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Emergenza rifiuti. Quali proposte?
10 Marzo 2008
 

Forse apparirò irritante e perciò mi scuso in anticipo. Vorrei però esaminare brevemente la faccenda rifiuti secondo una specifica scansione e allargando al massimo l'orizzonte: dato che è una questione mondiale, se si trova il modo in certa misura risolutivo per affrontarla, si fa un'opera grandissima.

Perciò divido l'analisi in tre tranches:

1- da quando il problema si è presentato;

2- l'emergenza;

3- dopo l'emergenza.

Se fosse possibile mettere l'emergenza tra parentesi, il discorso ne sarebbe chiarito, ma non si può nemmeno per finzione retorica. Tutte e tutti ci ricordiamo però quando la carta per lo più la raccoglievano gli studenti o le parrocchie e poi la rivendevano alle cartiere per il riciclaggio.

Comunque due cesure separano l'emergenza dal resto e isolano il problema strutturale, quello che è importante capire per rimediare.

 

Tutti e tutte ci ricordiamo quando fino agli anni '60 la questione delle immondizie era governabile. Lo straccivendolo passava nei cortili o alle porte e comprava bottiglie fiaschi stracci scarpe vecchie e pentole sfondate, coperchi bucati, talora anche sgabelli rotti e sedie non più utilizzabili e provvedeva a farne riuso. Nel cortile di casa c'era un bidone di zinco nel quale si buttavano tutti i rifiuti domestici, in sostanza avanzi di cucina bucce croste pelli ossi gusci d'uovo,carte unte ecc. Le nostre città erano pressappoco della grandezza di oggi e avevano il loro carattere. Torino ordinata e un po' triste, allegra e disordinata Napoli, ma tutto governabile.

 

Quando comincia un processo che -non osservato per tempo- porterà all'emergenza? Dopo che il WTO uno dei famosi poteri forti decretò che tutte le merci dovessero essere sempre su strada e non dovessero più essere immagazzinate. Se la cosa si realizzasse non basterebbe la terra, immagino, ma anche così parziale è funesta. Infatti per non immagazzinare le banane, bisogna coglierle verdi, metterle in contenitori stagni e stiparle subito sulle navi, poi nei porti dividerle in cespi e rifare i contenitori minori e infine su vassoi di polistirolo riempiono i banchi dei mercati. Alla fine di tutto il volume di ingombro dei contenitori è massiccio ed essi per di più sono in plastica e non riciclabili, non sono tali da trasformarsi nel terreno come i rifiuti organici. Una cosa così -ripetuta- produce un volume di spazzatura incommensurabile e prima o poi l'ingorgo è inevitabile e attira anche interessi loschi e persone alle quali andrebbe benissimo che a peso d'oro avessero per l'eternità pattume da vendere alla Germania o ad Israele: per la camorra l'emergenza è necessaria.

Non si può nemmeno mettere l'immondizia in contenitori ad hoc e lasciarla sulle strade in viaggio permanente: invece è molto importante fare la raccolta differenziata, che mette in contenitori diversi i materiali organici e tutti i recuperabili e in altri quelli non riciclabili e riduce di molto il volume dei rifiuti.

A questo punto le strade sono ridiventate percorribili e tutti i rifiuti differenziati vengono raccolti dalla Nettezza urbana e si ricomincia in regime di normalità. Resta però il rischio che -se non si mette fine alle cause a monte- l'emergenza possa ripetersi. Qui mi soccorre l'osservazione che uomini e donne di solito reagiscono diversamente di fronte a ciò che chiamiamo “EMERGENZA”: gli uomini, che hanno il potere fanno leggi sull'emergenza e usano la forza, le donne che hanno la responsabilità trovano una soluzione anche transitoria e si mettono a studiare come evitare le ripetizioni. Se infatti brucio l'arrosto, non posso mettere in tavola un piatto con su scritto “Emergenza!” né cercare di togliere il nero del bruciato, devo preparare un paio di chili di patate lesse insaporite da aromi ecc. e subito dopo vado a vedere perché il forno non ha funzionato.

