

 

In questo quadro noi possiamo notare come Gericault con il suo modo di concepire l’arte e con le sue tecniche innovative abbia rivoluzionato il linguaggio artistico di quel periodo. Infatti con quest’opera egli esce dagli schemi della pittura neoclassica e pone le premesse per un nuovo movimento, il “realismo”, dove l’artista dipingeva il mondo così come lo vedeva con scene di vita quotidiana.

Questo quadro non solo gettò le basi del realismo, ma anticipò la fotografia e il giornalismo, per il modo in cui venne rappresentato un fatto di attualità.

Secondo noi questo dipinto colpisce molto l’osservatore per il suo realismo e per la sua violenza, fondamentalmente psicologica.

Per la scelta e la lettura di quest’opera ci è stata di grande aiuto la lezione che il prof. Carlo Sisi ha tenuto, nel marzo 2001, nella nostra classe, durante la quale ci ha illustrato con diapositive molti quadri, appartenenti al periodo neoclassico e romantico e tra questi La zattera della Medusa. Egli ci ha presentato l’opera in tutto il suo crudo realismo, facendoci capire come questo quadro segni la crisi del Neoclassicismo e l’ascesa del Romanticismo sia con i suoi elementi artistici, come i colori scuri e la natura, che combatte e vince l’uomo, sia per i temi politico-sociali.

 

Secondo noi la lettura di questo quadro è molto importante per fare un’analisi approfondita di come cambiano gli stili pittorici a secondo dei momenti storici e del messaggio che l’artista vuole comunicare.

Opere così efficaci erano importanti per scuotere le coscienze degli individui anche in vista dei moti politico-risorgimentali.

Questo quadro, inoltre, l’abbiamo scelto perché ci piacciono molto i suoi colori scuri, visto che prediligiamo le ambientazioni cupe.

 

Studenti dell’ITIS “A. Meucci” di Firenze


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