Quando la noia appare sui volti stanchi dei ragazzi e il libro non riesce più a soddisfare le loro curiosità, è tempo di cambiare musica e di mettere in moto intelligenza e cuore, in un gioco di scoperte e conoscenze, che impegni in ruoli paritetici insegnante e studenti .
Come incuriosire i ragazzi, sempre più lontani dal mondo della scuola?
Come superare la loro apatia?
Quali strategie attivare per risvegliare il loro interesse?
Nella corsa frenetica per esaurire i percorsi didattici prefissati, l’insegnante perde spesso di vista l’obiettivo primario della formazione che è quello di privilegiare la personalità degli studenti, facendoli interagire con il proprio sapere.
Diventa pertanto necessario individuare strategie che rendano lo studente soggetto attivo e interattivo del processo formativo che lo investe, associando al dato cognitivo la fase creativa; l’insegnante guida gli studenti verso il sapere, ma il processo formativo risulta parziale se privo della fase creativa, ossia il momento in cui gli studenti filtrano ciò che hanno acquisito, attraverso l’immaginazione, la fantasia fino a produrre, con estro, testi, che diventano per l’insegnante strumenti per conoscere la loro personalità.
Se il Sapere realizza il momento di acquisizione culturale, in cui prioritario è il ruolo dell’insegnante, il -momento creativo- è la fase in cui lo studente si sottrae all’induzione e opera liberamente in relazione alle proprie capacità e potenzialità.
Nella fase creativa l’insegnante diventa osservatore attento di un momento fortemente educativo e formativo: poesie, fiabe, scritti letterari, brani musicali, opere d’arte, momenti di storia, preconoscenze, memoria e ricordo offrono agli studenti gli stimoli per creare racconti, secondo il proprio modo di dire e di sentire, dove il –Sapere- supera la fase di ristagno e rifiorisce nel pensiero, in rapporto al grado di percezione, di emotività e di sensibilità degli studenti stessi.
È questo il momento in cui l’insegnamento raggiunge il suo obiettivo fondamentale: educare a un sapere consapevole; è importante in questa fase che gli studenti esprimano con la scrittura o con altre forme e nel genere a sé più congeniale, il proprio sentire, poiché la scrittura li rende parte attiva e partecipativa di una didattica, dove l’insegnamento subisce una metamorfosi, diventando sia per gli studenti che per l’insegnante uno strumento di realizzazione e di conoscenza.
La fase –Sapere- vede l’insegnante nel ruolo di educatore e di collaboratore, la fase –Saper fare- di osservatore attento ma discreto.
La Scrittura creativa nella didattica è un processo spontaneo che si realizza senza regole, senza schemi, senza induzioni, senza verifiche; uno strumento che consente agli studenti di compararsi per capacità e potenzialità, di superare timori, fragilità, disagi e malesseri, di acquisire fiducia e sicurezza, di confrontarsi in termini di culture; di sentirsi punto centrale di un processo educativo attento alla loro crescita con un sapere allargato anche alle arti: leggere un quadro, una poesia, un brano musicale, un messaggio pubblicitario, la città, la natura, l’ambiente e quant’altro ci circonda e decodificarne gli elementi, non solo arricchisce il loro sapere e il loro senso estetico ma ne nutre lo spirito, il pensiero e ne alimenta un patrimonio di idee, di punti di vista che manifestano con la propria forza espressiva combinando linee, forme e colori come fa il poeta, il musicista, l’artista in genere; il -Sapere e il Saper fare- si coniugano per l’esigenza legittima di creare; bisogna che nell’insegnamento ci sia il passaggio del testimone dall’insegnante agli studenti specialmente nell’infanzia e nell’adolescenza quando il campo espressivo è fertile di fantasia e lo sguardo si spinge potenzialmente oltre le cose.
La Scrittura creativa è una risposta concreta alla realtà che ci circonda, spesso insidiosa per i messaggi e le immagini; una realtà che ci induce a rivedere i parametri di trasmissione di nozioni; è necessario abituare gli studenti a vedere, a giudicare, a confrontarsi secondo il proprio punto di vista e la scrittura creativa ci aiuta in tal senso.
