Pensavo, quando ero bambina, che i grandi custodissero un segreto impenetrabile, dal quale io ero destinata a restare esclusa per sempre (con la conseguenza che sarei rimasta piccola altrettanto per sempre). Ho sorriso spesso, a quel ricordo, rivedendo con la mente le risate, le occhiate, i dialoghi e le intese tra adulti (che erano, per me, rebus senza chiave di lettura). Oggi non sono più tanto sicura di essermi sbagliata da bambina. Ci sono, di nuovo, tante cose che non comprendo e che non hanno senso. Enumerarle tutte è impresa impossibile; ne citerò una che, tra le altre è davvero-davvero disturbing.
Ho letto sul giornale dell’Anvolt (Associazione Nazionale Volontari Lotta Contro i Tumori) ciò che dice il professor Attilio Giacosa sulla prevenzione. Dice che vegetali, olio extravergine di oliva e succo d’uva sono una buona prevenzione e che il pasto tipo della salute dovrebbe contenere circa 650 grammi al giorno di vegetali (frutta e verdura). Semplifica la dieta così: una spremuta di agrumi a colazione, un’insalatona a pranzo, una zuppa di verdure a cena e due frutti nell’arco della giornata. Va bene, non c’è nulla di difficile in questo, anche se viene da chiedersi: perché non lo facciamo? Il professor Giacosa, però, spiega un’altra cosa. Dice contestualmente: «Il pane e la pasta sono oggi prodotti con un tipo di farina che nulla ha a che vedere con quella utilizzata nel modello mediterraneo. Io recentemente sono stato a Nicotera, un paesino della Calabria caposaldo del modello mediterraneo, e i cittadini mi hanno parlato del loro ‘pane bigio’. Questo ‘pane bigio’ è un’espressione tipica di ciò che veniva abitualmente consumato in passato. Non è né bianco né nero, non è un pane integrale al 100%, ma è una formula di tipo intermedio che veniva utilizzato a inizio secolo. Oggi, invece l’utilizzo incontrollato delle farine bianche porta a un costante aumento della glicemia nel sangue e quindi dell’insulina. La continua disponibilità di quest’ultima nel sangue svolge una funzione di abbassamento degli zuccheri, ma soprattutto un’altra, che noi chiamiamo di fattore di crescita. Cioè l’insulina esercita una funzione di stimolo su tutte le linee cellulari dell’organismo a duplicarsi velocemente e ciò favorisce l’aumento del rischio di errore, quindi di insorgenza di tumore. È la stessa situazione di chi vuole effettuare una manovra troppo velocemente. Spesso sbaglia e si hanno conseguenze negative».
Sembrerà strano, ma questa spiegazione chiara e illuminante ha scatenato in me una vera e propria crisi di identità, in questa nostra società contemporanea (così piena di paradossi e di veri e propri genocidi). È semplicemente assurdo pensare che una tale verità, così chiara e così lampantemente illuminata dagli ‘addetti ai lavori’ (gli oncologi ricercatori) venga grossolanamente ignorata, oscurata e tenuta in cantina. Mi chiedo, allora: qual è il segreto che io ignoro e che gli altri conoscono (e che legittima tale imperdonabile ‘omissione’)? Questo è il secolo del tumore esteso ai bambini (nella forma ormai definita ‘tumore della crescita’). I bambini (e gli adolescenti), perciò, che hanno una riproduzione cellulare già incredibilmente accelerata, non avrebbero bisogno di ulteriore accelerazione (ovvero: non avrebbero bisogno di farine bianche).
Il Professor Veronesi ha spiegato che, più dei tubi di scappamento, sono cancerogene le aflotossine e le micotossine (muffe naturali) nascoste nella polenta e nel latte. Uno pensa: “Ok, mangerò latte in polvere (che, oltretutto, contiene gli alginati che si combinano con la radioattività, in circolo nell’organismo, e la scaricano) e cercherò un produttore di farina gialla casereccia, comprerò la farina appena prodotta e la congelerò. Dicono anche che la carne (specialmente rossa) sia cancerogena: ne mangerò poca e, magari, solo bianca”. Il cittadino, in qualche modo, cerca delle certezze e si difende come può dalle sabbie mobili, che sembrano volerlo inghiottire, ma la semplice verità dischiusa dal professor Giacosa lascia interdetti e sovverte tutte le certezze.