La questione qui si apre a mostrare che -se non si mette una cesura all'emergenza- le cose non restano immobili, ma si sviluppa una cultura distruttiva e di rifiuto di qualsiasi mediazione razionale molto pericolosa.

Bisogna dunque in qualche misura mettere da parte l'idea di azzuffarsi pro o contro l'emergenza rifiuti.

 

La questione è cominciare a fare la differenziata e distinguerla molto bene dal resto per costruire una cultura del rifiuto riutilizzabile. E ripartire da quello che Samir Amin chiamava sviluppo autocentrato, il che significa che ciascuno deve cercare fonti di approvvigionamento possibilmente vicine e raggiungibili, senza accumulo di contenitori, ad esempio stabilendo un raccordo con i contadini e non accettando le fragole mostruose arrivate via Tav o navi o buchi nelle catene alpine, che ci arrivano tutto l'anno e non sanno di niente. E quando si compra al supermercato bisogna lasciargli lì tutti i contenitori, la scatole i vassoi di polistirolo sicché gli stessi supermercati siano parte interessata a ridurre il volume dei rifiuti . Non dico che sia il miracolo ma è un modo facile e non ripetitivo di gestire un enorme problema. Intanto i grandi politici che siedono nei governi o nelle assemblee internazionali esigano di riesaminare le questioni trasporti e tav e non ascoltino il WTO che se potesse riempirebbe i mari di tunnel sottomarini le montagne di buchi come se fossero groviera, e la terra di strade autostrade e ferrovie e aeroporti come se fosse infinita. A me pare che sarebbe utile imparare a fare la differenziata a scuola, sia per ridurre le cose buttate sia per dividerle e riutilizzarle.

Dunque bisogna ridurre la produzione di immondizia: ad esempio smetterla di comprare acqua in bottiglie, soprattutto se di plastica, che pesano e gravano il lavoro delle casalinghe, sono spesso molto peggio dell'acqua di rubinetto, costano e ingombrano di plastica (assai poco igieniche quando stanno esposte al sole). Comprare prodotti direttamente dai contadini è pratica che si dovrebbe estendere. A livello politico pretendere che il WTO paghi i danni che ha prodotto con l'insana decisione di ingombrare il mondo di opere faraoniche con il progetto di fare tav ovunque, che riducono di molto la superficie coltivabile e producono un monte di rifiuti ecc. Con lo sviluppo autocentrato e la decrescita degli inutili trasporti si può prevedere ragionevolmente una riduzione strutturale dei rifiuti stessi e quindi poi un trattamento più adeguato.

A me pare ragionevole e che consenta di scrivere l'emergenza tra parentesi e aggredirla a monte col cambio delle politiche dei trasporti e degli approvvigionamenti, e a valle col ridurre la produzione di rifiuti e ottenere anche una riduzione dei prezzi degli alimentari. Come secondo effetto si può anche vedere quanto sia irragionevole un disegno delle Tav che passano per territori fragili ed equilibri sottili devastando una terra per sé strutturalmente fragile come l'Italia per la sua struttura idrogeologica, per la densità di popolazione, per l'antropizzazione fittissima e molto antica e ancora per la storia sia quella arricchente (opere d'arte) sia quella che impoverisce (distruzione dei boschi in Appennino per fare la battaglia del grano di mussoliniana memoria o per acquisire con incendi dolosi aree edificabili, distruzione di tutto il territorio nazionale durante la seconda guerra mondiale).

 

Se qui non si mette avanti il dovere di difendere l'esistenza di una terra adeguatamente analizzata nelle sue potenzialità e limiti, il WTO finirà per proporre una Tav nelle Cinque terre. Credo sia assurdo che in Sudtirolo arrivino mele cinesi a prezzi competitivi, perché questo vuol dire che sono state colte acerbe, portate in giro con treni e camion e navi e aerei e una quantità di contenitori: se siano piene di pesticidi non si può controllare, che siano conseguenza di uno straordinario sfruttamento e sottosalario dei contadini cinesi è facile calcolare. Ma non è tollerabile.

 

Lidia Menapace


 
 
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