In un momento in cui il linguaggio diventa sempre più rarefatto, la scrittura creativa incentiva il piacere della lettura e ridona il gusto della scrittura; non esistono formule certe e definitive per modificare la didattica e la metodologia, ma è giusto tentare nuove strategie per adeguare la scuola al tempo che muta velocemente; la -Scrittura creativa- affascina in qualsiasi età e il racconto diventa trasmissione di sapere in cui il nuovo si mescola con l’antico in un rapporto di continuità.
La – Scrittura creativa- è il punto di arrivo di una didattica in cui l’insegnamento si pone come momento propedeutico al pensiero, che attingendo alla fonte della fantasia, si esprime attraverso l’estro.
La Scrittura creativa consente agli studenti di uscire dagli schemi consuetudinari di un sapere strutturato e di utilizzarlo in un contesto soggettivo per creare o ricreare racconti che diventano per l’insegnante, in relazione alla scelta del genere e alla loro elaborazione, preziosi strumenti di indagine psicologica per conoscere personalità e caratteri nonché capacità, potenzialità espressive e interiorità non sempre palesi: il più timido e il più introverso, il più fantasioso e il più romantico, il poeta o lo scrittore in embrione.
La scrittura creativa rappresenta il momento essenziale dell’insegnamento, in cui il sapere diventa strumento di scambio tra docente e discente in un rapporto di complicità e di reciprocità, in cui entra nell’insegnamento, col gioco della fantasia, il tempo del proprio vissuto, ossia il ricordo, lo spazio del proprio pensiero, ossia la memoria, l’immagine di ciò che è stato e di ciò che può essere, ossia la fantasia e l’estro, il desiderio di esprimersi per il bisogno di dire, di manifestare, di confrontarsi, di sentirsi artista della parola, della forma, dell’espressione.
La Scrittura creativa, applicata all’insegnamento, ne diventa il fulcro, dato che ogni ragazzo possiede un mondo interiore che raramente si palesa ma che preme per farlo; è quel mondo che bisogna scoprire e la -creatività-, a qualsiasi livello di età e di cicli, diventa una trasgressione allo studio metodico, un riflesso di quel fare troppo spesso represso; -un racconto- è il risultato migliore per un insegnante che vuole raggiungere appieno lo scopo educativo e basta guardare i volti degli studenti, appagati e divertiti, quando nell’aula risuona la lettura del proprio racconto e l’applauso finale per verificarne l’entità raggiunta.
Il desiderio di misurarsi scalza il timore di non riuscire e anche i più reticenti e i più insicuri man mano si avvicinano alla scrittura e liberamente si esprimono e offrono all’insegnante ciò che possono e ciò che sanno, ma il tutto meritevole di gratificazione
La Scrittura creativa è la strategia più idonea per riaccendere gli interessi e le curiosità degli studenti, lo strumento attraverso il quale essi diventano fruitori e produttori di cultura; non esisterà il testo più o meno bello, esisterà un racconto o un verso che ha messo in moto la loro immaginazione e fantasia che unite al loro estro farà esplodere il loro mondo interiore troppo spesso represso, fino a renderli soggetti operativi consapevoli, in cui il sapere diventa stimolo a creare e a esternare sentimenti ed emozioni.
La Scrittura creativa diventa per gli studenti un mezzo per riscoprire la lettura, la scrittura e le Arti, quali: la musica, la pittura e la poesia e a interpretarle ciascuno a –modo proprio- secondo le proprie istanze del sentire e del percepire.
La Scrittura creativa, di cui proponiamo alcuni esempi, rappresenta la seconda fase del progetto presente in queste pagine col titolo:“Diritto all’Arte per gli studenti degli istituti tecnici” in cui il Sapere a carattere modulare rappresenta la fase dell’apprendimento e il Creare la fase in cui gli studenti hanno realizzato i racconti; ogni disciplina può fornire input per la scrittura creativa, nel nostro caso sono i moduli, i contenuti del programma, la memoria, il ricordo.
