ELEGIA ESAGONALE
Uscendo da St Denis
Dio non abita più qui, né forse sotto
questo cielo grigio-ateo, né una scaglia
d’uomo è in questi sepolcri vuoti, stipati
per l’eterno da una dinastia ostinata,
tranciata a macchina in bagliori di sangue
da un’età più libera, fraterna, eguale.
Quale, dolomitiche voi cattedrali,
memoria impietrita vi sostiene in piedi?
Stalagmiti su cui gocciolò la Grazia,
le vostre cuspidi gridano assetate,
scheletri angelici i vostri contrafforti
puntellano il sacro fossile ai turisti.
Gl’inni derisi da sofismi in parrucca,
la croce scomposta in assi cartesiani,
le basiliche fatte cave di pietra…
È finita così la vera tua gloria,
o antica Francia, con la boria imperiale
che ingrassa i vermi di tombe illacrimate?
Nemmeno la nostalgia è quella di un tempo
per questi vecchi celti, parà in pensione
che vanno impettiti sul filo del Niente
per la via brulicante dei discendenti
di chi scampò a Poitiers, che sguardi di pece
volgono attoniti al vacuo alveo del cielo.
Le lacrime reprimo per te che il cuore
di popolano avevi della tua Jeanne,
per te che all’assalto, in testa ai tuoi soldati,
sulla Marna cadesti poeta e cristiano,
bocconi ti ritrovarono in un campo
di barbabietole, la stigmata in fronte.
Beato chi muore come te nella fede,
beato chi muore bisbigliando un tuo verso,
e perciò è disprezzato… Per te mi segno,
mio Charles, e come in una conchiglia il mare
si fantasma, tra queste mura annerite,
scarnificate, trema un’eco di Dio.