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Maria G. Di Rienzo. Del femminismo, ovviamente
08 Marzo 2008
 

Fa parte della vita, è normale e naturale, ma molte persone temono di parlarne apertamente perché temono il giudizio altrui. La mia opinione è che parlarne sia invece sempre utile, perché aiuta a capire che questa esperienza può essere gioiosa, tenera, energetica e soddisfacente. So che spesso ci sono difficoltà a discuterne anche per la mancanza di informazioni corrette: ci sono un mucchio di falsità e di odio attorno alla questione.

Di che sto parlando? Del femminismo, ovviamente. Dopo un paio di secoli di attivismo in favore dei diritti delle donne, e circa quarant'anni di femminismo “moderno”, questa parola sembra ancora una parolaccia.

Se ne discutono, i media del mainstream lo fanno solo in termini negativi: sono anni, lunghi orrendi anni, che io leggo sui giornali cose del tipo “il femminismo è morto”, mentre ad ogni episodio di cronaca nera correlato a violenza di genere spunta nell'articolo: “dove sono le femministe?”.

Potrebbero cominciare a mettersi d'accordo, non vi pare: se il femminismo è morto, perché continuare a chiedere dove sono le femministe? Probabilmente “dormono, dormono sulla collina...”.

Inoltre, c'è stato il lugubre decennio del “post femminismo”, le cui teorie fatte di silicone e lustrini sono finite rapidamente in quella che una volta si chiamava “pattumiera della storia”, ma qualche danno da sanare l'hanno lasciato. Non entrerò nello specifico: vi basterà sapere che, per quel che mi riguarda, io sarò una post-femminista nell'era del post-patriarcato.

*

Ma insomma, credo di dovervi questo regalo per l'8 marzo, mie simpatiche lettrici. Ci sono modi sicuri per sapere se siete femministe, e non dovete spaventarvi se lo siete (anche se è bene sappiate da subito che nemmeno la senatrice Binetti avrà la cura per voi). E ci sono parecchi tipologie femministe, tanto che non dovete temere di restare da sole qualsiasi sia il gruppo in cui vi riconoscete.

Volete eguaglianza e giustizia sul lavoro? Rompere il cosiddetto “soffitto di vetro”? Portare le donne ai tavoli decisionali e di negoziazione? Sì, siete femministe, e state facendo campagna per quella che viene definita “equità di genere”. Siete le eredi e le continuatrici della lotta delle donne per il suffragio universale, che non è mai stato inteso solo come il diritto di mettere una scheda nell'urna elettorale, ma come l'assicurare alle donne la piena partecipazione alla vita della polis: il poter dunque esercitare la cittadinanza in compagnia degli uomini come uguali compagni, poter ereditare, poter gestire le proprie finanze, avere la tutela dei figli, e sì, votare.

Volete cambiare il concetto stesso di potere, decostruire i ruoli sessuali, formare una famiglia differente da quella “tradizionale”, smantellare l'oppressione in tutte le sue forme? Siete femministe, va da sé. Siete le eredi e le continuatrici di coloro che dissero: “Il personale è politico”, che organizzarono i gruppi di autocoscienza e furono delle vere innovatrici di linguaggi e relazioni.

Pensate che esista una precisa politica della sessualità che spinge verso la degradazione sessuale delle donne e lo stupro? Le battute misogine vi mandano fuori di testa? Credete che le immagini di donne e ragazze proposte dalla cultura dominante siano troppo spesso ributtanti? Non preoccupatevi, siete semplicemente femministe, va tutto benissimo. Siete le eredi e le continuatrici di una feconda corrente di pensiero femminile che ha indagato e interrogato la sessualità umana, e dimostrato più volte la sua efficacia nello svelare pregiudizi e privilegi.

Avete detto qualche volta frasi del tipo: “Non sono femminista, ma ho partecipato alla manifestazione contro la violenza sulle donne”, “Non sono femminista, però ritengo che non si possano obbligare le donne a...”, “Non sono femminista, ma credo che le donne possano... abbiano il diritto... debbano essere considerate...”? So di darvi un piccolo dispiacere, ecco, respirate un attimo, rilassatevi: siete femministe. Siete le eredi e le continuatrici di uno sciame storico di donne di tutte le età, di tutti i paesi, di tutte le etnie, che hanno lottato per la felicità e il benessere delle loro consimili, ma erano troppe timide per prendersene il merito, mentre intanto se ne accollavano i disagi. Non dovete avere questa bassa stima di voi stesse. Provate a riformulare le frasi: “Credo che le donne possano, abbiano il diritto, eccetera, e se ciò fa di me un'orgogliosa e vibrante femminista ne sono felice”. È importante che siate fiere di quel che fate, e vi ribadisco che non c'è nulla di cui vergognarsi: il femminismo è una cosa che è capitata alle vostre madri ed alle vostre nonne, ed è qualcosa che vive, respira e si evolve.

*

Ora che sapete di essere femministe, c'è un'altra cosuccia di cui occuparsi.

Come dirlo ad amici e parenti? Può darsi che in passato vi abbiano mostrato scherno e rigetto per la categoria, e che voi, adesso che non potere negare di farne parte, vi sentiate in parte impaurite ed in parte furibonde.

Mantenete la calma. Molte delle cose che vi hanno detto le hanno dette perché non conoscono assolutamente l'argomento. Voi sì. Cominciate da attestazioni chiare e persino banali, ad esempio: il femminismo concerne l'eguaglianza politica, sociale ed economica per donne ed uomini. Una volta che questo sia passato, potete introdurre nel discorso questioni più complesse. Siate pazienti. Ci sarà sempre chi chiederà se odiate gli uomini, se avete le gambe non depilate e se pensate di “diventare” lesbica.

(Se lo siete è il momento giusto per sorridere e presentare a costoro la vostra fidanzata).

Queste persone hanno solo bisogno di più tempo per capire, ma continuate a parlargli, nel mentre vivete il femminismo come una parte normale e quotidiana della vostra esistenza. Presto lo diventerà anche per le loro, di esistenze. E non sarà mai abbastanza presto.

 

Maria G. Di Rienzo

(da Notizie della nonviolenza in cammino, 8 marzo 2008)


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