Marino Magliani
Quella notte a Dolcedo
Longanesi, pagg. 260, € 16,00
Marino Magliani approda alla grande editoria con la sua opera più completa dopo gli ottimi L’estate dopo Marengo, Quattro giorni per non morire e Il collezionista di tempo. Il narratore imperiese, che divide la sua vita tra la costa ligure e l’Olanda, racconta una storia intensa che profuma di neorealismo e risale alla Resistenza.
«Da bambino i vecchi mi parlavano sempre della guerra, tracciavano quella frontiera tra bene e male e odiavano i tedeschi, ma poi i tedeschi fine anni Sessanta son tornati in Liguria a comprare le case e quella cosa, tra le tante cose, da ragazzo mi ha spiazzato», mi confida l’autore. Credo che la sua esperienza sia comune a tutti noi che siamo nati nei primi anni Sessanta. Il romanzo di Magliani parla di un tedesco che ritorna, spinto dalla nostalgia e dalla difficoltà di vivere, sui luoghi di una strage avvenuta in una notte d’estate del 1944. Il romanzo è ambientato in un paese del ponente ligure come Dolcedo, si sforza di raccontare l’altra verità della guerra civile italiana e di cambiare i ruoli tra vincitori e vinti. Lo scrittore sceglie di narrare in terza persona, usa lo stratagemma della doppia prospettiva, ma risulta credibile sia quando fa entrare in azione il vecchio soldato tedesco che quando inserisce Lori, una giovane donna italiana. Amore e mistero sono il filo conduttore di Quella notte a Dolcedo, due elementi che l’autore padroneggia, costruendo un romanzo che profuma di Liguria, tra mare, salmastro e oliveti arrampicati sule colline. Marino Magliani apprende la lezione di Biamonti e Calvino, ma percorrere una strada originale che lo inserisce nel ristretto gruppo degli scrittori italiani contemporanei che hanno qualcosa da dire. Leggiamo un brano estratto dal romanzo.
Quando tutto era finito erano scesi dalle terrazze. Faceva notte da un pezzo, Hans era l’ultimo della colonna, lo sguardo s’era infilato nel folto di un rovo e l’aveva vista per caso. Gli occhi della bambina spiavano il loro passaggio dal folto dei rovi, non s’erano mossi, impauriti. Doveva appartenere alla famiglia dei Droneri, o essere stata con loro, forse l’aveva nascosta Droneri padre. Qualcuno li aveva voluti morti... Ma lei doveva salvarsi. Così Hans aveva deciso in un attimo e non l’aveva tradita. Sceso qualche gradino di mulattiera era tornato su di corsa... Un movimento che aveva messo in allarme i compagni, li aveva sentiti appostarsi e gridare. Non era niente, aveva assicurato. Longanesi scommette sulla buona narrativa e sulla letteratura. Speriamo che il pubblico premi un editore coraggioso.
Gordiano Lupi