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Alessandra Borsetti Venier: Magis poesie opere e racconti dedicati a Maestre e Maestri
Morgana Edizioni, Firenze. Euro 15,00
Morgana Edizioni, Firenze. Euro 15,00 
02 Marzo 2008
 

Anche per questa raccolta, Magis, la terza edita da Morgana Edizioni nella collana Gocce di Griseldascrittura dopo Mater (2005) e Pater (2007), sono stati invitati 40 autori a esplorare, ricordare e raccontare in forme narrative diverse la figura del/la maestro/a nelle sue poliedriche manifestazioni. Il libro riunisce poesie e racconti inediti, tutti di autori viventi, in lingua e in dialetto.

Sono stati invitati anche 13 artisti, diversi sia per generazione che per linguaggi estetici e tecniche artistiche, a realizzare un’opera appositamente dedicata al tema, com’è la caratteristica di questa collana.

Il risultato è un canzoniere ben calibrato tra parole e immagini che sarà distribuito, oltre che in libreria, anche - e gratuitamente - in varie biblioteche scolastiche della Regione Toscana.

Le opere originali formano una mostra che sarà allestita nelle varie occasioni della presentazione del libro, curato per la parte dei testi da Aglaia Viviani e per gli artisti dalla sottoscritta.

La prima occasione sarà il prossimo 8 marzo a Firenze nella Sala del Gonfalone presso la sede del Consiglio regionale in Via Cavour 4, alle ore 10:00.

 

 

Autori

Acidini Cristina ▪ Bartolucci Vittoria ▪ Basagoitia Gladys ▪ Bettarini Mariella ▪ Broi Gianni ▪ Brollo Boris ▪ Bruschi Brunella ▪ Bucchi Massimo ▪ Carasso Jean-MichelCárdenas Ruth ▪ Cascone Gianni ▪ Chiti Lucchesi Eleonora  ▪ Crispino Anna Maria ▪ Di Cori Paola ▪ Farabbi Anna Maria ▪ Filippi Simonetta ▪ Fontana Antonia Ida ▪ Gianfelici Gabriella ▪ Lami Lucio ▪ Landi Sandra ▪ Lanzetta Anna ▪ Lenti Maria ▪ Loi Franco ▪ Lucarini Paola ▪ Maleti Gabriella ▪ Manca Diego ▪ Melandri Lea ▪ Moschini Maria Pia ▪ Occupati Giuliana ▪ Pampaloni Daniela ▪ Panella Giuseppe ▪ Pistolesi Alice ▪ Pozzi Lucio ▪ Sangiovanni Emma ▪ Sanguineti Carla ▪ Segato Giorgio ▪ Ugolini Liliana ▪ Vezzosi Alessandro ▪ Vezzosi Valeria ▪ Zuccaro Sergio

 

Artisti

Biondi Riccardo ▪ Bucchi Massimo ▪ Corsi Fiorella ▪ Franceschi Kiki ▪ Gallois Caroline ▪ Ghelli Giuliano ▪ Grigò Paolo ▪ Mori Massimo ▪ Pezzatini Lorenzo ▪ Poggiali Berlinghieri Giampiero ▪ Staino Sergio ▪ Verdi Margherita ▪ Viliani Laura

 

 

Ecco qui di seguito alcuni estratti dal libro Magis dedicati ai lettori di Tellusfolio.

 

(…) Era l’Italia degli anni Sessanta, non ancora unificata dalla televisione, dove il benessere avanzava a gran passi ma si lasciava indietro strascichi di povertà; e il Veneto non era ancora il Nord Est. A scuola, unica non padovana, ero nota solo col soprannome: “La fiorentina”, come la bistecca. Una volta che fui spedita a far da messaggera in una classe di maschi, al mio apparire si scatenò una gazzarra che il maestro fece fatica a sedare. Questa era la mia scuola nella Padova d’allora.

E la mia maestra… la ricordo poco, mentre ricordo bene la maestra di Firenze, anziana e signorile, che scopriva i nostri sotterfugi e le nostre manovre tra i banchi senza neanche voltarsi. La mia maestra padovana era alta, grossa, anziana, affaticata. Forse aveva una famiglia pesante o poca salute; certo noi bambine non le si rendeva la vita facile. Trenta alunne (figlie del baby boom) nei banchini di una classe angusta con l’alto zoccolo pitturato a olio grigiazzurro, la lavagna con i gessetti smozzicati, le carte geografiche logore. Diverse che più non si poteva: linde le figlie dei professionisti, abituate a merende sedute a base di pasticcini; trasandate e spaurite le figlie degli operai, che leggendo ad alta voce andavano in crisi con gli accenti (…)

da Cristina Acidini, “Maestra padovana”

 

Magistra in virtù di quel magis
più palpitante e gitana del verso
che porgeva le sue palingenesi
ministra in virtù di quel minus
meno annuvolata e querula
trovando anima anche alla consecutio temporum
perché le vostre menti pulsavano vicino al cuore
di un nihil humanum a me alienum puto
drammaturgia prossima alla scansione viva
del grottesco e del sublime
pienezza nello scavo della voce
occhi respiro radice
nella parodo anapestica delle curiosità.
Nell’investigazione magistra scorporando
dall’oggetto prezioso la patina del vieto
l’omogeneità che non fa distinguere
l’indifferenza che deturpa il germoglio.

da Brunella Bruschi, “Magistra”

 

François faceva Masumba di cognome. Apparteneva all’etnia Tschokwè, una grande etnia del sud del Katanga. Era alto, slanciato, forte e nerissimo, con due occhioni che faceva roteare per spaventarci quando eravamo cattivi mio fratello e io.

