Se avete voglia di farvi una bella full immersion nella tematica della responsabilità civile, dell’impegno a vari livelli nelle cose del mondo, questo è il film che fa per voi.
Redford, col suo fare cinema indipendente, può giocare questa carta, coinvolgendo quanti guarderanno il suo film o se ne troveranno a parlare in un’approfondita riflessione su questi argomenti scomodi, quanto imprescindibili.
La trama è presto detta: un’ora di una giornata qualsiasi, in cui però (come sempre accade) non succedono per tutti cose qualsiasi: un senatore (Tom Cruise), maggior artefice di una politica militare interventista in Afghanistan, convoca un’autorevole giornalista (Meryl Streep) per comunicarle lo scoop della nuova campagna di guerra (o si tratta solo di propaganda?); un professore (Robert Redford) ha un colloquio con uno dei suoi migliori allievi – che si sta disinteressando sempre più agli studi – intenzionato a capirne le ragioni; due giovani studenti, partiti volontari per la missione in Afghanistan, si trovano ad affrontarne improvvisamente le drammatiche conseguenze.
Quali sono le motivazioni dei protagonisti? Le si condivida o meno, si hanno proposte alternative? Sono, le obiezioni pacifiste, capaci di condurre a soluzione problemi sociologici giunti ad una complessità abnorme? E di chi, le responsabilità?
Il film pone di fronte allo spettatore queste e molte altre domande, con dialoghi serrati e speculazioni che vanno dal filosofico-esistenziale alla leggerezza di chi critica senza aver esperienza diretta di ciò che va criticando. Chiamato in causa è un risvolto ancora poco considerato: le responsabilità, la colpa di dostoevskijana memoria, è solo dei politici? E i mass-media, avverte il senatore, che ruolo han giocato, nella fattispecie negli U.S.A., ma – è sottointeso ovunque – nel formarsi di una convinzione collettiva? Non hanno forse appoggiato, per la maggior parte, il pensiero dei più? Sia quando questo era orientato in modo positivo all’intervento militare, sia quando le adesioni alle decisioni governative sono scese a picco?
Tutti i protagonisti si troveranno con le spalle al muro, messi di fronte alle proprie scelte e al peso ad esse collegato, ad affrontare i chiaroscuri delle loro azioni, dei loro pensieri, in una parola delle loro responsabilità. Che sono più di quel che si credano, e spesso diverse da quelle che si erano poste in gioco.
Davvero un bel film, interessante e propositivo. Ottima la recitazione; l’impressione è quella di una spontaneità che convince. I “leoni” del titolo sono i giovani che, forti dei propri ideali, hanno optato per scelte dure in cui la posta era rappresentata dalla vita stessa, spesso trovatisi poi a dover render conto a personaggi rivelatisi agnelli che agiscono irresponsabilmente dal retro delle proprie scrivanie, pronti a cambiare strategie e a considerare ogni propria mancanza come semplice “danno collaterale”. A sacrificare senza troppe perplessità quei leoni, a volte eroici. La definizione, metaforicamente estesa in tal senso, venne data da un ufficiale inglese all’esercito tedesco, durante la prima Guerra mondiale.
Annagloria Del Piano
(da 'l Gazetin, febbraio 2008)