LA PIENA PARITÀ NEI PROGRAMMI ELETTORALI
Soltanto una scuola libera
sarà anche pertinente
GIACOMO SAMEK LODOVICI
Il tema della vita è entrato nella campagna elettorale: è troppo sperare che qualche partito si prodighi davvero per un altro valore non negoziabile come la libertà di educazione?
L’importante intervento del cardinale Scola all’Università Cattolica di Brescia, dove ha appunto auspicato l’esistenza di una pluralità di scuole e la realizzazione di una piena parità scolastica, potrebbe essere accusato di voler promuovere gli interessi di parte dei cattolici.
Ma l’esistenza di scuole non statali garantisce un principio morale fondamentale e irrinunciabile, che non è certo di parte: la libertà dei genitori di scegliere per i figli una scuola conforme alle proprie convinzioni. Infatti, la scuola dovrebbe proseguire il diritto naturale dei genitori di educare i figli, ed essere un complemento educativo della famiglia, mai un sostituto.
Ciò esige che lo Stato renda possibile una reale ed effettiva libertà di scelta, realizzando una vera parità scolastica e consentendo ai genitori di iscrivere i figli negli istituti più confacenti alle loro convinzioni. Lo Stato deve cioè garantire la possibilità che i genitori di sinistra possano mandare i figli in scuole di sinistra, quelli liberali in scuole liberali, quelli cattolici in scuole di ispirazione cattolica, ecc. Insomma, la posta in gioco non è la tutela degli interessi dei cattolici, bensì la salvaguardia della libertà delle famiglie di educare i figli secondo i propri valori e principi, quali che siano, purché non siano principi criminali.
Si dice che la scuola non statale è parziale, mentre la scuola dovrebbe essere indifferente-neutrale, presentando tutti i modelli di vita, in modo che lo studente scelga quello che più lo convince.
Ma, per poter scegliere, bisogna avere senso critico, ed è raro che un adolescente sia capace di discernere autonomamente, senza farsi condizionare. Non è dunque meglio che venga indirizzato dai genitori?
All’università, poi, sceglierà da solo.
Inoltre, una scuola indifferente-neutrale non è realizzabile, perché già solo per passare da un argomento al suo racconto è necessaria una presa di posizione circa i suoi aspetti più rilevanti: è necessaria una sintesi, e questa comporta una selezione, che è sempre frutto di scelte derivanti da criteri di pertinenza e di rilevanza.
Comunque, un sistema scolastico che riesce ad avvicinarsi ad essere indifferente-neutrale e non propone e non valorizza nessuna cultura e nessun modello di vita, in realtà fa una precisa scelta culturale: quella del relativismo, in cui tutte le opzioni sono sullo stesso piano, e facilmente ingenera nello studente una visione relativista.
Ciò non vuol dire che una scuola debba essere faziosa né autorizzare un docente a inculcare le proprie convinzioni agli studenti occultandone le debolezze, o censurando o indebolendo le tesi avverse. La scuola deve sviluppare il senso critico e l’autonomia di giudizio degli studenti, abilitandoli a valutare criticamente ciò che insegna loro.
Tuttavia, poiché la trasmissione culturale dovrebbe essere trasmissione della verità, la scuola dovrebbe trasmettere principalmente (non esclusivamente) la verità, cioè quelle tesi e quei valori che essa ed i genitori che l’hanno scelta considerano vere; il che non significa, bisogna ribadirlo, omettere le opposizioni e le obiezione significative a queste tesi.
Sarebbe veramente ora, come ha auspicato il cardinale Scola, che lo Stato realizzasse una vera parità di condizioni giuridiche ed economiche.
(Avvenire, 23/02/2008)