Quando il pubblico, alla fine dello spettacolo, resta fermo al proprio posto ad applaudire a scena aperta, vuol dire che lo spettacolo è stato a dir poco superbo, tale è la rappresentazione di Elettra, dove l’insieme colpisce lo spettatore e non gli lascia nessuna difesa contro il cuore palpitante e la mente che naviga verso altri lidi dove si concretizza una realtà violenta rappresentata essenzialmente da figure femminili diverse e mutevoli nei ruoli. Musica, voci e scena si fondono in un tutt’uno che non concede pause o distrazioni ma inchioda l’occhio alla scena, l’orecchio alla musica e al canto di personaggi che nei gesti trasportano in un mondo -ancestrale- dove si consuma il dramma che investe gli individui e distrugge il senso della famiglia; un dramma che richiama personaggi tragici quali Amleto e personaggi forti e volitivi come Antigone; uno spettacolo dove l’antico si coniuga con la modernità dei sentimenti e delle passioni di oggi; uno spettacolo che per un’ora e mezza circa e senza interruzioni, cattura lo spettatore in un’atmosfera cupa di vendetta e di morte, resa tale da una scenografia che utilizza il colore grigio in un ambiente essenziale, cupo, terreo, forse una tomba, dove il linguaggio espressivo è affidato alle luci e alle ombre, ombre stesse di sentimenti e stati d’animo, indagati a livello psicologico; uno spettacolo superbo, indimenticabile, incisivo dove prendono corpo valori antichi, violenze, figure di donne magistralmente rese nella personalità, nella tenacia degli intenti, nell’amore per la vita, nel -destino di donna-, nella perseveranza di un progetto, nella crudeltà, nel sentimento di maternità: terribile è l’odio che Elettra prova per la madre, Clitennestra, colpevole di aver ucciso suo padre, Agamennone e cacciato il figlio Oreste con l’intento di farlo uccidere.
Tema centrale della vicenda è la notizia della presunta morte di Oreste e del suo arrivo ma è Elettra che, con la sua costante presenza in scena, guida gli eventi.
Elettra, figlia di Agamennone e Clitennestra vuole vendicare la morte del padre e opera perché il fratello Oreste uccida la madre ed Egisto che ha preso il posto del padre.
Lo scontro tra Clitennestra e Elettra rappresenta il vertice della tragedia, anche sul piano musicale, attenuata dalla figura di Crisotemide, la dolce sorella di Elettra, che accetta il destino compiuto «il padre è morto e il fratello non torna più»; ella si contrappone nella modernità dei suoi desideri alla fissità nel passato di Elettra che vuole vendetta perché non può scordare; Crisotemide è il divenire «voglio vivere» e la tenerezza della melodia in mi bemolle sui versi «Voglio aver figli, voglio scaldarli col mio corpo» attenua il clima di violenza.
Colpiscono i dialoghi lirici di Elettra con Oreste e con la sorella Crisotemide: Tu con spranghe di ferro mi inchiodi al suolo. Se tu non ci fossi, ci farebbero uscire. Se non ci fossero il tuo odio, la tua mente insonne e inesorabile, per cui essi tremano, ci farebbero uscire dal carcere, sorella! Voglio uscire! Non posso dormire qui ogni notte fino alla fine! Voglio vivere prima di morire! Voglio aver figli prima che sfiorisca il mio corpo, e se anche mi danno un bifolco, per lui metto al mondo i figli e li scaldo con questo mio corpo nelle fredde notti, quando il vento investe la capanna e la squassa! Ma tu mi ascolti? Parlami, sorella! Abbi pietà di te e di me! A chi giova tanto strazio? Al padre, forse? Egli è morto e non torna il fratello.
Sempre siamo sedute sulla stanga, come due uccelli in catene, volgiamo il capo da ogni parte, ma non viene nessuno, non il fratello, non un suo messaggero, nessuno, non un messaggero di un messaggero! Il tempo scava con coltelli i segni sul tuo viso e sul mio e il sole sorge e cala e le donne che ho conosciuto snelle, son fatte incinte, alla fonte con fatica alzano i secchi, e all'improvviso si sgravano del peso, alla fonte vengono ancora, e dal loro corpo sgorga un dolce succo ed hanno al seno una vita assetata, e i bimbi crescono. No, sono una donna e voglio un destino di donna. È assai meglio morire che vivere e non vivere.
Il flusso musicale procede incontenibile dalle prime parole delle ancelle con le quali si comincia: «Dov'è Elettra? È già questa l'ora sua, l'ora in cui evoca il padre», all'ultimo grido «Oreste!» di Crisotemide con cui il lavoro termina.
La musica sottolinea momenti di cupo parossismo, di pacata dolcezza, di cupa vendetta, di profondi sentimenti; parla coi suoni e col ritmo, attraverso una perfetta combinazione orchestrale di strumenti che interpretano perfettamente vicende e stati d’animo. Strauss interpreta con la musica, ogni fase della drammatica vicenda, trasportandola in un clima irreale ma anche umano.
