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Libertà di scuola e libertà di insegnamento? Tra il dire e il fare... 
A proposito di un editoriale dell'Avvenire
24 Febbraio 2008
 

Il quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, oggi pubblica un editoriale, a firma di Giacomo Samek Lodovici, che, col titolo “Soltanto una scuola libera sarà anche pertinente”, sostiene che «Lo Stato deve garantire che i genitori di sinistra possano mandare i figli in scuole di sinistra, quelli liberali in scuole liberali, quelli cattolici in scuole di ispirazione cattolica. ... La posta in gioco non è la tutela degli interessi dei cattolici bensì la salvaguardia delle libertà delle famiglie di educare i figli secondo i propri valori o principi».

La cosa non ci stupisce più di tanto perché non è una presa di posizione nuova in quell'ambito di pensiero che fa riferimento al quotidiano dei vescovi, ma è opportuno che abbia risalto quando i partiti in gioco si apprestano a chiedere il consenso agli italiani per il rinnovo delle Camere dei legislatori. Forse, perché qualcuno ne potrebbe anche parlare e abbozzare delle proposte per superare l'attuale sintomatica situazione che vede di fatto solo una scuola privata oltre quella pubblica, quella cattolica-vaticana. È questo che vuole l'editoriale del quotidiano l'Avvenire? Vuole che lo Stato promuova qualunque tipo di scuola privata, ovviamente conservando quella pubblica, al pari di come oggi avviene solo per quella cattolica-vaticana? Vuole, per esempio, che le famiglie abbiano un bonus di base da impiegare per decidere se mandare i loro figli a questa o a quella scuola? Vuole, inoltre, che ciò possa accadere anche oltre la scuola dell'obbligo, nelle università? Noi siamo disponibili a farci promotori di questa battaglia di libertà di scuola e di insegnamento, ma solo a partire dall'azzeramento degli attuali privilegi che consentono la solitaria presenza della scuola privata cattolico-vaticana, mettendo tutti sul medesimo livello.

 

Vincenzo Donvito, presidente Aduc

 

 

LA PIENA PARITÀ NEI PROGRAMMI ELETTORALI
Soltanto una scuola libera
sarà anche pertinente

GIACOMO SAMEK LODOVICI

 

Il tema della vita è entrato nella campagna elettorale: è troppo sperare che qualche partito si prodighi davvero per un altro valore non negoziabile come la libertà di educazione?

L’importante intervento del cardinale Scola all’Università Cattolica di Brescia, dove ha appunto auspicato l’esistenza di una pluralità di scuole e la realizzazione di una piena parità scolastica, potrebbe essere accusato di voler promuovere gli interessi di parte dei cattolici.

Ma l’esistenza di scuole non statali garantisce un principio morale fondamentale e irrinunciabile, che non è certo di parte: la libertà dei genitori di scegliere per i figli una scuola conforme alle proprie convinzioni. Infatti, la scuola dovrebbe proseguire il diritto naturale dei genitori di educare i figli, ed essere un complemento educativo della famiglia, mai un sostituto.

Ciò esige che lo Stato renda possibile una reale ed effettiva libertà di scelta, realizzando una vera parità scolastica e consentendo ai genitori di iscrivere i figli negli istituti più confacenti alle loro convinzioni. Lo Stato deve cioè garantire la possibilità che i genitori di sinistra possano mandare i figli in scuole di sinistra, quelli liberali in scuole liberali, quelli cattolici in scuole di ispirazione cattolica, ecc. Insomma, la posta in gioco non è la tutela degli interessi dei cattolici, bensì la salvaguardia della libertà delle famiglie di educare i figli secondo i propri valori e principi, quali che siano, purché non siano principi criminali.

Si dice che la scuola non statale è parziale, mentre la scuola dovrebbe essere indifferente-neutrale, presentando tutti i modelli di vita, in modo che lo studente scelga quello che più lo convince.

Ma, per poter scegliere, bisogna avere senso critico, ed è raro che un adolescente sia capace di discernere autonomamente, senza farsi condizionare. Non è dunque meglio che venga indirizzato dai genitori?

All’università, poi, sceglierà da solo.

Inoltre, una scuola indifferente-neutrale non è realizzabile, perché già solo per passare da un argomento al suo racconto è necessaria una presa di posizione circa i suoi aspetti più rilevanti: è necessaria una sintesi, e questa comporta una selezione, che è sempre frutto di scelte derivanti da criteri di pertinenza e di rilevanza.

Comunque, un sistema scolastico che riesce ad avvicinarsi ad essere indifferente-neutrale e non propone e non valorizza nessuna cultura e nessun modello di vita, in realtà fa una precisa scelta culturale: quella del relativismo, in cui tutte le opzioni sono sullo stesso piano, e facilmente ingenera nello studente una visione relativista.

Ciò non vuol dire che una scuola debba essere faziosa né autorizzare un docente a inculcare le proprie convinzioni agli studenti occultandone le debolezze, o censurando o indebolendo le tesi avverse. La scuola deve sviluppare il senso critico e l’autonomia di giudizio degli studenti, abilitandoli a valutare criticamente ciò che insegna loro.

Tuttavia, poiché la trasmissione culturale dovrebbe essere trasmissione della verità, la scuola dovrebbe trasmettere principalmente (non esclusivamente) la verità, cioè quelle tesi e quei valori che essa ed i genitori che l’hanno scelta considerano vere; il che non significa, bisogna ribadirlo, omettere le opposizioni e le obiezione significative a queste tesi.

Sarebbe veramente ora, come ha auspicato il cardinale Scola, che lo Stato realizzasse una vera parità di condizioni giuridiche ed economiche.

 

(Avvenire, 23/02/2008)


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