Presentiamo in questa fase, alcuni racconti scelti tra quelli ispirati dal tema modulare del “Sublime” e che realizzano appieno il rapporto tra lettura, scrittura e pittura.
Ambra Banelli: Da Spiaggia paludosa (vedi immagine)
Questo quadro di Friedrich è stato il motivo ispiratore del mio racconto poiché io penso che “l’arte sia lo specchio del nostro inconscio”
In questo quadro sono rappresentati il destino e l’attesa dell’uomo: la luce della luna che traspare da dietro le nubi rappresenterebbe la rivelazione di Cristo; la palude, le difficoltà della vita dell’uomo; la spiaggia cosparsa di attrezzi per la pesca, le fatiche che l’uomo deve affrontare; il mare che si estende all’infinito, l’eternità della vita. La riva sarebbe il simbolo del momento del trapasso e l’imbarcazione il simbolo dell’anima dell’uomo che si avvia verso un viaggio ignoto
VITA ETERNA: NEL BUIO ESISTE LA LUCE
Stavo camminando lungo un enorme corridoio, quando all’improvviso un raggio di sole illuminò un grande cartellone pubblicitario, sul quale era rappresentato il quadro di Friedrich:"Spiaggia paludosa". L’opera mi colpì molto e rimasi a contemplarla per la sua grandiosità e per i suoi colori: il cielo variava in molte tonalità, dall’azzurro chiaro al blu scuro e dal bianco a svariati toni di verde.
Rapita da tanta bellezza, immaginai di entrare nel quadro e lo feci, attraverso la mente dell’autore. Ora ero lì, sola, su quella triste spiaggia a osservare l’ambiente circostante. L’atmosfera, che si respirava, non era delle più allegre. Nell’aria percepivo strani suoni e avvertivo ciò che un essere umano, finito nelle sue potenzialità, non riuscirebbe a comprendere; ero riuscita a diventare un elemento di quella tela e mi sentivo parte integrante del quadro. Sulla spiaggia era presente una natura priva di vita. Lo sfondo ampio, grande e infinito dava il senso della grandezza della natura rispetto all’uomo. L’uomo, che benché dotato di intelligenza, spesso è irrazionale davanti alla realtà.
Friedrich aveva creato un ambiente surreale, statico, semplice, ma dettagliato, in contrapposizione ai turbini creati da Turner nei suoi dipinti. La visione di quel cartello non era del tutto percepibile all’occhio di un osservatore, ma io potevo vedere in secondo piano due donne o forse due pescatori e riuscivo a immaginare anche ciò che non era possibile toccare concretamente.
Come un turbine, che durante una tempesta, ti riesce a trasportare lontano, anch’io iniziai a volare e giunsi a parlare con la natura. La sua voce era possente: per tanti anni disse, l’uomo era riuscito a sfruttarla, troppi, e ora Lei voleva vendicarsi. Pian piano, ma con voce ferrea, aggiunse: - L’acqua finirà, non esisteranno più fonti di vita e sorgenti di acqua pura. L’umanità si distruggerà con le sue stesse mani, inquinerà con sostanze nocive, prodotte da fabbriche e da auto e inizierà una lunga corsa al consumismo, durante la quale, non avrà più né identità né volto. Numerose saranno le guerre e ciò che in tanti anni, gli uomini hanno costruito con fatica, verrà distrutto-.
Rimasi atterrita da quelle parole veloci, ma così chiare e significative. Attimi di terrore mi colpirono e una serie di dubbi iniziarono a tormentare il mio essere. Forse stavo solo formulando pensieri assurdi, ma non capivo più niente: la realtà non aveva più barriere e la fantasia dilagava per conto suo.
Quella spiaggia così misteriosa e desolata mi sconcertò e ancor più la barca sulla riva del mare, che indicava l’anima finita di ogni individuo, che deve compiere il trapasso dalla vita alla morte. In fondo pensai, la realtà è una sola, quella che "Madre Natura" ci ha preparato da sempre e alla quale nessuno può sottrarsi.