La musica e il canto si fondono e ci regalano creature vicine al nostro sentire; musica forte, tonante, vibrante, a tratti lenta, parossistica; un tutt’uno coi personaggi scavati interiormente e indagati a livello psicologico; Elettra, legata al passato è simbolo della vendetta, della donna inflessibile e implacabile; Crisotemide è il divenire, la donna che si sente tale e che vuole vivere le gioie della vita, bramosa di fortuna e di felicità; Clitennestra è il demone vendicativo e crudele; donne avvolte da una solitudine che le fa ancora più grandi e incisive all’occhio dello spettatore.
La musica interpreta una tensione percepibile in un’atmosfera di estasi di un’intensità crescente.
L’architettura musicale sottolinea le scene di grande tensione come il monologo di Elettra, che contiene l’intero nucleo del dramma «Sola, ahimè, tutta sola», che rievoca l’assassinio di Agamennone ed è l’antefatto che ci introduce nel tema quasi horror, con parole chiave che ne indicano il fatto -sangue, scure-; un parossismo dilatante in un clima allucinante reso tale da un’orchestra ampia con effetti forti e violenti.
L’orchestra costituisce l’enorme apparato che è a fondamento dell’azione, che ne delinea lo sfondo e riunisce psicologicamente gli avvenimenti fra di loro.
Non è il tema proposto a prevalere ma le passioni dell’animo e le possibilità espressive della musica raggiungono una straordinaria intensità.
Il sipario si chiude ma non finisce l’applauso del pubblico né lo stupore di chi non riesce a staccare gli occhi dallo scenario.
Strauss compose l’opera in meno di due anni, il 22 settembre 1908, la partitura di Elektra era compiuta..
La struttura è un atto unico, senza suddivisione in scene.
dal 24/02/2008 20:30 al 05/03/2008 23:00
Il 24, 26 e 29 Febbraio e il 2 e 5 Marzo 2008 il Teatro Comunale di Firenze presenta la tragedia in un atto di Hugo von Hofmannsthal: Elektra
in un nuovo allestimento in coproduzione con Tokyo Opera Nomori
musiche di Richard Strauss
direttore Seiji Ozawa
regia Robert Carsen
personaggi e interpreti:
Klytämnestra: Agnes Baltsa
Elektra: Susan Bullock
Chrysothemis: Christine Goerke
Ägisth: Stanford Olsen
Orest: Matthias Goerne
scene : Michael Levine
costumi: Vazul Matusz
Elettra (Elektra) è un'opera in un atto di Richard Strauss su libretto di Hugo von Hofmannsthal tratto dalla tragedia omonima di Sofocle.
Fu rappresentata in prima assoluta al Königliches Opernhaus di Dresda il 25 gennaio 1909, diretta da Ernst von Schuch, raccogliendo scarso successo. La fortuna dell'opera iniziò l'anno seguente, quando fu eseguita al Covent Garden di Londra, diretta da Thomas Beecham (10 febbraio 1910).
Insieme a Salomè rientra nel primo periodo del teatro musicale di Strauss, caratterizzato in chiave espressionista.
Per informazioni:
Teatro Comunale - Corso Italia, 16 Firenze
Tel.: 899 666805 - 055 2779350
Web: www.maggiofiorentino.com
Note aggiuntive:
La tragedia nasce ad Atene alla fine del VI sec. a. C. La sua origine è molto discussa. Aristotele scrive: “Trae la sua origine dall’improvvisazione, non solo la tragedia, ma anche la commedia: la prima dai corifei che intonavano il ditirambo, la seconda da chi guidava le processioni falliche, rimaste in uso ancora oggi in varie città) (Poetica, 1449°, 10).
Aristotele nella Poetica scrive che la tragedia aveva per lo spettatore un’azione di catarsi.
La tragedia - classica- di Eschilo, Sofocle e Euripide, nasce quando la -pòlis- democratica si confronta col proprio passato legato a figure mitiche di eroi, ponendo in rapporto due mondi organizzati in modo diverso sia sotto il profilo sociale che ideologico. L’eroe tragico si mette in discussione e propone alla platea valori e modelli di comportamento, realizzando la funzione educativa del teatro, di cui era ben consapevole il tragediografo nel momento in cui sceglieva l’episodio da rappresentare, attualizzandolo nella contemporaneità, aggiungendo la propria creatività e inventiva. La valenza educativa del teatro era molto sentita nell’antica Grecia se da Pericle in poi si prelevava denaro dalle casse dello Stato per pagare l’ingresso a teatro dei cittadini meno abbienti. La tragedia greca, nelle forme dello spettacolo insegnava e insegna valori che nel tempo si sono persi; il teatro: un ambiente magico in cui vive la vita con le sue realtà e le sue contraddizioni.
Elettra, figlia di Agamennone e di Clitennestra, incitò il fratello Oreste ad uccidere la madre ed Egisto, per vendicare la morte del padre, da loro provocata. Eroina delle tragedie di Eschilo (Coefore), Sofocle (Elettra), Euripide (Elettra).
Sofocle, (497-406 a. C., uno dei maggiori tragici greci. Restano 7 tragedie: Aiace, Antigone, Edipo re, Elettra, Trachinie, Filottete, Edipo a Colono.
Richard Strauss (1864-1949), compositore tedesco. Oltre che nel campo sinfonico, si distinse nel campo teatrale. Opere principali per il teatro: Salomè, Elettra, Il cavaliere della rosa, Arianna a Nasso.
Hugo von Hofmannsthal (1874-1929), poeta e drammaturgo austriaco.
Anna Lanzetta