Almeno 50 ma forse 60 monaci tibetani sono stati fermati ed arrestati ieri, 10 marzo 2008 nella giornata del 49° anniversario dell’insurrezione di Lhasa e della fuga del Dalai Lama dal Tibet, nei pressi del Monastero di Drepung.
Anche a Lhasa, capitale del Tibet storico, come in molte altre capitali europee, in America, in India ed in Nepal si sono tenute manifestazioni nonviolente per ricordare occupazione cinese e richiedere la liberazione dei 25.000 detenuti politici.
Le Olimpiadi di Pechino, che si avvicinano e che apriranno ufficialmente l’8 agosto, non sembrano contagiare il regime della Repubblica Popolare con lo “spirito olimpico” né tanto meno si prepara la cosiddetta “tregua olimpica”. Anzi!
A giudicare dalle notizie delle ultime ore e dai segnali degli ultimi mesi, dobbiamo temere un ulteriore giro di vite su tutte le minoranze e le dissidenze, affinché non approfittino del palcoscenico mondiale delle Olimpiadi per porre la questione dei diritti umani in Cina.
Purtroppo, invece, pare che la cappa irrespirabile cinese tenda ad estendersi e contagiare alle nostre società ed istituzioni: dopo il comitato olimpico inglese, la Grecia. Cosa ci facevano, infatti, ieri 15-20 funzionari cinesi ad Olimpia in Grecia, affianco alla polizia greca, alla cerimonia di accensione della Fiaccola della Libertà che, nelle prossime settimane, porterà alta la legittima aspirazione del popolo tibetano a fare delle Olimpiadi di Pechino un momento di verità e di conoscenza della loro situazione?
Bruno Mellano
deputato radicale e coordinatore dell’Intergruppo Parlamentare per il Tibet