C’è chi crede nell’aldilà, forse per pura convenienza, per il solo pretesto di sapere che quando l’uomo muore inizia un’altra vita per taluni bella e per altri brutta, ma pur sempre vita. Ma che discorsi stavo facendo? Uno spiraglio di luce mi illuminò il viso; il vento accarezzò i miei capelli e un uomo, forse Friedrich o forse un angelo mi arrivò accanto senza che io me ne accorgessi. Mi prese sotto braccio e mi sussurrò -”Per te sta per iniziare un lungo cammino”- Esitai, rimasi un momento in silenzio e poi capii: avevo varcato inconsapevolmente la soglia della mia esistenza.
Caspar David Friedrich, Greifswald, 1774 – Dresda, 1840
C. D. Friedrich Spiaggia paludosa 1832, olio su tela; 25,4x31 cm Prop. Priv.
AMBRA BANELLI, DAL TEMA DEL “SUBLIME”: PENSIERI
Per questo racconto mi sono ispirata alla poesia di G. Pascoli: Nella nebbia e al dipinto di C.Friedrich: Abbazia nel querceto.
… E guardai nella valle: era sparito
tutto! Sommerso! Era un gran mare piano,
grigio, senz’onde, senza lidi, unito.
E c’era appena, qua e là, lo strano
vocio di gridi piccoli e selvaggi:
uccelli spersi per quel mondo vano.
E alto, in cielo scheletri di faggi,
come sospesi, e sogni di rovine
e di silenziosi eremitaggi.
Giovanni Pascoli, “Nella nebbia”, Primi poemetti (1897)
Abbazia nel querceto (vedi immagine): Il quadro esprime un senso di desolazione: gli alberi spogli, quasi morti durante l’inverno, sembrano lapidi di un cimitero intorno al rudere di un’antica chiesa abbandonata, mentre i colori grigio-bruni esprimono un senso di malinconia.
STATO D’ANIMO
Era una stupenda sera d’estate e come di consueto la pista di pattinaggio era gremita di persone. La mia vita era a dir poco insensata; mi ero ridotta a vagare nei pressi della mia città, senza una meta precisa. Ogni persona era occupata a sbrigare le proprie cose, ma nessuno si sentiva tranquillo. Nell’aria si percepiva un’insolita frenesia, che purtroppo non riuscivo a comprendere. Rimasi per un po’ seduta su una panchina, in attesa di un nuovo sospiro, che mi riportasse alla mente ciò che avrei dovuto cancellare una volta per tutte. Rivolsi lo sguardo verso gli altri ragazzi che, felici e inconsapevoli di quello che mi stava succedendo, trascorrevano il loro tempo a ridere e a scherzare. Come avrei potuto biasimarli, se non ero in grado di essere sincera neppure con me stessa? Decisi di allontanarmi alla ricerca di un posto meno affollato, dato che nessuno avrebbe sicuramente sentito la mia mancanza. Era tutto così calmo e silenzioso; mi sembrava di essere la protagonista di una poesia, che il più delle volte si manifesta alla mia mente. Alzai gli occhi al cielo e nella profonda oscurità, osservai tanti piccoli occhi argentei che, incuranti della mia presenza, brillavano di una luce intensa.
Quelle stelle sono state molto importanti per me, sempre presenti a illuminare i momenti più importanti della mia vita e pensavo che non mi avrebbero mai abbandonata! Quella sera le guardai, ma nei miei occhi si poteva cogliere solo amarezza e disprezzo. Forse non era colpa loro e probabilmente non si erano mai accorte della mia presenza, ma una cosa è certa, guardando quelle stelle piansi e quelle lacrime alleviarono le mie sofferenze. Rimasi impietrita e affranta a pensare che persino la natura fosse riuscita a percepire il mio totale sgomento. Si alzò un forte vento, carico di potenza e di ira, pronto a ribellarsi a causa di un torto subito. Gli alberi si dimenavano e i loro rami scheletrici sembravano lunghe e ossute braccia che invocavano aiuto, simili a quei rami di Friedrich e a quei versi di Pascoli che mi avevano tanto colpito:
E alto, in cielo scheletri di faggi,
come sospesi, e sogni di rovine
e di silenziosi eremitaggi.
