«Unn’è cosa di spartiricci u pani ‘nzemmula», si dice in Sicilia; e tra le molte definizioni negative che possono essere date di una persona, è probabilmente la peggiore: significa che non sa, e non vuole, rispettare leggi e patti; neppure quelle leggi non scritte, ma sacre, dell’ospitalità. Dividi il tozzo di pane con qualcuno, che non ha scrupolo a tradirti. È vero che in politica è buona regola attendersi sempre di tutto e di più. Ma dalle parti del loft non credono di stare esagerando?
Ricapitoliamo: Walter Veltroni e il Partito Democratico hanno annunciato una “corsa” non appesantita dall’estrema Bertinottian-Dilibertian-Pecoraroscaniana. “Corriamo da soli” ha annunciato con orgoglio Veltroni, e immediatamente dopo il PD si è apparentato con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro: personaggio e gruppo politico che, com’è noto, nella passata legislatura ha dato infinite prove di lealtà e solidarietà, fin dal primo giorno con Sergio Di Gregorio. La proposta di un analogo apparentamento coi radicali è stata rifiutata: siete un partito, vi riconosciamo questo status, è stato detto in estrema sintesi. E dunque: candidati nelle liste del PD sì, apparentamenti no. Riconosciuto che i radicali sono un partito, li si è subito rispettati con due pesantissime ingerenze: il NO a Marco Pannella, non si capisce bene perché colpevole di essere anziano o perché carico di troppe legislature alle spalle; e NO a Sergio D’Elia, il cui passato di terrorista è stato strumentalmente agitato. Nessuno ci aveva fatto caso quando grazie a lui e a pochi altri l’Italia e il governo Prodi avevano centrato l’obiettivo della moratoria delle esecuzioni capitali votata dall’assemblea generale dell’ONU. Il percorso politico e umano di D’Elia al contrario andrebbe valorizzato: il percorso di chi – dopo gravi errori che nessuno, D’Elia per primo vuole cancellare e dimenticare – sa emendarsi e viene recuperato a se stesso e alla società. Un elementare principio di civiltà giuridica di cui il PD ha voluto privarsi, impegnato com’è nell’inseguire il centro-destra nell’invocare pugni di ferro che hanno il sapore delle grida di manzoniana memoria.
Si è poi chiesta la firma di un programma che da una parte presenta vistose lacune, dall’altra è equiparabile a uno spumarino pallido e leggero, e anche questo è stato fatto. Si è assicurato e garantito che nove sarebbero stati i candidati radicali sicuramente eletti. I nove nomi sono stati fatti, e hanno dovuto passare – sempre in nome, beninteso, della riconosciuta autonomia – il vaglio e il consenso di Veltroni e del loft.
E ora ognuno di noi ha sotto gli occhi le liste del PD. Guardatele bene, guardate dove sono stati dislocati i radicali, fate un po’ di conti. E allora ecco perché vien da dire «unn’è cosa di spartiricci u pani ‘nzemmula». Vien da dire. Non è detto, naturalmente, che lo si dica. Ma dirlo o no, a questo punto, dipende da Veltroni e dal loft.
Valter Vecellio