Il pane, la pasta, tutti i farinacei vari, dolci e merendine di ogni tipo inclusi (di cui adulti e bambini si nutrono), non sono altro, oggigiorno, che farine bianche… I bambini contemporanei si nutrono, praticamente, di sole farine bianche, sono essi stessi una farina bianca (che ha un intero universo di pubblicità-atmosfere-musiche-colori-feste fatti di ‘merendine’ semplici, ripiene, rivestite, arrotolate, a strati, eccetera, eccetera, eccetera). I bambini…, proprio coloro che hanno già tutte le linee cellulari dell’organismo come piloti di formula uno (on a border line), vengono bombardati con pubblicità mirate, perché consumino più farine bianche possibili ed accelerino, inconsapevolmente, la velocità delle loro giovani cellule fino a farle impazzire da qualche parte (in genere a livello osseo). Vengono, praticamente, presi per mano (da tutta la società, apparentemente per/con/verso l’infanzia organizzata) e condotti verso l’insorgenza della più terribile delle malattie. I genitori, coloro che per i bambini darebbero la vita, coloro che sulla terra sono «l’arco attraverso cui Dio stesso lancia le sue frecce (figli) lontano» (come dice il poeta libanese Khalil Gibran), vengono ingannati e indotti a comprare ai loro figli cibo foriero di cancro. Tutto l’amore con cui le madri e i padri nutrono i propri bambini si rivolta contro questo sistema e ‘grida vendetta al cielo’ (ben venga l’espressione usurata e trita, che rende bene l’idea di ciò che accade): “Perché, perché, perché” griderebbero i genitori delle migliaia di bambini che si avvicendano nel reparto pediatrico dell’Istituto Dei Tumori, “nessuno ci ha detto queste cose?”
Io mi domando perché non si dia spazio agli oncologi (togliendone, magari, una milionesima parte ai reality omologanti e dopanti), che queste cose le esperimentano, e non si permetta loro di informare la gente; mi domando che cosa cambierebbe per i produttori, se si creasse un’inversione di tendenza, con una catena alimentare a base di farine meno raffinate e più salutari. Il mondo deve morire, perché l’avidità di potere lo divora sin dai tempi più remoti (forse fin dal big bang), ma l’uomo potrebbe almeno usare il buonsenso là dove il guadagno può essere garantito insieme alla vita… (?) Ogni adulto è stato bambino. Ogni adulto sa, perciò, che i sapori dell’infanzia sono quelli che restano incisi nell’inconscio (se non nel DNA). Ciò vuol dire che, se le mamme nutrissero i bambini con pappine integrali (o semintegrali) e poi con minestrine e con vere e proprie pietanze integrali, i bambini crescerebbero amando il gusto del cibo integrale; se ciò può salvare loro la vita, che cosa ne vieta la realizzazione? ‘Il sistema’? Perché, dunque, non può il sistema andare incontro alla vita almeno dove non ci sono tentacoli di oro nero, bianco o giallo? Le stesse aziende produttrici di cereali farine paste dolci ecc. non dovrebbero cambiare nulla nella catena di produzione, credo, e potrebbero produrre esattamente tutto ciò che producevano prima, anche senza raffinare troppo le farine (o no?!?).
La richiesta non c’è, questo è il dilemma…, ma la richiesta non potrà mai esserci, se la gente non dispone dell’informazione di base. Il mare è fatto di gocce… Le cose piccole, messe insieme, possono diventare grandi. Di bocca in bocca, di mente in mente, le informazioni viaggiano e…, chissà: come la piccola palla di neve diventa valanga, la piccola notizia può farsi rumorosa…
Voglio sperare che salvarsi sia possibile per questa nostra società globalizzata. La bambina che è in me vuole sperare che nell’uomo sia ancora viva la scintilla di infinito che lo ha generato e che sulla terra voglia lasciare un po’ di polvere di stelle (e non soltanto misfatti e veleni)…
Bruna Spagnuolo