Mi sentivo circondata, ma allo stesso tempo protetta da una strana forza, da qualcuno o forse da qualcosa, che la pensava come me. È bello costatare che esiste un forte legame tra la natura e l’ uomo, due creature così diverse, ma che si comparano nel dolore e che ogni individuo ha la possibilità di provare emozioni tanto forti.
Senza rendermene conto, sentii che una lacrima mi stava attraversando il volto; quella lacrima era così piccola, indifesa e lucente, ma in grado di racchiudere all’interno di sé l’inferno, che si prova, quando la vigliaccheria di una persona arriva a tal punto da non lasciare spazio a ogni minima sorta di perdono. In quel preciso istante, il mio spirito si fece più forte, e se solo avessi avuto davanti ai miei occhi quell’alienato, gli avrei fatto ingoiare istante per istante tutto il dolore, che avevo impiantato dentro a causa sua. Passati pochi istanti, la mia ira cominciò a placarsi; mi ero resa conto che non vale la pena di sprecare cuore per chi di cuore non ne possiede nemmeno un briciolo!
Decisi così di ritornare da coloro che avevo lasciato e ai quali rivolgo un grazie di cuore, per avermi fatto capire cosa significhi amare veramente per quello che si è e mai per convenienza.
C. D. Friedrich Abbazia nel querceto, 1809-1810, olio su tela, 110,4x171 Alte Nationalgalerie di Berlino
Elena Mancuso: da Il re degli elfi di Goethe e Gli angeli del Bene e del Male di W. Blake (vedi immagine)
La lirica di J. W. Goethe: Il re degli Elfi e il dipinto di W.Blake: Gli angeli del bene e del male, mi hanno suggerito questo racconto poiché per me l’"Arte” è- l’attività spirituale che ci consente di esprimere mediante la parola, il suono, il colore o con altro mezzo e altro linguaggio il nostro pensiero-.
Il tema della lirica di Goethe richiama il dipinto di William Blake (1757-1827): Gli angeli del Bene e del Male: Il quadro presenta una situazione sconvolgente. Nel dipinto, come nei versi, prevalgono gli elementi maligni che vogliono portar via il bambino dalle braccia del padre. Il re degli elfi è simile per malvagità all’angelo del male; il padre del bimbo è simile per bontà all’angelo del bene.
ULTIMA LOTTA TRA INCUBO E SOGNO
"Il castello incantato"
Chi cavalca a quest’ora per la notte e il vento?
E’ il padre con il suo figlioletto;
se l’è stretto forte in braccio,
lo regge sicuro, lo tiene al caldo.
Era notte, il vento soffiava impetuoso e due ombre, che si mimetizzavano fra le tenebre, viaggiavano senza una meta ben precisa, in groppa a un cavallo.
I due viandanti percorrevano una strada a noi sconosciuta: la via dei sogni.
In realtà quei due esseri erano padre e figlio e il loro scopo era quello di raggiungere il castello del Signore dei sogni.
Il vecchio padre infatti pensava che fosse l’unico modo per salvare il figlioletto dai ricorrenti incubi provocati dal re degli Elfi, un dispettoso folletto che rendeva reali i cattivi pensieri del piccolo.
La strada da percorrere era ancora molta e a un tratto il bimbo cominciò a dire: papà ho paura, papà ho paura!!
<<Caro bambino, su, vieni con me!
Vedrai i bei giochi che farò con te;
tanti fiori diversi sulla riva ci sono;
mia madre ha tante vesti d’oro>>.
<<Bel fanciullo, vuoi venire con me?
Le mie figlie avranno cura di te.
Le mie figlie di notte guidano la danza
Ti cullano, ballano, ti cantano la ninna-nanna>>.
“Figlio mio cerca di resistere, fra poco guarirai!”gli diceva il padre angosciato.
“Eccolo, il re degli Elfi!”
“Cosa vedi, piccolo mio, di così terribile?
