Cosa significa essere “per la vita”?
Abbiamo di gran lunga ecceduto nel caricare questo pianeta di sostanze tossiche, nello sventrarlo per consumarne le risorse, e pare non ci sia nessuna idea utile su come venire incontro ai bisogni primari (cibo, acqua) di gran parte dei 6 miliardi e mezzo di persone che abitano la Terra. Ce n'è qualcuna su come faremo nel 2050, quando saremo 9 miliardi e 100 milioni?
Dieci milioni di bimbi ogni anno, ogni anno, muoiono per fame e per scarsità di acqua pulita, di medicinali, di cure; muoiono delle vessazioni e delle violenze dirette contro le loro madri, dello scarso accesso delle loro madri ai contraccettivi, degli impedimenti che le loro madri incontrano nell'ottenere diritti economici di base. Cinque milioni di persone sono morte di guerra in Congo negli anni '90, e noi non ce ne siamo quasi accorti. Qualcuno vuol proporre una moratoria sulla violenza di genere, o sulla guerra? Potrei firmare l'appello.
Cos'è “la vita”, cos'è “naturale”?
Tra il 20 e il 50% delle gravidanze termina con un aborto naturale, per le più svariate cause. Che si tratti dell'utero di una donna o del grembo del pianeta, la concezione è solo un inizio. Molto del resto dipende dall'ambiente, dalle risorse disponibili, da quali stress la madre potenziale soffre, da quanti altri figli ha e da quanti altri figli vuole e può sostenere e crescere. L'universo non garantisce che l'inizio sarà portato a compimento, per nulla che sia vivo. A una donna che non ha riserve di grasso corporeo, che ha appena il necessario per sopravvivere a livello alimentare, e che sta allattando un bambino, le mestruazioni usualmente scompaiono per il periodo dell'allattamento. La “natura” sa che un altro bambino ucciderebbe sicuramente la madre, e quindi anche il bimbo già nato. Lunghi intervalli fra una gravidanza e la successiva sono sempre stati, storicamente, la chiave per il controllo della popolazione e per il suo benessere: i gruppi dei nostri antenati (raccoglitori e poi raccoglitori/cacciatori) non crescevano più di quanto potessero permettersi.
Con l'avvento del patriarcato le cose cambiarono un poco. Uno dei codici di leggi assiro-babilonese è il primo a prevedere l'uccisione della donna che si procurasse un aborto. Era un codice “per la vita”? Lo stesso canone legislativo stabiliva il diritto per il maschio di uccidere i propri figli infanti, e di vendere essi e le mogli in schiavitù. Va precisato, magari, che ad essere eliminate erano in maggioranza le femminucce, perché i bimbi servivano, serviva crescere tanti soldati: sarebbero morti successivamente in guerra, niente di che...
Cos'è “per la vita”, simbolicamente parlando, il peccato o il sacramento?
Sapete niente del “Mikuzo Jizo”? È un rito religioso giapponese. Mikuzo significa “figlio dell'acqua”, e si riferisce allo spirito di un potenziale bambino, reso agli dei; Jizo è il nome del dio che protegge e guida tale spirito nel suo viaggio. La donna giapponese credente che, qualsiasi ne sia la ragione, ha deciso di interrompere una gravidanza, porta una bambola al tempio di Jizo, ed essa sarà curata dai sacerdoti. La decisione della donna è vista come il rendere agli dei lo spirito di quello che sarebbe potuto svilupparsi sino a divenire suo figlio: temporaneamente, perché al momento non c'è possibilità di dare affetto e attenzione e cure ad un altro membro della famiglia, senza andare a detrimento della salute della madre o della famiglia stessa. Gli dei custodiranno quello spirito e potranno rimandarlo ad incarnarsi quando i tempi saranno migliori, nella stessa famiglia, o in un'altra.
Io ho fiducia nelle donne. La libertà femminile è l'unica risposta a tutti i quesiti, perché la storia ha ampiamente dimostrato che quando le donne sono libere di scegliere non cresceranno più bambini di quelli di cui possono prendersi cura, e ciò significa che non metteranno al mondo più figli di quelli le cui vite il pianeta Terra può sostenere. Per assicurarla, questa libertà, abbiamo bisogno di misure a sostegno della salute riproduttiva, di contraccezione accessibile e, non guasterebbe, di un briciolo di rispetto.
Maria G. Di Rienzo
(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, n. 365, riproposto nell'edizione di oggi)