Condivido quella definizione che la stampa lucana ha dato della mia candidatura in Basilicata, come quella di una “altoatesina” (sono nata in Altoadige, da genitori friulani e cresciuta nel Veneto) imposta da Roma ma più precisamente dico dal Partito Democratico.
In tutta franchezza è una scelta che io e noi radicali abbiamo subito, l’ennesima dopo il “no” di quest’estate alla candidatura di Marco Pannella alla segreteria del PD, e più recentemente al “no” alla nostra proposta di un collegamento del PD alla Lista Emma Bonino, al “no” sui nomi dei candidati nelle liste del PD di Marco Pannella, di Sergio d’Elia leader nonviolento del successo all’ONU sulla moratoria, di Silvio Viale in Piemonte ed in Basilicata di Maurizio Bolognetti seppur chiedendo per Viale e Bolognetti, una posizione di certa inelezione.
Decisione, questa di mettere invece me in Basilicata, che contravviene agli impegni assunti dal PD non solo nei confronti di noi radicali per l’elezione certa di 9 radicali ma degli stessi principi stabiliti dall’art 19 dello Statuto che fissa come criteri di candidatura il legame con il territorio ed il principio del merito.
Sul merito, io ho fatto, insieme e certo grazie a Marco Pannella e a d’Elia, la campagna di Nessuno tocchi Caino contro la pena di morte il cui esito è oggi fiore all’occhiello del Partito Democratico tanto da meritare menzione nel preambolo del suo stesso programma. Leggo invece che la mia qualifica, e quindi merito, è quella di essere “moglie” di Sergio d’Elia, io che non ho mai voluto sposarmi perché non credo nel matrimonio come suggello dei sentimenti che mi legano o mi hanno legata ad un uomo, per cui sento come particolarmente offensiva la definizione di “moglie di…”.
Io oggi amo un uomo, Sergio d’Elia che è l’emblema della vittoria della democrazia e dello stato di diritto sulla violenza, ex esponente di Prima Linea (nelle cui fila ha trascorso due anni della sua vita), artefice di quel processo di dissociazione a cui si deve la sconfitta del terrorismo in Italia, e da 25 anni militante nonviolento del Partito Radicale. È in fondo lo stesso amore che nutro per il rispetto della legalità, del rispetto della parola data come fondamento di ogni convivenza, dimensione privata o pubblica che sia.
È la ragione che mi porta oggi, come ieri sulla moratoria, a stare dalla parte di Marco Pannella e al suo dar corpo, con lo sciopero della sete, alla radicalità di una lotta per il rispetto del “diritto alla vita” attraverso la “vita del diritto” per essere speranza di un vero Partito Democratico.
Elisabetta Zamparutti
Tesoriera di Radicali Italiani e Nessuno tocchi Caino
Fonte: Radicali.it