“E’ il re degli Elfi. Ha il naso lungo e le orecchie a punta! Il colore verde della sua pelle si confonde con ciò che lo circonda e per questo riesce a farmi i dispetti.
Ha un cipiglio cattivo e mi fissa, mi fissa !…
Stringiti a me, piccino! Cosa ti dice questo essere tanto cattivo?
“Nulla, padre, nulla! Vola di qua e di là e si poggia sugli alberi spogli…
La terra è arida e contornata da pochi fili d’erba rinsecchiti.
Il cielo è nero e i lampi cadono giù come pioggia gelida.
Il forte vento mi punge sul volto e i rami secchi degli alberi si protendono verso di me per afferrarmi e portarmi via! Aiutami, padre mio!
Il tempo stringeva e arrivare al castello incantato sarebbe stato ormai inutile.
Preso da orrore, il padre veloce cavalca, il bimbo che geme, stringe fra le sue braccia, raggiunge il palazzo con stento e con sforzo, nelle sue braccia il bambino era morto…Il vecchio padre allora pensò di accelerare il passo e con un ultimo e straziante sforzo arrivò dinnanzi all’imponente edificio e si precipitò dal Signore dei sogni.
Il suo pianto disperato, in pena per la vita del proprio figlio, commosse il vecchio mago che decise di aiutarlo: “Se vuoi davvero sconfiggere il re degli Elfi, gli disse, devi far sì che tuo figlio si fidi di te e per ottenere questo devi aprirgli gli occhi verso le cose belle di questo mondo.
Quando crederà in te, il suo spirito sarà guarito e il re degli Elfi scomparirà dalla sua mente turbata.
Il vecchio saggio ringraziò il mago, scappò verso il figlioletto e lo prese tra le braccia.
“ Piccolo mio, sei ancora spaventato? Cosa vedi adesso di così terribile?”
“ Oh padre, le nubi stanno tentando di mangiarmi con i loro denti aguzzi!.
“ No, figlio mio, guarda meglio…Quelle nubi non sono poi così paurose; sono soffici nuvole che volano alte nel cielo azzurro e ti proteggono dai fulmini che saettano in cielo!”
“ E quelli, padre, e quei rami degli alberi, non vedi che cercano di rapirmi?
“ Ma no tesoro, le loro grandi mani servono per ospitare ogni piccolo fiore colorato che darà origine a dolci frutti, e le loro verdi foglie ti sfiorano il viso per accarezzarti”.
“ Eccolo papà! Ecco il re degli Elfi! Il suo ghigno mi terrorizza!.
“ No, piccolo mio, non devi aver paura”, è solo polvere…Polvere che arriva e vola via.
Lascialo andar via dalla tua testa, fa’ sì che voli lontano dai tuoi pensieri.
Il piccolo si addormentò e sul suo volto si disegnò un sorriso paradisiaco.
Il padre lo stringeva sereno tra le braccia: il suo amore lo aveva salvato.
Elena Mancuso
IL RE DEGLI ELFI
Chi cavalca a quest’ora per la notte e il vento?
È il padre con il suo figlioletto;
se l’è stretto forte in braccio,
lo regge sicuro, lo tiene al canto.
“Figlio, perché hai paura e il volto ti celi?”
“Non vedi, padre, il re degli Elfi?”
Il re degli Elfi con la corona e lo strascico?
“Figlio, è una lingua di nebbia, nient’altro.”
“Caro bambino, su, vieni, con me!
Vedrai i bei giochi che farò con te;
tanti fiori diversi sulla riva ci sono;
mia madre ha tante vesti d’oro”.
“Padre mio, padre mio, la promessa non senti,
che mi sussurra il re degli Elfi?”
“Stai buono, stai buono, è il vento, bambino mio,
tra le foglie secche, con il suo fruscio.”
Preso da orrore il padre veloce cavalca,
il bimbo che geme, stringe fra le sue braccia,
raggiunge il palazzo con stento e con sforzo,
nelle sue braccia il bambino era morto.
W. Blake Gli angeli del Bene e del Male acquerello, cm44,5x59,4 Londra, Tate Gallery
Il re degli elfi, disegno di Elena Mancuso