François aveva imparato a cucinare all’europea da mia madre e dalle mie zie, e mia nonna paterna aveva completato la sua educazione culinaria con ricette ebraiche dell’Impero Ottomano, cioè manicaretti sofisticati greci e turchi.

François sapeva quindi cucinare la zuppa di cipolle parigina, la quiche lorraine autentica, il coq-au-vin come in Borgogna, la bouillabaisse meglio che a Marsiglia, i borekas sefarditi, gli stufati con bamias come a Istambul, e tantissime altre cose che non appartenevano alla sua cultura, e che non assaggiava mai (…)

da Jean-Michel Carasso, “Il maestro del gusto”

 

(…) E da allora, come prima del sogno, questi “maestri della vita” sono ovunque con noi, innalzati sulle loro cattedre di Humus, con le chiome infogliate di vocaboli profumati, di succosi silenzi, di inediti spartiti e uccelli glottologi. Così, questi magnifici guardiani della memoria, mitici per evocazioni e umanisti per naturale vocazione, vivono, crescono e respirano accanto a noi, pronti a impartirci gratuitamente lezioni di verticalità, disponibili a insegnarci lungo le stagioni della vita il difficile magistero di esserci dopo l’inverno, come le foglie, fogli di un invisibile codice dove è scritto il ritorno. In nessun luogo come negli alberi è così leggibile l’infinito (…)

da Ruth Càrdenas Vettori, “Gli alberi”

 

(…) Ricordo lo spaesamento profondo di me, ragazzino, in un gruppo di cinque-sei persone che lavoravano intorno alle Baccanti da mesi, seguendo gli input dei dottissimi Sanguineti e Ronconi, per giunta secondo percorsi resi ermetici da un codice comunicativo cui ero estraneo, impreparato, e da un forte tasso di competitività. Marisa Fabbri però sapeva coinvolgere tutti, anche uno studentello come me, e sapeva fare doni straordinari. Per esempio farmi assistere alle prove che erano a uno stadio avanzato, ma cruciale. Di Ronconi ricordo questo suo parlare smozzicato, quasi balbettante, e le indicazioni appena accennate, a quel punto ammiccate. Marisa, invece, dialogava con lui e con se stessa a voce alta, si narrava nella fatica di sdoppiarsi in due-tre-mille voci come le veniva richiesto per essere il corpo che mette in scena l’autodistruzione delle baccanti, il corpo rituale-sacrificale della possessione dionisiaca che disintegra la razionalità del re Pènteo. E lì a noi (io dico a me) lei donava lezioni di un teatro allora fra i più avanzati e ricercati (ancora oggi?).

Sotto i miei occhi, sotto i miei orecchi, da voce individuale la vidi trasformarsi in voce corale, da voce apollinea in voce dionisiaca, da voce attante in voce degli spettatori, ‘semplicemente’ attraverso chiarezza d’intenzione e grazie alla duttilità del suo raffinato strumento vocale. Avevo 18 anni, non avevo mai fatto teatro e Marisa mi stava insegnando che la voce e il corpo di un attore possono tutto, possono essere un Teatro Infinito. Per questo privilegio che mi diede le sarò grato per sempre (…)

da Gianni Cascone, “Socrate e Dioniso”                                 

 

Dai monaci amanuensi e dai calligrafi cinesi

ho rotto la scuola. E l’uovo.

Attraversando le mani di una maestra elementale*

che mi ha creata strega accolgo

il passaggio e la dimora.

Fin qui esposta pubblica

e contemporaneamente profonda in me stessa.

Premo in te l’orografia della mia impronta digitale

la mia identità senza inchiostro l’andatura del sangue.

Rumino senza ali piena di gobba.

Al buio la mia mano fosfora:

spacca con un colpo la melograna

schizza i semi dentro la carta ovunque sia.

Ho imparato a firmare sull’acqua

a segnare con il fiato.

A raccogliermi in posizione fetale dentro la o

per rinascermi erba o atomica.

E dire dire nell’orecchio della magnifica bestia cieca sorda

e sentirla ridere ridere

ridere con un suono intimo denso ossidrico

dall’abisso del suo corpo al mio

la sua risposta a tutta la scrittura.

da Anna Maria Farabbi, “Dopo aver letto la luce”

 

 

Magis, Morgana Edizioni, 144 pagine, Euro 15

 

 

* Elementale da elementi.


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