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Piero Cappelli: "Il sepolcro di Gesù". Parola e Pane (7)
Rubens,
Rubens, 'Cristo Morto', 1612, Gemäldegalerie, Berlino. 
21 Marzo 2008
 

Siamo in settimana santa e stiamo andando verso la Pasqua. E di fronte a questo percorso viene presente una riflessione che non trova ascolto ed attenzione nella Chiesa: dove sta Gesù morto in attesa della resurrezione? Cioè, tra quel periodo del tempo liturgico e umano che è il venerdì santo e la domenica di Pasqua? Come e dove viene indicato il luogo simbolico-reale della presenza di Gesù morto? A questa domanda la risposta era, un tempo, “all’altare dell’adorazione”. Era lì che si cercava di ricostruire una specie di “sepolcro”, dove le Scritture ci raccontano essere stato deposto Gesù dopo la morte in croce, per continuare a vegliarlo come facciamo con i nostri morti.

Ecco che molti fedeli si prodigavano – allora ad abbellire il sepolcro per eccellenza con fiori, vecce di grano, piante situato quasi sempre nella cappella del sacramento dove è riposto il Corpo di Cristo, le ostie consacrate con la liturgia eucaristica. Lì di fronte al Sepolcro molti fedeli trascorrevano ore in adorazione di Gesù morto, passando anche la notte in attesa del sabato che preannunciava la risurrezione. E si stava lì come a vegliare un proprio caro, il corpo di Gesù. Ma nel fare questo – significato altamente di memoria e di fede – si faceva anche adorazione al Santissimo che era riposto lì nel tabernacolo, nello stesso posto in cui si era ricavato il sepolcro. E non poteva che unire il segno della morte come memoria, il sepolcro, con il simbolo della Vita come realtà, il pane consacrato: dal Corpo di Cristo morto al Corpo di Cristo vivente!

Questo doppio mistero di fede del Dio fatto uomo, morto e risorto, veniva contenuto in questa occasione del venerdì e sabato santo. Però questo non avviene più. È tutto rimandato ad un ‘altare dell’adorazione’ che ha perso però questo messaggio duplice che era molto più vicino a noi e meno scarno di segni e di simboli utili ad avvicinare la realtà della Vita e della Morte di Gesù a quella presente, nella nostra vita. Perché ogni giorno della nostra esistenza quotidiana viviamo l’esperienza della morte e della vita, del nascere e del morire. Ecco perché nella settimana santa è bene ‘riposarci’ con Gesù morto nel senso profondo della nostra vita che tocca momenti di abbattimento e di sofferenza tale che ci fa sentire ‘morti’ a noi stesi, ma tesi verso la risurrezione, al riscatto, al di là della nostra condizione umana. Nonostante il nostro vivere sia anche un morire ogni giorno, e il nostro morire sia anche il nostro risorgere, sotto il segno di Colui che ha vissuto pienamente per noi l’esperienza umana e divina. E noi con lui, oggi, portiamo sulle nostre spalle umane la dimensione umana e divina dell’essere creature di Dio, per l’oggi e per l’Eternità…

Buona meditazione…

 

Piero Cappelli


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