A Cuba i minori di diciotto anni non possono lasciare il paese perché sono figli della rivoluzione, ma le giovani donne cubane restano la principale risorsa per l’asfittica economia del regime. Le chiamano jineteras, ragazzine sorridenti che fanno la vita in una Cuba invasa dai turisti del sesso. Una jinetera non è una prostituta tout court, il termine significa cavallerizza, ma indica ragazze che frequentano stranieri per motivi economici. Esiste anche il corrispettivo maschile di jinetero (detto anche pinguero) coniato per l’uomo che si accompagna a donne straniere in cerca di avventure. Si tratta di una forma di prostituzione per mera necessità, anche se il regime nega, parla di deriva morale, di giovani che hanno smarrito i valori rivoluzionari e di mentalità capitalistica da estirpare.
A Cuba il fenomeno del turismo sessuale prolifera da anni e il principale responsabile è la dollarizzazione dell’economia (il peso convertibile o chavito è un dollaro mascherato) che non permette di vivere con uno stipendio pagato in moneta nazionale. Le ragazze che fanno la vita vengono perseguitate dal governo, dopo le leggi moralizzatrici del 2004 si nascondono nelle case private, mentre altre vengono internate nei campi di prigionia e lavoro per essere rieducate alla morale socialista. Le jineteras sono molto giovani, cominciano a quindici anni, quasi per caso, come unica possibilità per sopravvivere. Uno straniero si avvicina, offre una somma di denaro, una serata in discoteca, una cena in un locale, cose che non possono permettersi e il gioco è fatto. Cento pesos convertibili in cambio di una notte d’amore equivalgono a duemilasettecento pesos cubani, dieci mesi di stipendio di un professionista. Le famiglie di solito non sanno niente, in altri casi sono consenzienti, spesso c’è addirittura un fidanzato che fa da protettore. Non è raro che tra lo straniero e la cubana nasca un rapporto vero, quasi sempre un fidanzamento di convenienza, ma in certi casi può diventare una storia d’amore.
Bisogna tenere conto che i cubani puntano a fuggire dall’isola con ogni sistema possibile, una zattera o uno straniero fa lo stesso. Gli stranieri vanno in uno studio legale governativo, con mille dollari sposano la ragazza e preparano i fogli per il visto di uscita. Un matrimonio tra cubani costa tre o quattro dollari, ma se c’è di mezzo uno straniero il prezzo aumenta. Lo straniero può portare via le donne da Cuba pure con una carta di invito, il cui prezzo oscilla da mille a tremila dollari, dipende dal paese. Il regime fa grandi affari con questi rapporti, formalmente li ostacola, ma nella pratica servono a sanare buchi di bilancio. Le ragazze cubane se vivessero in un sistema diverso, se potessero lavorare e avere un salario dignitoso, non farebbero le prostitute. Nelle bodegas in moneta nazionale non c’è mai niente, invece negli shopping che vendono in pesos convertibili si trova di tutto a prezzi inaccessibili.
La polizia arresta le jineteras, redige carte di avvertimento e quando una ragazza ne ha avute diverse finisce in galera per alcuni anni. Se una cubana entra in una discoteca per turisti chiedono la carta di identità e annotano il nome, basta essere segnalata più volte in locali simili per rischiare la galera. Lo straniero, invece, può fare il comodo suo, perché il governo non accusa le ragazze di prostituzione ma di assedio al turismo. Il regime è al corrente che la maggior parte degli stranieri va a Cuba perché ci sono ragazze disponibili. Un cubano che guadagna ottanta pesos, duecento o trecento quando va bene (dai quattro ai quindici dollari - nda) non può mangiare neppure una settimana.
Il popolo cubano vive inventando e tra le invenzioni più facili c’è il mestiere più antico del mondo. I turisti del sesso non vengono mai disturbati dalla polizia di regime, perché arrestare gli stranieri vorrebbe dire ostacolare il turismo e accelerare la crisi economica del regime.
Gordiano Lupi
(Una riduzione di questo testo viene pubblicata anche sul quotidiano La Tribuna)