La replica di Silvio Berlusconi alle dichiarazioni di Giuseppe Ciarrapico non può e non deve lasciare indifferenti. Giustificare pubblicamente il proprio sostegno a chi, in piena campagna elettorale, si dichiara orgogliosamente fascista, solo perché in politica conta vincere, è un messaggio socialmente devastante. È come se il presidente di una squadra di calcio ammettesse in conferenza stampa che sì, i propri giocatori si dopano e forse qualche arbitraggio è stato comprato, ma solo per arrivare alla vittoria. Nella gestione del potere in senso lato, esistono compromessi con l'immorale e con l'illecito, più o meno evitabili: è ingenuo non prenderne atto. Ma questi devono rimanere relegati al chiuso delle stanze dei bottoni, nei così detti luoghi informali.
In Le mani sulla città di Francesco Rosi rimbomba questa frase, quasi sussurrata nella sede di un partito: «In politica l'indignazione morale non serve a niente. L'unico grande peccato è di essere sconfitti». Urlare ai quattro venti simili affermazioni, con toni normali e forse anche ilari, è inammissibile per chi rivesta cariche di visibilità sociale.
È il messaggio dato al popolo che tutto è lecito, ogni scorrettezza e ignominia etica e legale, pur di arrivare al successo. Il lascito più gravoso di quel berlusconismo che tarderà a tramontare.
Marco Lombardi
(dalla newsletter ANED Torino, 12/03/2008)